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Inchiesta Sogei, l’ex dg Iorio e l’imprenditore Rossi hanno patteggiato 3 anni per corruzione

Dopo l’ok della procura, oggi è arrivato quello del gip di Roma, sia per Iorio che per l’imprenditore Massimo Rossi, che ha patteggiato anche lui a 3 anni
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L’ex dg di Sogei, Paolino Iorio, arrestato lo scorso ottobre per corruzione impropria mentre intascava una tangente da 15mila euro da un imprenditore, ha patteggiato una pena tre anni. Dopo l’ok della procura, oggi è arrivato quello del gip di Roma, sia per Iorio che per l’imprenditore Massimo Rossi, che ha patteggiato anche lui a 3 anni. Sono accusati di corruzione.

Iorio, inizialmente ai domiciliari, era finito in carcere dopo che la Procura di Roma, con i pm Lorenzo Del Giudice e Francesco Gallo, aveva chiesto e ottenuto l’aggravamento della misura perché secondo gli inquirenti il manager avrebbe cancellato dal sistema di videosorveglianza della sua abitazione le immagini dei giorni prima dell’arresto. Iorio, difeso dagli avvocati Giorgio Perroni e Bruno Andò, successivamente era stato posto ai domiciliari e dopo il patteggiamento di oggi torna in libertà. A casa dell’ex dg di Sogei erano stati trovati oltre centomila euro, denaro poi sequestrato dalla Guardia di Finanza.

Sogei (Società generale d’Informatica) è controllata al 100% dal ministero dell’Economia e delle Finanze, e opera sulla base del modello organizzativo dell’in-house providing. In particolare, la società controllata Mef gestisce “servizi informatici in grado di governare la complessità del sistema pubblico, come il Sistema informativo della fiscalità e l’automazione dei processi operativi e gestionali del Ministero, Corte dei conti, Agenzie fiscali e altre pubbliche amministrazioni” come si legge sul sito e “per questo, da sempre, realizziamo servizi informatici in grado di governare la complessità del sistema pubblico, come il Sistema informativo della fiscalità e l’automazione dei processi operativi e gestionali del Ministero, Corte dei conti, Agenzie fiscali e altre pubbliche amministrazioni.

Nell’indagine è coinvolto anche il “referente in Italia di Elon Musk”, Andrea Stroppa, e in particolare l’appalto sul sistema satellitare Starlink creato dall’imprenditore. Stroppa sarebbe accusato di avere avuto notizie riservate sull’operazione. Persino un documento riservato della Farnesina consegnatogli da un militare della Marina, Antonio Angelo Masala e indagato per corruzione, “avente ad oggetto – scrivono i pm- la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo, delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Space X”. In cambio l’ufficiale aveva strappato a Stroppa la promessa della stipula di alcuni contratti.

Nelle scorse settimane i pm di piazzale Clodio hanno avviato una nuova tranche di indagine dopo alcune rivelazioni fatte dallo stesso Iorio nel corso di un interrogatorio il 10 dicembre. Affermazioni che hanno portato all’iscrizione nel registro del procedimento l’amministratore delegato Cristiano Cannarsa per l’accusa di tentato peculato. Secondo l’impianto accusatorio Cannarsa avrebbe cercato di “pilotare” un progetto da oltre 1 milione e 600mila euro per un lavoro che se affidato in house o ad altra ditta sarebbe costato appena 200 mila euro.

In base al racconto di Iorio, l’amministratore delegato si sarebbe speso per fare ottenere il lavoro alla società Deas Analisi e Sistemi, che si occupa di cybersicurezza e intelligenza artificiale. Nel dettaglio si trattava, secondo quando emerge dal capo di imputazione, dell’adozione di una proposta di fornitura da parte di Deas di una “piattaforma per la gestione di un sistema documentale attraverso il ricorso alla Ai Generativa… con un dimensionamento economico pari a un totale di un milione e 680 mila euro”. Gli inquirenti, nel cercare conferma al racconto fornito da Iorio, sono andati anche a riascoltare una serie di intercettazioni già presente negli atti della maxi indagine.

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