“Il colpevole è Alberto Stasi”: la famiglia Poggi parte offesa nel procedimento contro Andrea Sempio

Per loro il colpevole dell’omicidio della figlia resta Alberto Stasi, condannato a 16 anni di carcere, mentre sul caso di Andrea Sempio – amico di Marco, fratello della vittima – chiedono che le indagini facciano chiarezza quanto prima. I genitori e il fratello di Chiara Poggi si sono costituiti “in questo nuovo procedimento” come “persone offese dal reato, nella convinzione che la precisa conoscenza di tutti i dati probatori emersi nel processo che ha portato alla definitiva condanna” dell’ex fidanzato della figlia “possa risultare decisiva per una tempestiva definizione della posizione di Andrea Sempio“.
A scriverlo sono i legali Gian Luigi Tizzoni che rappresenta i genitori di Chiara, Giuseppe e Rita Poggi, e Francesco Compagna, che assiste il fratello Marco: “A seguito della comunicazione indirizzataci – proseguono – dalla Procura di Pavia che ha evidenziato la facoltà dei prossimi congiunti di Chiara di contribuire all’accertamento dei fatti in tutte le forme previste dal codice di rito, abbiamo provveduto a costituirci in questo nuovo procedimento quali difensori delle persone offese dal reato”. I legali della famiglia Poggi hanno sempre ribadito in questi giorni che su Alberto Stasi c’è una sentenza definitiva di condanna e che la posizione di Sempio, archiviata di fatto già due volte tra 2017 e 2020, è già stata valutata da numerosi magistrati. Con la nomina come persone offese nelle nuove indagini, attraverso i loro legali, i familiari di Chiara potranno mettere in campo i propri consulenti, partecipando alle operazioni, negli accertamenti irripetibili, come quello di estrapolazione e comparazione del Dna di Sempio con i risultati di quello trovato su dita e unghie della ragazza. E anche in tutte le altre analisi che la Procura pavese dovrà disporre, come quelle sull’ormai nota impronta di scarpe “a pallini” o sulle impronte digitali o su altre comparazioni di materiale genetico, se saranno effettuate col coinvolgimento anche della difesa di Sempio e delle parti offese.
Intanto Andrea Sempio, 37 anni, parlando a Chi l’ha visto, si è dichiarato di nuovo innocente. “Con questa storia non c’entro nulla. Lasciamo lavorare le autorità e vedrete che andrà tutto bene. La famiglia Poggi crede in me, non hanno mai avuto dubbi”, sostiene ancora l’uomo che all’epoca del delitto, poco più che maggiorenne, frequentava la casa della vittima perché amico del fratello Marco. “Con Marco mi sento ancora – dice -. Dal punto di vista legale mi sento tranquillo, mi sta pesando il punto di vista mediatico”. Secondo Massimo Lovati, il suo avvocato, “se le cose viaggeranno sull’articolo 359 sarà lunga, quindi fino all’avviso di conclusione delle indagini preliminari non sapremo niente, quindi sei mesi, sette mesi, otto mesi“. Poi, ha aggiunto, “non c’è solo quell’accertamento, mi sembra di aver capito che la Procura di Pavia si stia muovendo su più ampi spettri comprendendo anche gli interrogatori, tutti i giorni se ne sente qualcuna, le impronte digitali, non lo so, non possiamo sapere. Noi saremo presenti qualora ci fossero degli atti a cui abbiamo diritto di partecipare, allora nomineremo i nostri consulenti di parte”.
Il punto – Non uno sconosciuto aggressore, né un ladro, né un killer fumatore e tantomeno un amante. Tutte le “ipotesi alternative” sull’omicidio di Chiara Poggi sono già state scandagliate e la risposta – finché una revisione non sarà presentata e quindi accolta dalla Corte d’Appello di Brescia – resta sempre e solo una: l’assassino è Alberto Stasi, allora fidanzato della ventiseienne uccisa a Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007. E ora che la Procura di Pavia indaga su Sempio, le conclusioni della sentenza dell’appello bis contro l’imputato restano valide. La vita di Chiara è stata scandagliata in ogni possibile direzione: pochi amici, meno che mai in quei giorni in cui parenti e conoscenti erano in vacanza. Sulla ‘doppia vita’ adombrata dalla difesa – secondo un copione purtroppo frequente in questi casi – “nulla è emerso” scrivono i giudici nella sentenza di condanna a 16 anni di carcere per l’imputato.
Chiara comunicava con le poche amiche attraverso il telefono di casa, il cellulare e le mail e tali modalità di contatto, poco frequenti, “sono state confermate dalle amiche, interrogate anche sulle confidenze ricevute“. Tutti descrivono la vittima come “una ragazza seria e timida, che stava bene in famiglia, che lavorava, innamorata del fidanzato”, tanto da rinunciare alle ferie mentre lui scrive la tesi. Gli accertamenti svolti tra parenti, conoscenti, amici, colleghi di lavoro di Chiara “non hanno evidenziato nessuna anomala frequentazione della giovane né in quel periodo, né prima”, cosi certificano i tabulati telefonici. “Tutti coloro che a diverso titolo avevano, o avevano avuto nel tempo, legami con la giovane sono infatti stati sentiti nelle indagini, e di tutti costoro sono stati verificati gli alibi“.
Smentita anche l’ipotesi di un secondo cellulare: Chiara aveva da poco sostituito il vecchio cellulare con un Nokia, ma la sim attiva è sempre stata solo una, attestano le indagini. E se l’autopsia riscontra una forte presenza di nicotina nei capelli di Chiara, il dato – nonostante Stasi non fumi – si spiega facilmente tenuto conto della presenza di un posacenere sporco nella cucina della villetta di via Pascoli. “Il padre di Chiara Poggi era un forte fumatore, lo stesso era solito fumare proprio in cucina” e la nicotina “notoriamente rimane a lungo nei capelli e sugli indumenti delle persone che abbiano a che fare con i fumatori” si legge nelle motivazioni della sentenza d’appello bis che condanna Stasi.