Orbán con Netanyahu sembra cercare l’incidente: i mandati d’arresto non valgono nulla

Viktor Orbán è a tutto gli effetti il beta tester dell’euro-sovranismo: dove certe sparate erano un tempo roba da gruppetti della destra radicale sul web, in Ungheria diventano per prime politiche di governo: niente migranti, niente sinistra, separazione dei poteri virtuale, regole Ue ridicolizzate. Tanto Bruxelles non ha né i mezzi né la voglia di reagire e oggi, il governo ungherese, che un tempo poteva sembrare 4 chan (l’alt-right virtuale agli albori) che prende vita, è oggi parte della destra normalizzata in Europa.
Negli anni, Budapest è diventato un destabilizzatore di prima categoria, ben oltre il suo peso economico o politico. Dopo aver dimostrato che l’“opzione nucleare” dell’articolo 7 Ue è una barzelletta e che la solidarietà europea è una fissa woke, Orbán ora alza la posta: salvo cambi dell’ultima ora, da mercoledì ospiterà in visita il premier israeliano Netanyahu e ha annunciato di non pensare neppure, di eseguire il mandato d’arresto della Corte dell’Aia, come lo Statuto di Roma prescriverebbe.
Anzi, come con le infrazioni Ue, sembra voler forzare l’incidente: l’Europa è un bancomat, la giustizia internazionale non esiste, e l’Ungheria è qui per dimostrare che i mandati della CPI valgono quanto i soldi del Monopoli.
Ma il problema è proprio questo: abbiamo avuto con Ilaria Salis un assaggio di come funzionano le cose a Budapest. Ora, però, Orban punta molto in alto e si sta offrendo volontario per creare il precedente e togliere dall’imbarazzo tutti quei paesi che dovrebbero arrestare Netanyahu ma per ora hanno scelto il silenzio sul tema.
L’Ue finanzia, sostiene e ha sempre dato grande supporto operativo alla Corte Penale, per questo motivo sarebbe auspicabile chiarezza sul punto: l’Ungheria vuole attivamente detonare le fondamenta dell’ICC dall’interno dell’Europa, andando ben oltre le sanzioni imposte dagli Usa. E sarebbe utile capire se gli altri Stati la seguono oppure no.
Se l’operazione dovesse riuscire senza particolari conseguenze, andrà a sommarsi al caso Almasri e spalancherebbe le porte per una prossima visita di Netanyahu. Magari proprio in Italia, dove il governo, forte di aver imposto con i numeri in parlamento la dottrina Nordio sulle regole che ci vincolano all’ICC, non vede l’ora di testarla di nuovo con un pezzo da novanta.