I ‘no, grazie’ a Trump potrebbero presto aumentare. Il suo delfino però è già pronto

E così Trump è all’opera, indefessamente, su tutti i fronti. Le minacce, i ricatti e il modello del “do ut des” a suon di sanzioni, dazi e ultimatum sono pane quotidiano alla Casa Bianca. Eppure, stavolta qualcosa sembra scricchiolare: il mondo comincia a non inginocchiarsi più di fronte agli ordini del tycoon con la cravatta rossa, lui unico pacifista oltre a Papa Francesco (soltanto metterli sulla stessa riga fa orrore: Don non pensa a salvare vite ma alle terre rare). Con l’eccezione della Meloni, annuente a tutto ciò che è trumpiano (in gara di opportunismo con Salvini) e in attesa di essere convocata a Washington in veste di unica leader europea col cappello MAGA. Non facciamoci illusioni, sappiamo come stanno le cose. Che l’Ue sia uno stato federale, con un capo del governo, un ministro degli Esteri, della Difesa e un parlamento vero, e che il no a Trump possa essere fermo, o perlomeno si possa negoziare da pari a pari, non accadrà mai.
Marcare le distanze da Trump, per la maggioranza che appoggia la bellicista teutonica von der Leyen, per adesso equivale a lanciare lo slogan: armiamoci. Finirà, questa linea politica di un’Unione Europea guerrafondaia? Per quale motivo a Bruxelles non ci sono elezioni anticipate, per mandare a casa Ursula? Ad opporsi a Trump offrendo un altro modello di politica, negoziando non come fanno i grossisti o i venditori di armi, dovrebbero essere proprio gli “amici” e gli alleati, quelli che il presidente americano tratta con il metodo della paura, delle minacce, delle guerre commerciali, maniere spicce e brutali basate su chi è più forte e spara per primo, stile OK Corral.
La geopolitica del “no, grazie” comincia però a intravvedersi qua e là, per esempio la sceneggiata sulla tregua in Ucraina è già finita con Putin più forte e apprezzato di prima (come i grandi campioni di scacchi russi ragiona con 5-6 mosse in anticipo), lo Zar del Cremlino ha respinto l’offerta americana travestita da compromesso, facendo capire che lui non si sposta dalla conquista di 5 province ucraine, e forse anche di Odessa. E con Zelensky che, dopo aver incassato un’umiliazione globale alla Casa Bianca, ha poi ottenuto una telefonata di recupero con Trump incassando un posto al tavolo del negoziato Usa-Russia a Gedda (dove gli europei, ovvio, non ci saranno).
I no a Trump sono chiari (anche se non sonori) nel Medio Oriente, dove gli Houthi hanno smesso di giocare con le navi nel Mar Rosso dopo un ultimatum pesante, ma dove l’Arabia Saudita continua a rifiutarsi di normalizzare i rapporti con Israele senza garanzie per i palestinesi. Trump pensava di poter vendere Gaza come una futura “Riviera del Medio Oriente”? Egitto e Giordania hanno trovato infamante quel video fatto con l’AI, con Donald e Bibi a bordo piscina del Trump Gaza Hotel. Anche se l’Iran, nel frattempo, fa capire che preferirebbe trattare e non essere bombardato dai caccia israeliani e americani.
Persino i canadesi, notoriamente allergici a scossoni, hanno riscoperto un insospettabile spirito patriottico dopo che il loro nuovo Primo Ministro, Mark Carney, ex banchiere centrale (e qui tocca pure difendere i veri padroni del mondo… almeno sono competenti) ha respinto i tentativi trumpiani di intromettersi nei loro affari. Se il Don pensava di poter riscrivere le mappe a suo piacimento, trattando Ottawa da capitale del 51° stato Usa, al confine nord gli hanno detto che il tempo delle annessioni è finito, con la Crimea.
Mentre i “no” a Trump potrebbero aumentare nei prossimi mesi, senza contare gli stop a Donald imposti dal sistema giudiziario americano (il n.1 della Corte Suprema, John Roberts, ha respinto la richiesta del presidente di mettere sotto accusa il giudice federale James Boasberg, che aveva bloccato i piani di deportazione di Trump), lì in America la storia è già un’altra, lo scenario cambia di continuo, e si evolve con rapidità eccezionale. Per i democratici occorre un ‘certificato di esistenza in vita’ ma il trumpismo – pur con il filo-nazi Musk in enormi difficoltà per i boicottaggi contro Tesla – si sta già attrezzando per il futuro. E il futuro ha un nome: JD Vance. Il vicepresidente scelto da Donald sta facendo il suo apprendistato a suon di dichiarazioni incendiarie, strette di mano mancate e pugni sul tavolo. Per molti, è già il prescelto per il 2028 (Steve Bannon però dice che Trump correrà per un terzo mandato, dopo aver cambiato la Costituzione).
Alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, Vance ha sbeffeggiato gli alleati europei, provocatoria rissa da bar più che diplomazia, che però ha solleticato le destre italiane e gli anti-Europa a tempo pieno. Tutto il mondo ha visto come nello Studio Ovale JD ha trattato Zelensky, un agguato pianificato per imporre il rispetto al nuovo padrone di Washington. I repubblicani MAGA lo adorano, Donald Trump jr. lo spinge al massimo (fu lui a proporlo al padre come VP) e nei sondaggi è già dato come il successore naturale. Vedremo.
Ecco, il quadro si sta delineando, ma è confuso, troppi colori e troppi chiaroscuri. Si capisce però che l’America si richiude sempre più in se stessa, affarista e cinica e guidata da un’oligarchia di miliardari, con Trump convinto che bastino dazi e minacce per tenere il pianeta ai suoi piedi (non ha fatto i conti con la Cina, il vero nemico sistemico n.1), e che basti essere contro la guerra in Ucraina per entrare nell’Olimpo dei grandi statisti. Attenzione però, se Trump è il presente, Vance è il futuro: giovane, digitale, più ideologico, molto più di destra del capo, colto – ha scritto un libro! – e molto più aggressivo e spavaldo, perché viene da zero e incarna davvero il sogno americano.
Se oggi il mondo si rifiuta di piegarsi (a parte la Meloni), domani dovrà fare i conti con una versione aggiornata del trumpismo in combutta con il putinismo. E a quel punto, i “no, grazie” di oggi potrebbero non bastare più.
E così Trump è all’opera, indefessamente, su tutti i fronti. Le minacce, i ricatti e il modello del “do ut des” a suon di sanzioni, dazi e ultimatum sono pane quotidiano alla Casa Bianca. Eppure, stavolta qualcosa sembra scricchiolare: il mondo comincia a non inginocchiarsi più di fronte agli ordini del tycoon con la cravatta […]