Non soltanto retribuzioni più alte, rispetto a un Paese, l’Italia, dove i salari reali (cioè tenendo conto della perdita di potere d’acquisto per l’inflazione, ndr) sono inferiori di 8,7 punti rispetto al 2008, dato peggiore tra i membri del G20. I ricercatori italiani e i giovani (laureati, ma non solo) continuano a emigrare all’estero perché trovano anche “un sistema meritocratico, più aperto, dove si può crescere in maniera libera. Ma anche stabilizzazioni e garanzie di welfare, compresi i servizi per la genitorialità”. A spiegarlo Alessandro Foti, ricercatore e autore di “Stai fuori! Come il Belpaese spinge i giovani ad andare via (Dedalo edizioni)“, presentando il suo libro alla Camera dei deputati, con la deputata di Azione Giulia Pastorella, l’analista geopolitica di Limes Agnese Rossi e Daniele Cecchetti, in rappresentanza della lotta dei “Precari Uniti del Cnr 2.0“. Precari ancora in attesa delle stabilizzazioni, nonostante i fondi (seppur non sufficienti a coprire tutta la platea) inseriti nell’ultima legge di bilancio, grazie a un emendamento di Pd, M5s e Avs.
Foti ricorda come, in base ai calcoli dell’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero) in poco più di dieci anni, dal 2011 al 2022, si siano cancellati 1,3 milioni di italiani: un esodo che non si vedeva dall’inizio degli anni ’70. Eppure, “i media generalisti, tra le strumentalizzazioni della politica, ci hanno raccontato invece di una presunta invasione di immigrati”. I dati però dicono altro: “Tra il 2018 e il 2021 sono arrivati a Lampedusa circa 130mila immigrati. Ma nello stesso periodo hanno lasciato il nostro Paese mezzo milione di italiani“. E ancora: “Non si dovrebbe quindi parlare di invasione, semmai di evasione. Certo, questa speculazione politica porta molti voti, mentre l’emigrazione italiana giovanile non è un tema che attrae consenso e interesse politico”.
Accanto a Foti, i precari del Cnr hanno rilanciato la loro battaglia: “Ci era stato detto che i soldi non c’erano, abbiamo trovato parte dei soldi, cosa aspettano a stabilizzarci? Non sappiamo cosa succederà, mentre i precari restano senza lavoro, perché i contratti scadono“. E la stessa ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini resta in silenzio, rispetto alla richiesta di garanzie e ulteriori risorse: “Di fatto, non risponde. Si trincera dietro la necessità di sapere prima quale sia il numero effettivo di tutta la platea dei precari. Ci sono solo stime, dato che il Cnr non si è nemmeno preoccupato di conoscere questo numero”.
“C’è molta poca attenzione sul mondo della ricerca da ogni governo, mancano fondi, viene ignorato. Manca una visione di lungo periodo”, conclude Foti.