Dopo aver partecipato all’ultimo Festival di Sanremo 2025 (dove si è classificata al 26esimo posto) con “Chiamo io chiami tu”, Gaia pubblica il nuovo album “Rosa dei venti” il 21 marzo che contiene 13 brani con collaborazioni del calibro di Capo Plaza, Guè, Lorenzza e Toquinho con cui ha duettato durante la serata delle cover in “La voglia, la pazzia”. Il 7 maggio il concerto al Fabrique di Milano.
Cosa rappresenta per te la rosa dei venti?
La rosa dei venti è un simbolo che ho ritrovato varie volte nella sincronicità dell’ultimo periodo, quindi è come se questo titolo fosse arrivato a me, come se il vento me l ‘avesse portato.
Dove ti sta portando il vento oggi?
Credo che la direzione in questo momento mi porti sicuramente dal pubblico, a portare questo disco in giro, a far sì che abbia vita propria e pian piano che cammini anche con le sue gambe.
Perché nell’intro del disco hai voluto inserire le parole della nonna, delle tue sorelle e di papà?
Perché sono segnali di protezione quelli che mi hanno mandato e che abbiamo deciso di aggiungere nell’intro. Ogni parola che è stata detta da nonna, da sorelle, da mio papà perché vogliono accompagnare l’ascoltatore e anche me in questo viaggio e a chiuderlo, per poi in realtà lasciare una piccola parentesi aperta per il futuro con la voce di mia mamma in chiusura. Quindi questo disco è avvolto da tutti i miei angeli, dalle persone che mi proteggono.
A proposito del tuo brano “Addicted” quali sono le dipendenze di cui la nostra società soffre di più?
Credo che abbiamo una dipendenza (“addicted”) a tutto, siamo iper stimolati, va tutto veloce, è tutto a un ritmo differente da nostro bioritmo naturale. Di conseguenza credo che tu puoi essere addicted alla dopamina, puoi essere addicted allo scrolling del cellulare, alle persone, le relazioni, al cibo e anche a qualcosa di illegale. È l’atteggiamento che è malsano e lo troviamo in varie sfaccettature.
“Cicatrice” è il brano più intimo. Qual è la cicatrice di cui sei più fiera e quella che invece ancora oggi ti provoca dolore o malinconia?
Non credo di avere una cicatrice di cui sia più fiera. Io credo che ogni lezione e anche ogni dolore sia fondamentale come anche le gioie. Sto cercando sempre di più di essere più equilibrata anche nel mio approccio al dolore e credo che anche cicatrice sia una cicatrice. È il brano di cui sono fiera perché ho cercato di capirmi un po’ meglio con una canzone, non penso di averlo mai fatto con il pubblico.
E poi un bilancio dell’ultimo Festival: “Sanremo è stata una vetrina enorme. Dopo l’estate dalla quale arrivavo, con ‘Sesso e Samba’, ‘Chiamo io chiami tu’ era un brano che poteva aiutarmi a portare un certo tipo di performance sul palco e una mia identità artistica. È stato un Festival in cui il mio brano era più da Sanremo di Amadeus che da Conti, che è stato molto più un Festival della canzone cantautorale, ma il contesto ha fatto notare il brano sia in positivo che in negativo, per cui non rinnego mai le mie scelte perché avevo forti aspettative. Il brano sta piacendo e sono contenta”.