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Carne coltivata, agricoltori protestano davanti all’Efsa. Appello dei ricercatori: “Non delegittimare gli scienziati”

Il corteo a Parma davanti alla sede dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare. I manifestanti sono stati poi ricevuti dai responsabili dell'ente: "Il quadro normativo sugli alimenti è tra i più rigorosi al mondo"
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La guerra tra agricoltori e scienziati sulla carne coltivata continua. L’ultima battaglia si è svolta il 19 marzo a Parma: un corteo organizzato da Coldiretti ha sfilato dal Parco 1° maggio fino alla sede dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) chiedendo che alla carne coltivata siano applicati i protocolli di approvazione previsti per i farmaci (inclusi trial clinici e studi preclinici) e non quelli pensati per gli alimenti. “Cibo dalle campagne non dai laboratori”, “I cittadini europei non sono cavie”, “L’Europa ci serve come il pane”, sono alcuni dei cartelli mostrati. Poco dopo l’inizio della protesta un gruppo di 16 ricercatori ed esperti italiani ha diffuso una lettera in difesa dell’indipendenza della ricerca e dell’attuale quadro normativo europeo. “La manifestazione di Coldiretti è un tentativo preoccupante di delegittimare il lavoro della comunità scientifica indipendente e il quadro normativo europeo sui nuovi alimenti, tra i più rigorosi al mondo”, hanno scritto gli studiosi di carne coltivata. Attualmente l’Italia ha approvato una legge che ne vieta la produzione e la diffusione, ma la Commissione europea l’ha bocciata per vizio formale.

L’apertura dell’Efsa ai manifestanti – L’Agenzia ha ricevuto una delegazione di Coldiretti, tra cui il presidente Ettore Prandini, per ascoltare le loro richieste: “Il compito di Efsa è chiarire dubbi o incertezze riguardo agli effetti sulla salute umana, i profili nutrizionali di questi alimenti, i rischi legati al processo produttivo o alle sostanze utilizzate. Effettueremo analisi approfondite e utilizzeremo ogni livello di studio reso necessario (compresi test preclinici e clinici) per ciascun prodotto notificato”, ha scritto dopo l’incontro Alberto Spagnolli, senior policy coordinator di Efsa. I 16 promotori della lettera a Coldiretti hanno sottolineato che “il quadro regolatorio attuale non presenta criticità, e la richiesta di studi clinici e preclinici non ha alcuna base scientifica”. Oggi cibo e medicinali seguono processi di approvazione distinti perché rispondono a esigenze diverse e, secondo la comunità scientifica, l’iter attuale di validazione dei prodotti coltivati è il più efficace: “Paradossalmente – si legge nel testo – la regolamentazione alimentare è improntata a maggiore sicurezza, basti pensare che un farmaco può essere autorizzato anche in presenza di effetti collaterali noti, mentre Efsa può approvare gli alimenti solo in assenza di rischi per la salute”.

La posizione di Coldiretti e la replica dei ricercatori – Secondo Coldiretti erano 20mila gli agricoltori scesi in piazza per chiedere chiarezza sulla carne da laboratorio: “Il nostro era un corteo pacifico, a difesa soprattutto delle nuove generazioni”, dicono. All’iniziativa hanno fatto eco diverse associazioni di categoria, tra cui Confcooperative Fedagripesca, che parla di un approccio “ambivalente” da parte dell’Europa: “da un lato fioriscono normative sempre più stringenti che potrebbero minacciare produzioni, all’altra si incoraggiano strade autorizzative per prodotti che con molta perplessità possiamo chiamare cibo”, sostiene il presidente Raffaele Drei. Per i ricercatori firmatari della lettera contro la manifestazione di Coldiretti, le parole dell’Agenzia hanno soltanto ribadito che i protocolli attuali sono già sicuri, senza accogliere ulteriori richieste dai coltivatori. “Non siamo sorpresi che Efsa abbia confermato che i test clinici sono già parte del suo mandato – dice a ilfattoquotidiano.it Alessandro Bertero, professore associato in Biologia applicata all’Università di Torino – se invece Coldiretti chiede di applicare al cibo i trial clinici previsti per i farmaci è necessario capisca che quegli studi sono una cosa diversa, che mirano a dimostrare un beneficio di prevenzione o cura per un prodotto, e che accettano un rischio per questo beneficio. Lo stesso principio non è applicabile ai cibi, che secondo le procedure confermate da Efsa ammettono già zero controindicazioni”.

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