Ucraina, ipotesi 4 linee di sicurezza: Onu alla guida. Ma Zelensky: “Non ci proteggerà”

Quattro livelli di interposizione con il coinvolgimento dell’Onu nelle operazioni per fornire garanzie di sicurezza a Ucraina. È un’ipotesi a cui – si apprende da chi segue il dossier – i Paesi “volenterosi” stanno lavorando attivamente, guidati dal presidente francese Emmanuel Macron, nel giorno in cui la Germania dà l’ok a far debito per riarmarsi. Ai caschi blu delle Nazioni Unite verrebbe affidato il terreno più vulnerabile in caso di una rottura della tregua, mentre tutta l’architettura prevede in ogni caso, come condizione essenziale, la protezione degli Stati Uniti. Il “backstop” americano servirebbe come ultima garanzia sia agli ucraini che agli europei e vi sarebbero delle indicazioni che Washington è disposta a fare la sua parte, ma che Donald Trump pone come precondizione la firma dell’intesa sui minerali con Kiev. Lo scenario è infatti naturalmente vincolato all’evoluzione dei negoziati di pace condotti dagli Usa su due tavoli distinti, da una parte i russi e dall’altra gli ucraini.
La cornice diplomatica
L’idea di attivare il Palazzo di Vetro per l’operazione è al momento l’unica davvero percorribile. Si tratta della sola ipotesi nei confronti della quale la Russia non ha chiuso le porte. Una simile iniziativa, infatti, non può prescindere da un via libera ufficiale di Mosca, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Non avrebbe, inoltre, un cappello diplomatico e militare né della Nato, né dell’Unione Europea. Basta guardare agli atri quattro seggi permanenti: Cina, Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Questo dato, assieme al rispetto del mandato Onu, assicurerebbe quindi agli occhi del Cremlino un’assoluta neutralità, più di qualsiasi altri forza di peacekeeping. Una visione alla quale non crede Volodymyr Zelensky: “Con tutto il rispetto, l’Onu non ci proteggerà dall’occupazione o dal desiderio di Putin di tornare. Non vediamo l’Onu come un’alternativa a un contingente o a garanzie di sicurezza”.
Le quattro linee
L’ipotesi che sta avanzando per delineare l’operazione comprende quattro linee di interposizione. Nella zona demilitarizzata all’interno dell’Ucraina – ovvero quella che è stata maggiormente sotto attacco – ci sarebbero i caschi blu di Paesi non europei membri dell’Onu. L’obiettivo sarebbe quello di proteggere città, porti e infrastrutture nel Paese. La seconda linea sarebbe occupata dalle forze ucraine. Il terzo anello sarebbe invece composto dai contingenti della Coalizione dei volenterosi, a trazione europea. Il contingente potrebbe essere schierato all’interno dell’Ucraina ma anche all’esterno, al confine con il Paese, magari con compiti di sorveglianza aerea. Il backstop americano servirebbe come ultima garanzia sia agli ucraini che agli europei.
Le forze in campo
La consistenza del contingente in campo, secondo le indiscrezioni circolate in queste ore, sarebbe di 20mila militari, diecimila in meno, quindi, da quelli ipotizzati alcune settimane fa da Londra e Parigi. Punto chiave è quello della difesa aerea a tutela dei cieli ucraini. La Multinational Force Ukraine potrebbe anche includere una task force ad hoc per la sicurezza della navigazione del Mar Nero. Ogni aspetto andrebbe comunque elaborato con accuratezza. Anche nella forma semantica: nelle cancellerie occidentali, in merito all’operazione di peacekeeping, nelle ultime ore non si parla più di garanzie di sicurezza (security guarantees) ma di dispositivi di sicurezza (security arrangements).