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Amnesie ed errori: Italia fuori dalla Nations League, ma ciò che preoccupa di più è la sua inaffidabilità

Un primo tempo allucinante, poi la rimonta. Gli Azzurri dimostrano di saper compiere imprese, ma soprattutto di avere enormi lacune da colmare
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Si è fatta l’alba a parlare in televisione del rigore assegnato e poi cancellato dall’accoppiata Var-arbitro – non l’ultimo arrivato, il polacco Marciniak – sul contatto Schlotterbeck-Di Lorenzo, si è cercato una pietosa spiegazione al secondo gol – allucinante – della Germania, ma alla fine della giostra l’Italia di Luciano Spalletti, nonostante la rimonta della ripresa e il 3-3 finale, ha salutato la Nations League e ora dovrà prepararsi ad affrontare a Oslo, il 6 giugno, la Norvegia di Erling Haaland. Una sfida già decisiva, di un gruppo eliminatorio mondiale nel quale Moldavia, Estonia e Israele saranno semplice contorno. La prima si qualifica, la seconda va ai playoff: parola che per l’Italia calcistica equivale a un incubo.

Partiamo dai nostri demoni, per giudicare quello che si è visto a Dortmund. Una squadra che regala gol mai visti neppure nei tornei dei Pulcini – il portiere che discute con l’arbitro, dieci giocatori svagati, calcio d’angolo tirato d’astuzia e raddoppio facile di Musiala – di fronte a un centravanti come Haaland rischia l’autoflagellazione. L’Italia, dai playoff contro la Svezia del 2017 al gol dell’ala tedesca, ha fatto il pieno di errori, amnesie, delusioni, figuracce. Ci siamo giocati due mondiali: francamente troppo per una nazionale che ha conquistato quattro titoli iridati. Gli Azzurri hanno però altri problemi non da poco: false partenze e pezzi di partita consegnati agli avversari. Nel primo tempo di Dortmund, la Germania ha surclassato gli azzurri. Non c’è stata storia: 3-0 inappuntabile. Nella ripresa, metamorfosi nel segno di Kean che firma di una doppietta: risalita del fiume fino al 3-3 e rimpianti legittimi di un possibile 4-3 mancato per la cancellazione del rigore.

Una squadra imprevedibile e umorale, colpi di genio e vuoti improvvisi, a immagine e somiglianza della sua guida. Gli allenatori contano, incidono, influenzano, e quest’Italia è profondamente spallettiana. I ct scelgono, dalle formazioni alle convocazioni, e anche a Dortmund qualche mossa di partenza non ha convinto. Poi, certo, c’è il contesto generale: materiale umano, momenti di forma, infortuni. La sensazione è che l’ultima stagione abbia cambiato qualcosa. Abbiamo trovato i gol di Kean e Retegui, ma stiamo perdendo colpi in difesa. La vecchia storia della coperta troppo corta: l’allunghi da una parte e ti scopri dall’altra. Con una variabile decisiva: il portiere. Donnarumma è sintonizzato sulle onde di Spalletti: decisivo nel trascinare il Psg ai quarti di Champions nella lotteria dei rigori contro il Liverpool, balbettante in azzurro, fino allo svarione di Dortmund.

La nazionale va, parafrasando Federico Fellini, ma in questo momento è davvero difficile prevedere dove arriverà: può compiere il giro del mondo o affondare alla prima burrasca. Il carattere mostrato nel secondo tempo contro la Germania è un inno alla speranza, ma il perseverare diabolico nel commettere sempre gli stessi errori – i gol incassati sui calci piazzati su tutti -, le false partenze e le amnesie improvvise legittimano dubbi e perplessità.

La certezza è che il nostro calcio non può permettersi di saltare il terzo mondiale di fila. Salterebbe definitivamente il banco di un sistema profondamente indebitato, con gravi problemi strutturali – leggi la parola stadi – e le famose riforme sventolate durante le campagne elettorali, ma mai realizzate. Vicende, queste, che non sfiorano Haaland. Il centravanti del Manchester City è pronto ad accoglierci con un sorriso diabolico, insieme a un altro attaccante rispettabile come Sorloth (Atletico Madrid) e a un giocatore di qualità come Martin Odegaard. La Norvegia non è la Spagna, ma può farci male, soprattutto se i demoni che accompagnano l’Italia e Spalletti scenderanno in campo a Oslo.

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