Un appartamento “piccolo e lindo”, in un caseggiato popolare milanese. Qui vive Giuseppina (Pina) Auriemma, 79 anni, condannata a 19 anni e 6 mesi di carcere (ne ha scontati 13) come complice di Patrizia Reggiani e sua intermediaria con i responsabili dell’omicidio di Maurizio Gucci, avvenuto nel 1995. A quasi trent’anni dal delitto che sconvolse l’Italia, la “maga” (come venne definita all’epoca) rompe il silenzio e racconta la sua verità al Giorno. “Non sono una ‘maga’”, esordisce la Auriemma. “Non ho mai creduto a queste cose, non ho mai sfogliato una carta. Patrizia sì che aveva la passione. Arrivava a Santo Domingo, neanche il tempo di posare la valigia e chiedeva dove facevano le carte. Qualche volta l’ho accompagnata da una cartomante“.
Un’amicizia, quella tra Pina Auriemma e Patrizia Reggiani, nata cinquant’anni fa in un grande albergo di Ischia, e durata vent’anni: “Eravamo lì per le terme, ci ha presentato una comune amica. È stata una grande amicizia, anche se io abitavo a Portici e lei a Milano. Ci vedevamo a Ischia, a Capri. Abbiamo fatto anche delle belle vacanze, ne ricordo una in Grecia”. Auriemma prosegue: “Avevo capito che aveva vissuto un’infanzia molto difficile. Le sono stata molto vicina quando è finito il suo matrimonio”. Ma come si è arrivati, da un’amicizia così profonda, al coinvolgimento in un omicidio? “Patrizia chiedeva a tutti, anche ai negozianti, per avere un killer che uccidesse il marito“, racconta la Auriemma. “Siccome sono di Napoli, di Portici per essere precisi, pensava che avessi qualcuno nella camorra. Io conoscevo Ivano Savioni, che faceva il portiere in un piccolo albergo in via Lulli, a Milano. Ero la zia della migliore amica di sua moglie. Ne ho parlato con lui: ‘Senti, se la signora vi dà un po’ di soldi come anticipo, prendeteli. E che si tolga questo pensiero dalla testa’. Così, giusto per tenere buona Patrizia”.
“Queste persone non erano delinquenti, non avevano mai sparato“, continua la Auriemma. “Savioni era incapace di un’azione del genere. Cicala l’ho visto due volte, un signore già un po’ anziano appassionato di gioco al casinò. Ceraulo non l’ho mai conosciuto. Gente che non avrebbe mai concluso niente, pensavo”. Ma le cose, purtroppo, andarono diversamente: “Patrizia si è messa d’accordo con loro. Ho saputo che Maurizio era stato ucciso dalla radio alle nove del mattino, in un albergo di Porta Venezia. Sono stata male”. E qui, il rimorso: “Sono pentita di non avere capito niente. Ho sbagliato. Avrei dovuto avvertire Maurizio, ma come potevo pensare che sarebbe andata a finire così? È stato un tormento. Mi fermavo in continuazione davanti alla caserma dei carabinieri per denunciare e autodenunciarmi. Poi pensavo alle due bambine di Patrizia, alle famiglie degli altri, e mi bloccavo”.
L’arresto, per la Auriemma, fu quasi una liberazione: “Finalmente. È arrivata la condanna. Avevo cinquant’anni e la mia vita era finita”. E sul movente dell’omicidio, la Auriemma ha una sua teoria: “Credo [che l’astio di Patrizia Reggiani nascesse] dal timore che Maurizio potesse avere un figlio dalla nuova compagna e che questo avrebbe rappresentato una perdita di parte dell’eredità per le figlie nate dal loro matrimonio”.
Oggi, a distanza di anni, Pina Auriemma non ha più avuto contatti con Patrizia Reggiani: “Nessuno. E non ne voglio. So dove abita e cerco di non andare in quella zona. Siamo state a San Vittore per tredici anni e per due abbiamo avuto il divieto di incontro. […] Patrizia entrava, ci scambiavamo un ‘buongiorno’, mi chiedeva un libro o diceva quale film le sarebbe piaciuto vedere”. E se dovesse incontrarla? “Fingerei di non conoscerla. Non abbiamo niente da dirci. Non provo nessun rancore nei suoi confronti. Mi è solo indifferente. Continuo a essere turbata per questa terribile esperienza”.