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Ultimo aggiornamento: 16:07 del 7 Aprile

Zagrebelsky a Ezio Mauro: “Pace non è il traguardo ma il punto iniziale. Serve impegno per costruirla”. Su La7

“Parlare di pace non è arrendersi, è impegnarsi”. Il confronto tra Zagrebelsky ed Ezio Mauro
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Confronto a In altre parole (La7) tra l’editorialista di Repubblica Ezio Mauro e il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky sulla piazza del M5s contro le armi e la posizione di chi vuole la pace.
Mauro osserva: “Quella piazza ha avuto più gente perché la parola pace è un assoluto, non ha confini, ma tronca anche ogni tipo di discussione. Nessuno è contro la pace, ma, nel caso dell’Ucraina, il punto è come viene costruita questa pace”.
E aggiunge: “Una pace che nasce umiliando Zelensky, come non avevamo mai visto fare, e assolvendo contemporaneamente Putin, senza fare più una distinzione tra l’aggredito e l’aggressore, senza che questo elemento di distinzione tra l’aggredito e l’aggressore sia presente al tavolo e pesi nella discussione, è una pace che va perseguita – continua – ma bisogna ricordarsi che la pace non è soltanto la fine del conflitto, è anche l’inizio di un ordine nuovo. E allora come lo costruiamo questo ordine nuovo? Se lo costruiamo e lo appoggiamo a una pietra del sopruso e dell’ingiustizia, che mondo stiamo costruendo?”.

Zagrebelsky replica: “Su un punto dissento: la pace non è il punto finale, la pace dovrebbe essere assunta come punto iniziale per delle politiche di pace. La nostra presidente del Consiglio ha detto una volta che in Europa si parla troppo di armi. Io sono perfettamente d’accordo, aggiungendo però che si parla troppo poco d’altro. Io – prosegue – ricordo che una signora ucraina ha detto quello che anch’io con parole mie avevo affermato, attirandmi un sacco di critiche. Questa signora ha detto che preferiva una pace ingiusta a una guerra giusta. Questo la dice molto, perché parliamo di una vittima di quella guerra”.

E sottolinea: “Noi dobbiamo lavorare partendo dall’idea della pace per costruire le condizioni della pace. Si vis pacem, prepara le condizioni della pace. Che vuol dire? Discussione, apertura, rapporti diplomatici, offerte anche alle altre parti, offerte commerciali, offerte culturali, offerte politiche, c’è molto da fare. Non è vero che chi parla di pace finisce lì e poi torna a casa tranquillo. No, chi crede nella pace torna a casa e si deve impegnare per costruire la pace”.
Il presidente emerito della Corte Costituzionale conclude: “Se guardo quello che è successo in Europa in questi ultimi mesi, mi pare che si parli solo di armi e di nient’altro. Non lo dico affatto per assolvere Putin, ma con la Russia bisogna cercare di creare un terreno dove almeno ci si parla. L’Europa non ha l’esercito ma una diplomazia potrebbe averla. Allora, io ho l’impressione che dietro ci sia solo una volontà di armarsi”.

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