“Non sono le ore ma il come si lavora che fa la differenza, il mito di Stakanov giustamente è di due secoli fa”. L’ingegner Artemio Affaticati è il presidente e amministratore delegato della Scoprega di Cassano D’Adda, che dal 1979 progetta e realizza accessori per il settore nautico e degli sport acquatici. Qui si lavora quattro giorni a settimana. La “settimana corta” è stata introdotta nel 2022, con una riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 36 ore. Il tutto a parità di stipendio. “Ho deciso di partire con una sperimentazione di tre mesi dopo aver letto degli articoli sul Wall Street Journal e sul Guardian che parlavano dei benefici di dare più tempo alle persone” racconta l’ingegner Affaticati. In quel momento le aziende della zona quasi schernivano la scelta. “Lo fate perché avete un calo di fatturato” dicevano gli altri. Ma non era così: “L’idea era quella di migliorare il benessere dei dipendenti e aumentare la produttività dell’impresa” prosegue il presidente di Scoprega che da quella decisione non è mai tornato indietro. Oggi la sperimentazione è diventata stabile e i numeri gli danno ragione.
Da quando è stata introdotta la settimana corta, l’incidenza delle varie tipologie di assenze sul totale delle ore lavorate è calata in modo significativo. “Dal 32 al 14% – spiega il Chief Financial Officer Giorgio Ghislanzoni – e questo è un beneficio in termini di produttività dell’azienda”. Secondo le stime di Scoprega, “la riduzione dell’orario ha portato a un’efficienza lavorativa tale per cui il vantaggio economico e di produttività per la società (con l’attuale organizazzione e livello di produzione) sia di centomila euro su base annuale”. E dietro a questi numeri ci sono le storie degli oltre quaranta dipendenti che hanno beneficiato di questa scelta. Simona Bianchi è un’addetta alla produzione. Prima di arrivare qui, lavorava in una cooperativa “fino a undici ore al giorno, festivi compresi”. Oggi la sua settimana di lavoro finisce il giovedì alle 18. “La mia vita è cambiata” racconta al Fattoquotidiano.it. “Adesso ho molto più tempo da dedicare ai miei tre figli e anche a me stessa”. Un pensiero condiviso anche da Valentina Facchinetti, neo mamma. “Grazie a questi orari posso portare il bambino a scuola alla mattina e posso avere tempo per andare in piscina, per fare un massaggio e per godere di tempo libero che prima non avevo”. Eppure la settimana corta fa fatica a imporsi nel settore delle piccole e medie imprese italiane. Il motivo? “Il sistema imprenditoriale si è formato negli anni Settanta e Ottanta dove era facile competere perché i competitor erano a livello provinciale e regionale – riflette Affaticati – oggi invece ci si confronta con tutto il mondo industriale, soprattutto con l’Oriente dove lo sviluppo tecnologico è stato accompagnato da uno sviluppo delle persone in termine di educazione scolastica, cosa che in Italia non è avvenuto”. Qui nessuno tornerebbe indietro alla settimana da cinque giorni. Anche perché come conclude l’addetta alla produzione Simona Bianchi. “L’età pensionistica si sta alzando sempre di più e non possiamo morire lavorando. Per questo dovremmo avere più tempo per sistemare il nostro organismo perché con l’età che avanza non è facile lavorare continuativamente”.
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