Tajani a Salvini dopo il colloquio con Vance: “La politica estera la fanno la premier e il ministro”

“La politica estera la fanno il Presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri”. Se non è una reprimenda, poco ci manca. La telefonata di Matteo Salvini al vice-presidente statunitense JD Vance agita le acque ai piani altissimi del governo. Venerdì sera, era trapelato il “fastidio” di Giorgia Meloni per l’iniziativa del suo vice leghista, assai movimentista sul fronte della politica estera in queste settimane. E, trascorse poche ore, è arrivata anche la risposta indiretta del capo della Farnesina Antonio Tajani.
“Queste sono iniziative, legittime, personali, ma la politica estera la fa il premier e il ministro. Sono le posizioni ufficiali del Governo. Se qualche ministro poi vuole parlare con esponenti di amministrazioni di vari paesi è legittimo. La linea politica, lo ripeto, la danno il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri del nostro Paese”, è stata la risposta secca dell’altro vicepremier mentre Salvini, da ore, si affanna a smentire il nervosismo che il suo colloquio con il numero due dell’amministrazione Trump ha provocato a Palazzo Chigi e alla Farnesina.
La difesa del leader della Lega è legata alla necessità di spingere gli investimenti italiani negli Usa nei settori di sua competenza: “Se c’è un piano da mille miliardi di dollari di investimenti sulla rete ferroviaria e stradale americana, io ho il dovere di fare l’interesse nazionale italiano e di proporre ad aziende italiane di andare a investire sulla rete infrastrutturale americana”, ha detto in videocollegamento, sabato mattina, con la scuola di formazione politica del suo partito. Ma venerdì sera, era trapelato come – al centro della telefonata – ci fossero state anche l’Ucraina e Starlink. E sui social era comparsa anche una benedizione di Andrea Stroppa, l’uomo di Elon Musk in Italia.
Da settimane, del resto, Salvini si affanna a farsi ambasciatore del trumpismo in Italia “allargandosi” su temi di geopolitica. Da qui, il fastidio di Meloni e Tajani, in un momento delicatissimo per gli equilibri internazionali. Così al vicepremier leghista non resta che prendersela con la stampa: “È scherzi a parte, non è giornalismo… Io sono vicepresidente del Consiglio e chiamo, non dico il mio omologo perché è ovviamente superiore a me, però io chiamo il vicepresidente degli Stati Uniti per parlare di trasporti”. Poi ha insistito: “E con chi devo parlare? Con chi… Però lasciamo alla libera stampa italiana, esperta in retroscena inesistenti e surreali, di fare il suo mestiere, teniamoci la voglia di riflettere, teniamoci il pragmatismo e la realtà”. Peccato che negli stessi minuti, sia stato proprio Tajani a mettere i puntini sulle “i”, sottolineando come le “iniziative personali” non abbiano nulla a che fare con la linea del governo.