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Casa nostra dopo cinque alluvioni ci fa paura: per noi la soluzione non è ricostruire, ma fuggire

Ricostruire dovrebbe essere la prima cosa, ma che senso ha quando sai già che alla prossima allerta la tua casa sarà di nuovo allagata?
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di Gianluca Ierpi

Vorrei denunciare la nostra situazione che va ben oltre la sopportazione umana e che stiamo tuttora vivendo a Riolo Terme, Ravenna, in Via Fornace 5. Purtroppo ci sentiamo soli e lasciati al nostro destino, come se il grido che esce dalle nostre bocche restasse inascoltato o considerato senza importanza e come se il fango, ormai nostro compagno ogni giorno e ogni minuto della nostra vita, fosse diventato ormai normalità.

Con quella del 18 settembre 24 abbiamo subito cinque alluvioni, una nel 2014, tre nel 2023 (due a maggio e una a novembre) e l’ultima il 18 settembre appunto. In altre sei occasioni il torrente Senio non è entrato in casa per pochi centimetri. Undici eventi alluvionali in sedici anni non sono un caso. A maggio 23, novembre 23 e settembre 24 i problemi idrogeologici di questa zona sono emersi nella loro gravità, ma qui in via Fornace 5 la situazione era ed è critica già da anni.

Diverse concause concorrono a rendere questa zona pericolosa per la civile abitazione, ma la principale è che questa area è da considerarsi una zona alluvionale che il Torrente Senio in piena invade arrivando fino alla nostra casa. Per noi il problema non è se e quando ricostruiremo, ma quanto tempo passerà da oggi alla prossima alluvione. Questa area dovrebbe essere delocalizzata o, al limite, bisognerebbe delocalizzare le abitazioni al piano terra che sono esposte maggiormente al pericolo di future alluvioni. L’unico proprietario qui è il fiume che reclama il suo territorio.

Bisognerebbe prendere decisioni fuori dagli schemi, innovative, che mettano al primo posto la sicurezza dei cittadini e sviluppino mappe che ridisegnino la gestione del territorio martoriato da piani regolatori che se ne infischiano della sicurezza. È evidente che una zona ritenuta “sicura” o resa abitabile con “superficialità” alcuni anni fa si sta rivelando in tutta la sua pericolosità tanto da mettere a repentaglio l’incolumità dei cittadini.

Non è dignitoso far vivere dei cittadini nel degrado e nella paura. Questa non è vita. Quando piove, il nostro massimo problema dovrebbe essere se prendere o meno l’ombrello, non preoccuparsi se ti verranno a prendere i pompieri con il gommone e mettere nel conto di perdere tutto per l’ennesima volta.

Ricostruire dovrebbe essere la prima cosa, ma che senso ha quando sai già che alla prossima allerta la tua casa sarà di nuovo allagata? I fantomatici Piani Speciali di cui si favoleggia rischiano di partire già vecchi perché basati su studi di bacino mai aggiornati da decenni, ed è evidente che in questi anni molte cose siano cambiate sul territorio e che certi criteri debbano essere rivisti proprio a causa dei cambiamenti climatici con i quali dovremo sempre più fare i conti.

Chiudere gli occhi e non voler vedere la realtà – perché chi dovrebbe decidere le delocalizzazioni si dimostra miope di fronte a un territorio che cambia anche e soprattutto per colpa dell’uomo continuando a far vivere delle famiglie nel pericolo – è quantomeno aberrante. Secondo voi dovremmo essere condannati ad essere alluvionati a vita perché uno studio di bacino vecchio e obsoleto o il tentativo di nascondere certe scelte folli prese in passato renderanno tutto quello che abbiamo subito invisibile? Ricostruire e tornare in quella casa non è pensabile. Ad oggi nessuno è in grado di darci certezze sul nostro futuro, con quale coraggio dovremmo ricostruire? Vi sembra troppo se, dopo tutto quello che abbiamo subito e perso, chiediamo chiarezza ma, soprattutto, chiediamo di poter ricominciare la nostra vita altrove?

Siamo stati colpiti nel bene che più di ogni altro rappresenta la sicurezza, la tranquillità e l’intimità, la casa, oggi per noi questa parola è il simbolo della paura, del degrado e del nostro fallimento. Non abbiamo più una vita nostra e questo ‘buco” nell’anima rimarrà per tutta la vita. Per noi la soluzione non è ricostruire ma fuggire da una casa che ormai sentiamo ostile. A casa nostra non esiste futuro, esiste disperazione, rassegnazione e degrado.

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