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Ultimo aggiornamento: 13:13 del 20 Marzo

Askatasuna, il centro sociale a processo: “Associazione a delinquere? Qui lottiamo contro ingiustizie sociali”

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Askatasuna è attivo dal 1996 a Torino. Oggi, 26 militanti sono imputati nel processo “Sovrano”
Askatasuna, il centro sociale di Torino a processo. L'ex pm Pepino: "Si cerca di costruire il conflitto sociale come reato"
di Simone Bauducco
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“Associazione a delinquere? No, a resistere. Resistiamo in questa città e in Valsusa da decenni contro il Tav ma anche contro le ingiustizie sociali e ambientali”. Lo dicono i militanti del centro sociale Askastasuna che dal 1996 è attivo a Torino. Oggi, ventisei di loro sono imputati nel processo “Sovrano” che si sta svolgendo a Torino. Rischiano fino a 88 anni di carcere in totale per 72 capi di imputazione. Il più importante è quello di “associazione a delinquere” rivolto a sedici di loro. “Non si tratta di alcuni reati che da sempre vengono commessi nel conflitto sociale, ma qui si cerca di costruire il conflitto sociale come reato – riflette l’ex magistrato Livio Pepino – quando si prevede il reato di associazione a delinquere per chi agisce il conflitto sociale vuol dire che si ritiene il conflitto sociale un reato in quanto tale. Non il fatto che venga commessa una singola resistenza. Qui c’è un salto di qualità”. La sentenza è prevista per il 31 marzo. In attesa del verdetto, il centro sociale ha chiamato a raccolta centinaia di persone per un’assemblea pubblica “per prendere parola dopo che si è detto molto senza ascoltare la nostra voce”. Nel giardino del centro sociale, sotto la pioggia, non ci sono solo i militanti, ma anche i loro avvocati, oltre a ex magistrati come Livio Pepino, attivisti di lotte ambientali e abitanti del quartiere. Persone come Aurora che nel 2017 ha perso il lavoro e la casa. “Ho provato ad andare dalle istituzioni ma ho ricevuto solo porte in faccia – ricorda la donna – poi ho trovato due ragazze di Aska e da lì mi si è aperto un mondo che anche io avevo il diritto di avere il diritto alla casa che fino ad allora mi era stato negato”. Ma una grossa parte del procedimento riguarda la Val di Susa e la lotta contro la Tav: 66 capi di imputazione su 72. “Nella ricostruzione dell’accusa si capisce chiaramente che sotto processo è il conflitto sociale per come si è espresso in questi ultimi anni” spiega uno dei legali della difesa Claudio Novaro. Le parti civili, tra le quali diversi ministeri e la presidenza del Consiglio, hanno chiesto risarcimenti milionari per diverse ragioni, tra le quali anche “danni di immagine”. “Ma le donne e gli uomini della Valsusa hanno solo difeso la propria terra da un’opera inutile – ragiona una delle imputate Dana Lauriola – semmai se c’è qualcuno che ha creato danni d’immagine al nostro Paese, non siamo noi, ma sono i governi che si sono succeduti in questi anni”.

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