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Il giorno del giudizio per Marine Le Pen, se condannata rischia 5 anni e la non eleggibilità

La patronne del Rassemblement National (RN) - imputata per “appropriazione indebita di fondi europei” - stenta tranquillità affermando di "non credere che i giudici arriveranno a tanto" perché sarebbe "antidemocratico"
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A sei mesi dall’inizio per Marine Le Pen è già tempo di aspettare la sentenza nell’ambito del processo “appropriazione indebita di fondi europei”. La patronne del Rassemblement National (RN) – che era stata indagata nel 2017 – rischia infatti la condanna nel processo per lo scandalo degli assistenti degli eurodeputati del partito. L’accusa ha chiesto 5 anni di cui 3 con la condizionale e l’ineleggibilità con effetto immediato, senza attendere i successivi gradi di giudizio.

La leader dell’estrema destra francese, 56 anni, aveva parlato, al termine dell’udienza, di “violenze” ed “esagerazione” di tali richieste. “Penso che il desiderio dell’accusa sia quello di privare i francesi della possibilità di votare per chi vogliono” e di “rovinare il partito”. Le Pen non nasconde le sue ambizioni di correre anche nel 2027 e ostenta tranquillità affermando di “non credere che i giudici arriveranno a tanto” perché sarebbe “antidemocratico”. Ma nei ranghi del partito c’è tensione, il grande progetto di riuscire ad arrivare all’Eliseo al quarto tentativo rischia di sfumare.

L’inchiesta a carico del partito era stata aperta nel 2015, quando è stata scoperta un’enorme frode ai danni del Parlamento di Strasburgo: tra il 2004 e il 2016, i responsabili del FN prima e del RN poi avrebbero usato i fondi europei per assumere e pagare assistenti che in realtà lavoravano per il partito a Parigi su dossier non legati a Strasburgo o Bruxelles. Si parla di quasi 7 milioni di euro. Le Pen è accusata di aver partecipato ad un vero e proprio “sistema strutturato e centralizzato”, portato avanti dai “successivi dirigenti del partito”, all’epoca sommerso dai debiti.

Il processo sugli assistenti dei deputati del Rn a Strasburgo è durato due mesi in autunno e la sentenza, che sarà annunciata lunedì, rischia di cambiare per sempre la carriera politica della leader figlia del fondatore del Front National, Jean-Marie Le Pen, scomparso a 96 anni lo scorso gennaio. L’atteggiamento che ha scelto in queste settimane per abbassare la tensione è quello dell’ostentazione di serenità: “Non ci penso affatto – ha dichiarato qualche giorno fa a Le Figaro – la paura non fa superare il pericolo”. All’edizione domenicale de La Tribune, ha detto che “personalmente” non è in fibrillazione, ma aggiunge che “si può esserlo: con l’esecuzione provvisoria dell’ineleggibilità, i giudici hanno un diritto di vita o di morte sul nostro movimento. Non credo che arriveranno fino a questo punto. Se mi sarà impedito di presentarmi – ha detto ai media in questi giorni – decretando l’impossibilità in realtà che il mio appello alla sentenza possa avere influenza sulla decisione presa, sarebbe incontestabilmente una decisione profondamente antidemocratica”. Stando ad un sondaggio di ieri, se le presidenziali si svolgessero in questo periodo, Le Pen arriverebbe in testa al primo turno con il 34-37% delle preferenze, secondo l’avversario che avrebbe di fronte.

Nel partito regna comunque incertezza su quello che sarebbe il “piano B” nel caso di ineleggibilità della leader, e come questa nuova strategia verrebbe annunciata. Intanto, il favorito a occupare la casella della candidata designata nella corsa all’Eliseo – Jordan Bardella, giovane presidente RN – non si è finora mai palesato al fianco della Le Pen nell’aula di tribunale e non si sa neppure se lo farà lunedì. L’imputata ha già annunciato che, in qualsiasi caso, se sarà condannata farà appello. Un annuncio che ha seminato interrogativi nel suo entourage anche sull’opportunità di avviarsi ad un secondo processo pure nel caso che non sia pronunciata la sua ineleggibilità o che tale ineleggibilità sia soltanto di due anni e le consenta quindi di candidarsi all’Eliseo nel 2027. Ma non fare appello, equivarrebbe ad ammettere la propria colpevolezza. La soluzione ideale, secondo i fedelissimi, sarebbe un’ipotetica sentenza di secondo grado più clemente di quella di domani, che le consenta di schierarsi come candidata presidente. Ma la sentenza di questo processo dovrebbe arrivare prima della scadenza elettorale. Del piano B “come Bardella” – la battuta circola sottovoce – nessuno osa parlare ufficialmente. Nel silenzio, restano i sondaggi: secondo il 60% dei francesi sarà Bardella il candidato presidente per il RN fra due anni. Anzi, il 43% “si augura” che sia così. Contro il 42% che resta fedele alla candidatura della leader.

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