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Educazione sessuale: l’ha ricevuta meno di un adolescente su due. Le associazioni colmano il vuoto: “Resistenze? Colpa dei pregiudizi”

Secondo l'ultima rilevazione di Save the children, la percentuale dei ragazzi e delle ragazze che hanno avuto insegnamenti legati all'affettività scende al 37% al Sud e nelle Isole. Tra i banchi è attiva Action Aid con il progetto Youth for love: "Lavoriamo con tutta la comunità educante. Alcuni temono che questi percorsi ‘omosessualizzino i bambini’ o ‘facciano vestire i maschi da femmine’. In realtà superiamo i pregiudizi"
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In Italia, l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole è ancora un tabù. Nonostante le raccomandazioni dell’Unione Europea e le richieste degli stessi studenti, il nostro Paese è tra i pochi in Europa a non prevedere un programma strutturato. Secondo il rapporto Unesco Comprehensive Sexuality Education (CSE) Country Profiles del 2023, solo il 20 per cento dei Paesi analizzati ha una legislazione specifica in materia, e l’Italia è tra gli ultimi Stati membri dell’Ue a non rendere obbligatoria l’educazione sessuale a scuola. In Svezia, Germania e Francia questi percorsi sono presenti da decenni, mentre da noi l’offerta formativa è frammentata e lasciata all’iniziativa di singoli istituti e docenti. Eppure, la domanda da parte dei giovani è evidente. Un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità su oltre 16.000 studenti tra i 16 e i 17 anni ha rivelato che solo il 6 per cento degli adolescenti ritiene che la scuola non debba affrontare questi temi, mentre il 50% vorrebbe iniziare già dalle scuole medie. Nonostante ciò, i pochi fondi pubblici stanziati quest’anno, grazie a un emendamento delle opposizioni, sono stati dirottati su corsi di fertilità per docenti, invece che su programmi per gli studenti. In questo vuoto educativo intervengono le associazioni, che con progetti e iniziative cercano di colmare l’assenza di programmi finanziati dalle istituzioni.

Meno di un’adolescente su due ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola – A rendere ancora più preoccupante il quadro attuale sono i dati emersi di una recente indagine realizzata da Save the Children in collaborazione con Ipsos nell’ambito della ricerca “L’educazione affettiva e sessuale in adolescenza: a che punto siamo?”. Più di un adolescente su quattro, tra i 14 e i 18 anni (il 26%), pensa sia frequente subire o assistere a discriminazioni legate all’orientamento o all’identità sessuale, mentre il 22% osserva discriminazioni sessiste e oltre un terzo (il 35%) ha assistito ad episodi di body shaming. Quasi uno su quattro (il 24%) ritiene la pornografia una rappresentazione realistica dell’atto sessuale, e il 17% dei ragazzi e delle ragazze concorda sul fatto che l’autoproduzione di materiale pornografico possa aiutarli a soddisfare alcune necessità economiche. Solo il 12% considera il sesso online equivalente a quello dal vivo.

L’indagine rivela inoltre che il 66% degli adolescenti ha avuto esperienze sessuali, di cui il 16% lo ha fatto per non sentirsi diverso/a e quasi uno su dieci a causa delle pressioni del/della partner. È allarmante constatare che ben l’82% non abbia mai effettuato un test HIV e solo il 12% si sia rivolto a un consultorio. La principale fonte di informazione per i giovani rimane il web: il 47% degli intervistati consulta siti e articoli online per informarsi sulle pratiche sessuali, mentre il 57% approfondisce il tema delle infezioni sessualmente trasmissibili attraverso la rete. Dal punto di vista familiare, il 75% dei genitori si sente a proprio agio a parlare di sessualità con i figli, anche se più di uno su dieci (il 13%) ha dovuto affrontare situazioni legate a relazioni “tossiche”. Anche le percezioni sui comportamenti dei coetanei evidenziano criticità: per il 66% degli adolescenti è plausibile che le ragazze abbiano esperienze sessuali dopo aver consumato eccessive quantità di alcol (binge drinking), mentre il 69% ritiene che subiscano pressioni dal partner per avere rapporti intimi senza l’uso del preservativo. Per Giorgia D’Errico, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Save the Children, “dalla nostra ricerca emerge che oggi solo il 47% degli adolescenti, ovvero meno di uno su due, ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola, una percentuale che scende al 37% al Sud e nelle Isole. È necessario fornire a tutte e a tutti gli strumenti di base per orientarsi tra le complessità emotive, sociali e culturali.

Youth for love – Per colmare la mancanza di programmi strutturali contro la violenza di genere, diverse associazioni hanno sviluppato progetti rivolti alle scuole. Tra questi, Youth for Love, un programma di ActionAid Italia nato per sensibilizzare studenti e studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado, aiutandoli a comprendere, prevenire e contrastare la violenza di genere. Corinne Reier, responsabile del programma per ActionAid, spiega a ilFattoQuotidiano.it: “Youth for Love, nato inizialmente come progetto europeo, nel tempo si è evoluto in uno dei programmi strutturali di ActionAid Italia e mira a prevenire e contrastare ogni forma di violenza attraverso l’educazione e il coinvolgimento attivo delle comunità”.

