Il governo introduce in silenzio limiti ai Pfas nelle acque potabili: la rivelazione di Greenpeace. “Ma testo migliorabile”

Dopo gli scandali, i processi e le inchieste sugli ‘inquinanti eterni’, arriva in Parlamento un decreto legislativo che riduce i limiti per la presenza nelle acque potabili di Pfas, i composti poli e perfluoroalchilici altrimenti noti come ‘inquinanti eterni’. Il decreto legislativo 260, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 13 marzo e trasmesso al Senato, dovrà passare al vaglio delle Commissioni parlamentari competenti. A diffondere la notizia non è una fonte istituzionale, ma Greenpeace. Eppure il testo introduce una novità significativa: un nuovo valore limite di 20 nanogrammi per litro per la “Somma di 4 Pfas”, ovvero per quattro molecole di cui è già nota la pericolosità per la salute umana e già incluse nel parere Efsa del 2020, ossia PFOA e PFOS, rispettivamente cancerogeno e possibilmente cancerogeno, PFNA e PFHxS. Il decreto punta a introdurre limiti anche per il TFA (acido trifluoroacetico), la molecola della classe dei Pfas più abbondante sul pianeta e finora non sottoposta a restrizioni.
Ma la mozione di maggioranza resta al palo
“Il governo Meloni prende finalmente atto che in Italia esiste un problema Pfas di enorme portata che necessita di interventi normativi urgenti e non più rinviabili”, è il commento di Greenpeace che, però, sottolinea l’incoerenza con la mozione della maggioranza sui Pfas, approvata in queste ore. Più ‘blanda’ rispetto alle tre discusse in Parlamento e presentate da Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra e Pd/Idp. Per Greenpeace la mozione, appena approvata alla Camera, include “indirizzi vaghi e poco ambiziosi”. Tanto che non si è riusciti ad arrivare a una mozione unitaria, come confermano le parole – dure – della deputata Ilaria Fontana, vicecapogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera. “Il M5s non si siederà al tavolo che la maggioranza ha convocato per giungere a una mozione unitaria sui Pfas. È un’iniziativa farsa – ha dichiarato la parlamentare – oltretutto proposta con tempistiche sospette, visto che nella stessa giornata in aula si discuteranno le mozioni sul tema, tra cui quella a mia prima firma. Non ci siederemo a questo tavolo dell’ipocrisia, fosse anche solo per il rispetto che abbiamo nei confronti delle persone che si sono ammalate e continuano ad ammalarsi per colpa di questi inquinanti pericolosissimi”.
Limiti uguali alla Germania
Nel frattempo, è arrivato in Parlamento il decreto legislativo che contiene disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo del 23 febbraio 2023, in attuazione della direttiva sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. E introdurrebbe il valore limite di 20 nanogrammi al litro per la Somma di 4 Pfas, uguale a quello introdotto in Germania, anche se lontano da valori più cautelativi introdotti da altri Paesi come la Danimarca (2 nanogrammi per litro) o la Svezia (4 nanogrammi per litro). Il provvedimento dell’esecutivo introduce, inoltre, il monitoraggio di altre sostanze della classe dei Pfas, le cosiddette molecole ADV prodotte in Italia dall’ex Solvay di Alessandria, oggi Syensqo, e un valore limite per il TFA pari a 10 microgrammi per litro (equivalenti a 10mila nanogrammi per litro). Nei mesi scorsi Greenpeace aveva rilevato per la prima volta la presenza diffusa di questo composto non regolamentato nelle acque potabili italiane, nell’ambito dell’indagine ‘Acque senza veleni”, mostrando una contaminazione diffusa nelle acque di tutte le regioni.
Greenpeace: “Importante, ma il testo migliorabile”
“Da anni lavoriamo nell’interesse della collettività affinché la politica affronti seriamente questo problema che tocca ognuno di noi, indipendentemente dall’area di residenza. Il decreto – spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace – è una presa di coscienza importante della maggioranza di governo, anche se necessita di ulteriori correttivi e miglioramenti per proteggere in modo ancora più efficace la salute umana e tutelare un bene comune come l’acqua pubblica”. Secondo l’ong l’obiettivo è trovare un accordo trasversale tra le forze politiche per ridurre ulteriormente i limiti consentiti avvicinandoli “all’unica soglia sicura, lo zero tecnico”. Il testo, va sottolineato, riguarda solo le acque potabili. “Un intervento necessario ma non sufficiente”, aggiunge Ungherese, secondo cui “solo quando queste sostanze non potranno più essere usate e prodotte potremo finalmente provare a immaginare un futuro senza Pfas”. Ma non sembra avere urgenza, su questo fronte l’Unione europea. Proprio in questi giorni, infatti, la commissaria Ue per l’Ambiente, Jessika Roswall, ha confermato che per la stretta annunciata da Bruxelles sui Pfas bisognerà attendere almeno il 2026.