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Effetto dazi in borsa. Stellantis giù di oltre il 4%, GM del 7%. E Ferrari alza i prezzi del 10%

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L’annuncio di dazi del 25% sulle auto importate negli Stati Uniti pesa sui titoli dei produttori. Sia europei, come facilmente intuibile, sia statunitensi, un po’ meno intuitivo. A Milano le azioni Stellantis hanno chiuso in calo del 4,2%, portando la perdita da inizio 2025 al 13,2%. Sulla borsa di Francoforte, Mercedes è arretrata del 2,7%, Volkswagen dell’1,5%, Bmw del 2,5% e Porsche del 2,6%. Soffrono anche fornitori di componentistica come Continental (- 2,4%). A Parigi Renault, meno esposta verso il mercato americano, ha guadagnato lo 0,5%.

A Wall Street, General Motors affonda del 7,3%, mentre Ford perde il 3,9%. Entrambi i big statunitensi hanno filiere produttive e fornitori di componentistica in Canada e Messico, paesi che verrebbero colpiti dalle tariffe di Trump. Soprattutto GM che costruisce all’estero il 40% delle auto che vende negli Usa.

Sono invece in positivo le azioni di Tesla (+ 0,4%). Secondo gli analisti la casa di Elon Musk è uno fra i “vincitori” nella guerra commerciale grazie ai suoi impianti in California e in Texas e al fatto che il 60-75% dei componenti che utilizza sono prodotti negli Stati Uniti. Musk ha però avvisato che le tariffe avranno un impatto “significativo” sui costi di produzione delle Tesla.

Le tariffe presenteranno invece il costo più salato per Hyundai, General Motors e Volkswagen. Su Ford i dazi avranno invece un impatto più limitato rispetto alle rivali visto che l’80% delle sue auto sono prodotte negli Stati Uniti. Questo ragionamento, tuttavia, non tiene conto delle misure ritorsive che potrebbero essere adottate dagli altri paesi che avrebbero l’effetto di rendere ancora più frammentato e difficile il mercato globale, anche per i marchi statunitensi.

Ferrari ha annunciato che, a causa dei dazi, alzerà i prezzi americani di alcune delle sue auto sportive del 10%. L’anno scorso la casa di Maranello ha venduto negli Usa 3.452 vetture, il 6% in più del 2023, con pressi che vanno dai 250mila ai 3,5 milioni di dollari. La revisione dei listini difficilmente scoraggerà clienti così facoltosi ma la mossa di Ferrari è un’avvisaglia di ciò che verosimilmente faranno anche altri produttori.

Dal Messico arrivano ogni anno negli Usa quasi 3 milioni di vetture, per un controvalore di 78 miliardi di dollari. La tariffa del 25% frutterebbe (a volumi invariati, cosa improbabile) 19,5 miliardi di dollari. Il secondo esportatore di auto verso gli Stati Uniti è il Giappone (1,3 milioni di macchine, 40 miliardi di valor), davanti a Corea del Sud (1,5 milioni per 36,6 miliardi), Canada (1 milione di macchine, 31 miliardi di valore) e Germania (446mila auto, 25 miliardi). In questo clima di profonda incertezza, prosegue la corsa dell’asset rifugio per antonomasia, ovvero l’oro che stamane ha raggiunto i 3.055 dollari l’oncia.

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