I democratici Usa allo sbando cercano un leader. Midterm in salita, ma c’è una chance subito

Poco più di 60 giorni di Donald Trump alla Casa Bianca e oltre 120 giorni dalla batosta elettorale del 5 novembre: i democratici sono ancora sotto shock e non riescono a organizzare un fronte d’opposizione ai cicloni congiunti del magnate presidente e di Elon Musk. I democratici non hanno un leader e non hanno una linea. I sondaggi danno risultati imbarazzanti: la loro figura più popolare resta il vecchio senatore Bernie Sanders, 83 anni, più anziano di Biden, oltre che di Trump, esponente della sinistra; e la favorita per la nomination 2028 è Kamala Harris (ma solo perché nessun altro potenziale candidato ha visibilità nazionale).
I nomi per il 2028 fra i democratici e i repubblicani
Il Washington Post stila una lista di 12 aspiranti alla nomination democratica 2028: sul podio, due governatori già citati come vice di Harris. Josh Shapiro (Pennsylvania) e Gretchen Whitmer (Michigan), e Pete Buttigieg, già candidato alla nomination nel 2020 e poi ministro dei Trasporti nell’Amministrazione Biden, Al 4o posto, c’è Harris; al 12o, il suo vice, l’impalpabile Tim Walz, governatore del Minnesota. Il resto sono governatori noti, per il momento, solo nel loro Stato – fa eccezione Gavin Newsom della California – e senatori non particolarmente popolari.
Non che, in proiezione 2028, i repubblicani stiano molto meglio. Ma hanno nomi più conosciuti: c’è il vice di Trump JD Vance; c’è, in chiave ‘dinastia’, il figlio primogenito del presidente Donald jr; e c’è, in chiave anti-Trump, il governatore della Georgia Bryan Kemp. Poi personaggi usciti malconci dalla campagna 2024: Ron DeSantis, il governatore della Florida; Nikky Haley, l’ex governatrice della South Carolina; l’imprenditore Vivek Ramaswami, che s’è sottratto all’ultimo momento dall’abbraccio probabilmente per lui mortale di Musk e del Doge, il Dipartimento per l’efficienza dell’Amministrazione pubblica. Nessuno di questi, e neppure il segretario di Stato Marco Rubio, appare un vincente; ma almeno la gente un po’ li conosce.
Midterm in salita per i democratici, ma c’è una chance subito
C’è tempo, di qui al 2028. Ma le cose si stanno mettendo male per i democratici anche verso il voto di midterm, il 3 novembre 2026: alcuni loro senatori e deputati non intendono ripresentarsi, rendendo i loro seggi contendibili. Fra i ritiri già annunciati, quelli delle senatrici Jeanne Shaheen, New Hampshire, e Tina Smith, Minnesota, e del senatore Gary Peters, Michigan.
Anche fra i repubblicani, ci saranno ritiri eccellenti. Su tutti, quello del senatore Mitch McConnell del Kentucky, 83 anni come Sanders, senatore dal 1985, capo-gruppo al Senato per 18 anni – mai nessuno così a lungo – e capace, a fine corsa, di qualche gesto dimostrativo di ribellione a Trump, tipo votare contro ad alcuni dei più impresentabili del suoi nuovi ministri.
Con queste premesse, la riconquista della maggioranza al Senato, dove i repubblicani sono 53 contro 47 democratici, appare molto problematica. Maggiori chance ci sono, invece, alla Camera, dove i repubblicani hanno una maggioranza risicatissima – sono 218 su 435 – e dove un ribaltone è teoricamente possibile anche prima del midterm. Ci sono, infatti, quattro seggi vacanti e diventeranno cinque: due deputati democratici sono deceduti, uno del Texas e uno dell’Arizona; e due repubblicani della Florida si sono dimessi, Matt Gaetz – era il segretario alla Giustizia designato – per non essere espulso per comportamenti non etici e Michael Walz perché è divenuto consigliere per la Sicurezza nazionale. Dovrà dimettersi pure Elise Stefanik, deputata di New York, appena sarà confermata dal Senato rappresentante degli Usa all’Onu.
Vincendo tutte le prossime elezioni suppletive, i democratici rovescerebbero subito la situazione e metterebbero una zeppa all’azione legislativa dell’Amministrazione Trump. E’ un risultato difficile, soprattutto per i seggi in Florida, ma lo scontento per le scelte del duo Trump-Musk è notevole, tanto che lo speaker della Camera Mike Johnson ha invitato i suoi colleghi ad evitare gli incontri con gli elettori quando tornano nei collegi. Le cronache locali riferiscono di dibattiti accesi: mugugnano i trumpiani ‘puri e duri’, perché i prezzi non vanno giù e i dazi alimentano incertezze; protestano i moderati, per lo strapotere di Musk sui tagli alla spesa e al personale federale e l’espansione dei poteri dell’esecutivo contro la Costituzione e la legge.
Democratici: linea e leadership cercansi
Ci sono, anzi ci sarebbero, le condizioni per fare un’opposizione valida. Ma mancano gli uomini e le idee. Il capogruppo dei senatori democratici Chuck Schumer, di New York, s’è giocato una fetta della sua credibilità facendo passare la legge che ha evitato lo shutdown, cioè una parziale serrata dei servizi pubblici: una scelta politicamente comprensibile, ma contestata dal gruppo e criticata dagli elettori, che vedono male forme di ‘collaborazionismo’ con il Trump 2.
Sanders è il punto di riferimento della resistenza anti-trumpiana, ma non è un potenziale candidato per il 2028. La pasionaria di New York Alexandria Ocasio-Cortez, 35 anni, avrà nel 2028 l’età per candidarsi, ma deve riuscire ad allargare la sua base e punta a collegare l’area progressista e anti-establishment con i liberal delusi dall’apparato democratico.
Fra i democratici più tradizionali, legati a sindacati e lavoratori, emerge la voce di Chris Murphy, 51 anni, senatore del Connecticut, che lascia da parte le cautele politiche, cerca di organizzare proteste e denunce ed è protagonista di un’opposizione senza compromessi a Trump. Murphy, senatore dal 2013, prima deputato dal 2007, è esperto ed è combattivo; deve ancora dimostrare carisma e capacità di coagulare consensi, nel partito e fra gli elettori.