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Juve, 5 ultras condannati in Cassazione: l’associazione a delinquere entra in curva per la prima volta

I tifosi facevano parte dei Drughi: per loro accuse di estorsione, con intimidazioni verso la società e gli steward. L'obiettivo? Benefici e biglietti per le trasferte
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Per la prima volta, il reato di associazione a delinquere entra nelle tifoserie organizzate. Giovedì sera la Corte di Cassazione ha confermato sostanzialmente le condanne per cinque juventini processati nell’inchiesta Last Banner. Per loro, accuse a vario titolo di associazione a delinquere, estorsione e tentata estorsione, con intimidazioni e prevaricazioni verso la società, gli steward e altri tifosi.

La Cassazione
Gli ermellini hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Alessandro Cimmino: rigettati tutti i ricorsi degli imputati, tranne il caso dei 25 abbonamenti a pagamento. I cinque facevano parte del gruppo ultrà bianconero dei Drughi, come riconosciuto dalla sentenza della corte d’Appello di Torino del 30 aprile 2024 e, prima ancora, da quella del tribunale. L’inchiesta della magistratura ha illuminato le pressioni esercitate dalla curva nei confronti della società, durante la stagione 2018/19: come scioperi del tifo e cori razzisti, organizzati dagli ultras per ottenere benefit e privilegi. “Un’azione convergente – ha detto il sostituto pg – organizzata dalle frange estreme, volta a condizionare le scelte della società”. L’obiettivo era ottenere benefici, “tra cui i biglietti per le trasferte”.

La sentenza di secondo grado
In appello, lo scorso 30 aprile i giudici torinesi avevano condannato Dino Mocciola a otto anni di carcere. Per Salvatore Cava, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo le condanne erano state rispettivamente a quattro anni e sette mesi, quattro anni e sei mesi, quattro anni e tre mesi, 3 anni e 11 mesi di reclusione. Per Massimo Toia e Corrado Vitale, i giudici di Appello aveva confermato l’assoluzione del primo grado. L’inchiesta è iniziata dopo una denuncia della società bianconera.

Il caso e l’esposto di Pairetto
L’inizio delle indagini risale al 2018, quando l’addetto ai rapporti con la tifoseria Alberto Pairetto presentò la denuncia. Le intercettazioni, le telecamere allo stadio e i testimoni fecero emergere scenari preoccupanti, tra pressioni all’indirizzo della società e le violenze verso altri tifosi.

L’associazione a delinquere entra in curva
Per la prima volta una sentenza definitiva riconosce il reato associativo all’interno di una tifoseria organizzata. La sentenza di primo grado metteva nero su bianco: “
Ci troviamo in presenza di una organizzazione, rappresentata dal gruppo dei ‘Drughi’, che di per sé perseguiva scopi leciti, la quale è stata strumentalizzata dai vertici (e in particolare dal nucleo composto dal capo Gerardo Mocciola e dai suoi collaboratori) per porre in essere, sfruttando l’influsso del gruppo all’interno della curva, la propria strategia estorsiva nei confronti della società Juventus”.

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