L’approccio, spiega Reier, è quello collettivo, coinvolgendo l’intera comunità educante. “Ciò che distingue Youth for Love è il suo approccio integrato: non si rivolge solo agli studenti, ma all’intera comunità educante. Prevediamo un percorso formativo per docenti e personale scolastico, affiancato da iniziative specifiche per ragazzi e ragazze. Il percorso si articola in due fasi: nella fase di empowerment si lavora sulla consapevolezza e sul riconoscimento delle dinamiche di violenza, mentre nella fase di attivazione i giovani diventano protagonisti, realizzando progetti di educazione tra pari e cooperazione per modificare concretamente il contesto scolastico e sociale”. Ogni intervento parte da un’analisi specifica della scuola coinvolta. “La nostra metodologia parte da un’analisi approfondita dei bisogni della comunità scolastica per costruire percorsi mirati di sensibilizzazione e intervento. A livello nazionale, abbiamo inoltre previsto una formazione online per tutti i docenti, in modo da garantire una diffusione capillare delle buone pratiche”. Accanto alla formazione, il programma ha anche un’importante dimensione politica. “Parallelamente, ActionAid Italia avvia un importante processo di advocacy, raccogliendo le esperienze e le richieste di studenti, docenti e associazioni per elaborare raccomandazioni politiche da presentare ai vari livelli istituzionali. L’obiettivo è costruire un quadro normativo e scolastico che promuova attivamente percorsi di prevenzione, rafforzando l’autonomia delle scuole e creando reti di supporto sul territorio, coinvolgendo realtà locali nella gestione delle situazioni di disagio”.

La sfida più difficile è quella di riuscire ad andare in profondità: “Un aspetto centrale del nostro lavoro”, continua Reier, “è la decostruzione degli stereotipi di genere e delle dinamiche di potere che permeano la società. Adottiamo una lente femminista intersezionale che ci permette di comprendere come diverse forme di discriminazione si intersechino e si rafforzino a vicenda. Non ci limitiamo a trattare le forme di violenza più evidenti, ma ci impegniamo a far emergere anche quelle più sottili e nascoste, che spesso passano inosservate, ma hanno un impatto profondo sulla vita di ragazzi e ragazze”. Un altro aspetto centrale del programma riguarda la cosiddetta “cultura dello stupro”: “Youth for Love supporta ragazzi e adulti nel riconoscere queste dinamiche, spesso radicate in maniera quasi invisibile nella nostra società. Anche la concezione dell’amore romantico è messa in discussione: l’idea che la gelosia sia una prova d’amore o che una relazione debba essere totalizzante è ancora molto diffusa tra gli adolescenti. Il nostro obiettivo è decostruire tali modelli, analizzando e decostruendo i messaggi trasmessi da musica, film, serie TV e media, e promuovendo una visione dell’amore più sana e rispettosa” spiega Reier .

Secondo Reier, la risposta degli studenti è estremamente positiva. “C’è un forte bisogno di spazi in cui poter parlare, essere ascoltati e confrontarsi senza timore di giudizi. Uno degli ostacoli principali, tuttavia, è superare la tradizionale didattica frontale, che limita il coinvolgimento attivo. Grazie a metodologie partecipative, i giovani si mettono in gioco con entusiasmo, facendo emergere anche tematiche come la mascolinità tossica. Gli stereotipi di genere non riguardano solo le ragazze, ma anche i ragazzi, che spesso si sentono costretti a rispettare modelli rigidi di virilità che non corrispondono alla loro reale identità. È fondamentale creare spazi di fiducia e confronto, dove l’analisi dei dati e delle ricerche possa dimostrare come la violenza di genere sia un problema sistemico, non solo individuale. In questo contesto, il femminismo diventa uno strumento per costruire una società più equa per tutti”.

La posizione politica – Corinne Reier ricorda come nonostante il bisogno di ragazzi e ragazze di progetti del genere “negli ultimi anni, il tema dell’educazione affettiva e sessuale sia diventato un vero e proprio campo di battaglia ideologico”. Secondo Reier, “ActionAid, insieme ad altre realtà, sostiene la necessità di percorsi strutturati nelle scuole, come raccomandato dall’UNESCO e dall’OMS. Tuttavia, le proposte avanzate finora dal governo, come quella del 2023 a seguito del caso Cecchettin, sono state giudicate insufficienti. L’iniziativa di 500mila euro per corsi sulla fertilità, ad esempio, viene vista come un tentativo di spostare il dibattito su un’altra direzione”. Inoltre, ha sottolineato come “esista una forte resistenza da parte delle scuole e dei genitori, spesso dovuta a disinformazione. Alcuni temono che questi percorsi ‘omosessualizzino i bambini’ o ‘facciano vestire i maschi da femmine’. In realtà, il lavoro di ActionAid è proprio quello di creare un dialogo costruttivo, superando i pregiudizi e dimostrando l’importanza di un’educazione all’affettività basata sul rispetto e sulla consapevolezza”.

Infatti, in un comunicato di ActionAid Italia diffuso dopo il dirottamento dei fondi per l’educazione all’affettività ha ribadito la sua posizione critica nei confronti della decisione del governo di eliminare il fondo per l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole, definendola “una decisione grave che va contro tutto ciò che la politica dice di dover fare, dal Governo al Parlamento, per contrastare la violenza maschile contro le donne e di genere”. Nonostante il 60% della popolazione italiana ritenga che l’educazione affettiva e sessuale sia la misura più importante per prevenire la violenza di genere – come emerge dall’indagine Oltre le Parole – i fondi inizialmente stanziati sono stati dirottati su un progetto che, secondo ActionAid, nulla ha a che fare con la prevenzione primaria. “Ancora una volta si sceglie la strada opposta e si danno fondi per iniziative discutibili”, ha denunciato l’organizzazione, sottolineando la necessità di un intervento concreto che superi le divisioni ideologiche e introduca finalmente una legge per l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole, in linea con le principali direttive internazionali.

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