“Non si può insegnare l’inclusione in quattro mesi di aula virtuale”, dicono gli insegnanti di sostegno specializzandi dell’ottavo e nono ciclo Tfa (Tirocinio formativo attivo) dell’Università di Genova, scesi in piazza davanti alla Prefettura insieme ad associazioni per la disabilità, sindacati ed esponenti dell’opposizione. Contestano il decreto ministeriale del 26 febbraio che introduce i nuovi corsi Indire per la specializzazione sul sostegno: percorsi brevi, interamente online, privi di selezione e tirocinio, che verranno equiparati ai Tfa svolti in presenza nelle università pubbliche. “Abbiamo studiato per un anno, affrontato prove selettive e fatto tirocinio nelle scuole”, spiegano gli specializzandi, “mentre i corsi Indire si limiteranno a una formazione teorica online di pochi mesi. Eppure, otterranno lo stesso punteggio nelle graduatorie”. La protesta riguarda anche l’accesso facilitato per chi ha acquisito titoli esteri, spesso in modalità telematica, già oggetto di inchieste giornalistiche e sentenze del Tar che ne evidenziano “lacune incolmabili”.
Il punto centrale, per chi manifesta, è la mancanza di equità e la svalutazione della formazione: “Questa sanatoria premia chi ha pagato un titolo all’estero o chi accede a corsi semplificati, penalizzando chi ha scelto un percorso serio e impegnativo”. Ma l’allarme non è solo sul fronte professionale: “Così si mette a rischio la qualità dell’inclusione scolastica“, dicono le associazioni presenti, e “non risolve né la carenza né la precarietà degli insegnanti di sostegno”. Per Marco Macrì, genitore e attivista di Genova Inclusiva, il decreto “non risolve il problema reale: ogni anno centinaia di studenti con disabilità iniziano l’anno scolastico senza insegnante. Quando finalmente arriva, è spesso un precario che l’anno dopo verrà spostato”. Secondo i dati Istat, oltre la metà degli studenti disabili in Liguria ha cambiato docente nel corso dell’anno. La misura che dovrebbe garantire alle famiglie la possibilità di confermare per tre anni un docente precario – introdotta dal governo per favorire la continuità didattica – viene definita “populista” da Selena Candia e Simona Cosso (AVS): “Un docente non specializzato, ma confermato da una famiglia, può togliere il posto a chi è formato e lavora da anni nella scuola pubblica. La formazione sul sostegno non può ridursi a una scorciatoia burocratica – spiega Simona Cosso, che è insegnante e a sua volta madre di studente con disabilità, perciò particolarmente coinvolta dalla questione – bisogna stabilizzare i docenti realmente formati, aumentare gli organici e investire sulla qualità della formazione perché la scuola torni a essere luogo di inclusione e promozione sociale”. I manifestanti chiedono l’immediata separazione delle graduatorie, l’esclusione dei corsi Indire dai concorsi ordinari e una reale immissione in ruolo per chi ha completato il Tfa in Italia.
Non solo, il comunicato diffuso dagli specializzandi parla apertamente di “mercato nero dei titoli esteri” e contesta il fatto che i corsi Indire, pur non essendo universitari né previsti dalla legge 227/2021 sulla vita indipendente delle persone con disabilità, saranno accessibili anche a chi ha già un titolo straniero, ottenuto spesso in paesi dove la formazione è stata eufemisticamente definita “carenziale”.
“È inaccettabile – conclude Macrì – che si cerchi di risolvere un problema strutturale con soluzioni frettolose e inique. Come famiglie, chiediamo solo che ai nostri figli sia garantito lo stesso diritto all’istruzione degli altri. E questo si fa con insegnanti preparati, stabili, motivati. Non con titoli comprati online”.