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Acconti Irpef calcolati con le vecchie aliquote, il governo fa marcia indietro. Il Mef: “Interverremo”

Via XX Settembre fa sapere che sarà consentita l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto. "L’intervento sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento"
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Il responsabile economico di Fratelli d’Italia Marco Osnato aveva sminuito il problema, sostenendo che riguarda “solo i lavoratori dipendenti che sono titolari di altri redditi” (non è così) e che il disallineamento “è temporaneo”. Ma il pasticcio degli acconti Irpef di chi presenta la dichiarazione dei redditi calcolati con le vecchie quattro aliquote invece che con il nuovo sistema che accorpa i primi due scaglioni – obbligando di fatto lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi soggetti all’Irpef a concedere un prestito forzoso senza interessi allo Stato – non poteva chiudersi così. Martedì pomeriggio il ministero dell’Economia è stato costretto a intervenire per annunciare che il governo “interverrà in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto”. In pratica si ammette lo scivolone e si corre ai ripari.

Ad anticipare la decisione era stato il leghista Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive della Camera, che parlando a Restart su Rai 3 aveva parlato di “un evidente refuso determinato da un mancato coordinamento tra vecchie e nuove norme” e assicurato un intervento per “sistemare con tempestività la questione degli acconti in modo che vengano effettuati basandosi sul nuovo sistema a tre aliquote”.

Il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti conferma, pur sottolineando che “l’incongruenza evidenziata dai CAF deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati in una prima fase modificati in via temporanea, per un solo periodo d’imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025″. Il che non spiega perché la norma sugli acconti inserita nel decreto legislativo 216/2023, quello con cui sono state originariamente riordinate le aliquote, sia rimasta in vigore nonostante l’accorpamento delle prime due aliquote sia poi stato reso strutturale.

Subito dopo la nota di via XX Settembre fa presente che “con la disposizione in questione si intendeva sterilizzare gli effetti delle modifiche alla disciplina Irpef soltanto in relazione agli acconti dovuti dai soggetti la cui dichiarazione dei redditi evidenziava una differenza a debito di Irpef, in quanto percettori di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto”, e non mirava a colpire i contribuenti che, “come la maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati, in mancanza di altri redditi, non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi”. Il che non esclude però che sia penalizzato chi la presenta perché vuol godere delle detrazioni previste per esempio a fronte di interessi sui mutui o spese sanitarie.

Il ministero poi fornisce l’interpretazione autentica della norma: “La disposizione di cui all’articolo 1, comma 4, del d.lgs. 216/2023 va interpretata nel senso che l’acconto per l’anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a euro 51,65 la differenza tra l’imposta relativa all’anno 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d’imposta 2024”. In ogni caso, “in considerazione dei dubbi interpretativi posti, e al fine di salvaguardare tutti i contribuenti interessati, il governo interverrà anche in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto. L’intervento sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento”.

“Siamo soddisfatti di aver difeso le persone che rappresentiamo, inducendo il Governo a rivedere una norma profondamente ingiusta”, commentano il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari e la presidentessa del Consorzio nazionale Caaf Cgil Monica Iviglia. “La questione sollevata dalla Cgil e dal Consorzio nazionale Caaf Cgil era più che fondata. Se alle parole seguiranno i fatti, e si interverrà per consentire l’applicazione delle tre aliquote 2025 per la determinazione dell’acconto Irpef, i salari e le pensioni di milioni di cittadine e cittadini, già pesantemente colpiti dall’alta inflazione cumulata in questi anni, non subiranno ulteriori riduzioni”.

Intanto mercoledì il Partito democratico, al question time in commissione finanze della Camera, presenterà come preannunciato da Maria Cecilia Guerra un’interrogazione al ministero dell’Economia per sapere a quanto ammonta nei due anni il “prestito senza interessi” chiesto ai contribuenti, “quanti e quali sono sono i contribuenti interessati e in che modo si è tenuto conto di questi effetti di cassa nel Bilancio dello Stato”.

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