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Adolescence, ovvero il promemoria di ciò che dobbiamo dimenticare

Adolescence non ci aprirà gli occhi, al massimo la bocca in una vocale di sgomento, ma non sposterà di un millimetro il nostro ego di adulti
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Visto, bello, quindi?
Adolescence è quello che mancava, la necessità di affrontare un argomento scomodissimo per ricordarci che dobbiamo trovare al più presto la prossima serie, purché fatta bene, cambiando argomento.

Di questa miniserie si parla tanto, ma più del contenuto fa notizia la serie, il piano sequenza, quanto è bravo il ragazzino e il suo prossimo film. Noi adulti genitori siamo fatti così: dobbiamo rimuovere ed è quello che faremo. Specie se si tratta dei nostri figli.

Reazioni straziate, occhi sbarrati, esclamazioni emotive di fronte al giovane 13enne, alla ragazzina ammazzata e ai genitori che non si danno pace. Inorridiamo, schiantati da un’indignazione a tempo e da una competenza educativa di lungo corso (quella per esempio di postare le foto dei nostri figli). Ci voleva una miniserie televisiva per dirci che l’acqua calda è calda e che siamo genitori a nostra insaputa. Un complotto.

Adolescence non ci aprirà gli occhi, al massimo la bocca in una vocale di sgomento, ma non sposterà di un millimetro il nostro ego di adulti che preferiscono dare la colpa alla trap anziché conoscerla. La materia prima è il tempo, educare richiede tempo, parlare e ascoltare richiedono tempo e tutto questo vorrebbe dire rallentare e in questo tempo non vedremmo un film ben fatto, ma il piano sequenza della nostra vita di educatori che hanno esaurito il loro dovere all’atto del concepimento.

Ecco perché Adolescence fa notizia, perché ci ricorda quello che dobbiamo dimenticare: che il cattivo esempio siamo noi. E allora buona visione, che con i figli è più importante apparire (sullo schermo) che esserci.

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