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Von der Leyen cambia nome a ReArm Eu: nella neolingua della Ue la spesa in armi diventa “prontezza”

La presidente della Commissione fa sapere che "il concetto" di riarmo "è cresciuto o maturato in Readiness 2030"
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Dopo un danno di immagine, insegna ogni manuale di marketing, conviene rinfrescare il volto del marchio. Magari cambiandogli nome. Ursula von der Leyen pare convinta che basti una modifica linguistica anche per rendere più accettabile il piano di riarmo che ha presentato ufficialmente più di due settimane fa. Giovedì sera, dopo il Consiglio europeo, la “madre” del progetto che punta a gonfiare la spesa europea nel settore della difesa, ha ufficializzato che “il concetto” di riarmo nel frattempo “è cresciuto o maturato in Readiness 2030“, ovvero “prontezza” di fronte alle minacce esterne. È l’etichetta aggiunta mercoledì in coda a ReArm Europe per battezzare il Libro bianco sulla Difesa. Ora la prima parte viene cancellata con un tratto di penna e si riparte. Accontentando – l’obiettivo dell’operazione è questo – i leader di Paesi come Italia e Spagna che hanno esplicitato di non gradire la scelta lessicale. Poco importa se la sostanza resta identica.

“E’ un ambito più ampio”, si è arrampicata sugli specchi la presidente della Commissione Ue in conferenza stampa. “Non c’è solo il finanziamento, che include, oltre alla clausola di salvaguardia nazionale, anche l’elemento SAFE, ma l’ambito è più ampio se si guarda a cosa finanziamo con lo strumento SAFE e la clausola di salvaguardia nazionale”. Per esempio “le priorità infrastrutturali, la mobilità militare, le lacune di capacità, dai missili ai droni all’artiglieria e altri elementi”. Oltre all'”elemento informatico” e all'”intero elemento di comunicazione, ad esempio. La prossima settimana avremo la strategia di Readiness, che mostra anche la seconda fase di Readiness 2030, per essere preparati per potenziali crisi, includendo anche, ad esempio, disastri naturali. Quindi, in effetti, abbiamo iniziato relativamente ristretti, ma ora il concetto è cresciuto o maturato in Readiness 2030″.

Nessuna reazione al momento da Giorgia Meloni, che aveva criticato la scelta della parola riarmo sostenendo che “stiamo dando messaggi non chiari ai cittadini”, e da Pedro Sanchez, a sua volta particolarmente sensibile alla terminologia: anche da Bruxelles ha ribadito che a lui “non piace il termine riarmo” in quanto, ha detto, “è un’approssimazione incompleta della sfida” che l’Europa ha davanti e ha rivendicato che “lo strumento finanziario si chiama Safe e non Rearm, e Safe ha a che vedere non con il riarmo ma con la protezione, una sfumatura importante”.

Ma il rebranding ovviamente non sposta di una virgola le posizioni degli Stati membri sul piano. Come emerso al Consiglio, le capitali sono divise. Nelle conclusioni del vertice si legge che “il Consiglio Europeo invita ad accelerare i lavori su tutti i fronti per aumentare in modo decisivo la prontezza di difesa dell’Europa entro i prossimi cinque anni” e “avviare con urgenza l’attuazione delle azioni individuate nelle sue conclusioni del 6 marzo 2025 nel campo delle capacità e a proseguire i lavori sulle relative opzioni di finanziamento”. Ma se la Germania, che con il voto nel Parlamento uscente si è assicurata un’ampia disponibilità di risorse da investire in armi, è pronta ad attivare la clausola di salvaguardia nazionale per poterlo fare senza ripercussioni sui rapporti rilevanti per il rispetto del Patto di stabilità, l’Olanda pare contraria, come i Paesi ad alto debito. In testa Italia e Francia. Serve “chiarezza sui dettagli” e l’orizzonte di aprile è troppo “ravvicinato” per sceglierle se attivarla, ha detto Giorgia Meloni al termine del vertice. I Ventisette sono spaccati anche sul grande tema dei finanziamenti col derby tra favorevoli agli eurobond e i contrari. Al momento non è previsto nulla su ulteriore debito comune. Spinosa anche la norma sul ‘buy European‘, fortemente voluto dalla Francia per dare impulso alla sua industria.

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