Dalla “Pallacorda” a Sinner: Bottazzi e Tosi raccontano la storia del tennis, tra arte e scienza

Un dialogo a due voci che si alternano, proprio come una pallina che viaggia da un lato all’altro della rete. Potrebbe essere questa la chiave di lettura di “TennIs – Una storia di arte e di scienza”, l’incontro ideato e tenuto dai professori Luca Bottazzi, ex tennista professionista numero 133 ATP, e Alessandro Tosi il 7 aprile all’Università degli Studi di Milano. La premessa è nel titolo: il tennis analizzato da un punto di vista storico, artistico e scientifico. Uno scambio tennistico di battute all’interno di un mise-en-scène contrassegnata dalle musiche del violinista Federico Silvestro e dalla partecipazione scenica di Pietro Barsotti.
Dalla “Pallacorda” al tennis moderno
La data di partenza è il 1632, anno di pubblicazione del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” di Galileo Galilei al cui interno si parla della “Pallacorda”, lo sport antenato del tennis. In un passaggio del volume, Galilei ne spiega la natura scientifica e si immagina di “ingannar l’avversario col trinciar la palla, cioè rimetterla con la racchetta obliqua”. “Queste parole testimoniano quanto fosse diffuso – racconta Bottazzi -. Qui vediamo descritta un’azione in cui la palla viene tagliata, la sua traiettoria ruota all’indietro e poi muta quando rimbalza sul terreno”. La sua diffusione è anche dimostrata dai dipinti e disegni che illustra Tosi, tra cui uno raffigurante Caravaggio, che nel 1606 uccise un suo avversario proprio durante una partita. E fu la sua popolarità a renderlo uno strumento educativo molto diffuso poiché “consente di sviluppare un maggiore controllo delle emozioni e una certa capacità di previsione delle mosse dell’avversario”, aggiunge Bottazzi.
Il merito della nascita del tennis moderno è attribuito all’inglese Walter Clopton Wingfield che lo brevetta nel 1874, mentre nel 1877 si disputa il primo torneo di Wimbledon: “Lo vince Spencer Gore grazie ad un’idea formidabile: avanzare a rete, togliendo tempo e spazio all’avversario. Così inventa il gioco in volée”. Anche le donne poterono partecipare ai primi tornei: ”Disputavano il singolare agli Irish Championship nel 1878. Lì si inaugura il doppio misto, che rende il tennis unico al mondo perché fa competere insieme uomini e donne”, illustra Bottazzi. Del 1899 è la nascita della Coppa Davis “dall’idea di uno studente universitario americano che desiderava sfidare gli inglesi. Acquistò un trofeo d’argento: l’Insalatiera. È la globalizzazione dello sport”, prosegue. Poi diventa centrale in manuali come “Il Tennis”, pubblicato da Alberto Bonacossa e Gilberto Porro Lambertenghi: “Qui è illustrata la sede del Tennis Club Milano disegnata da Giovanni Muzio. Uno dei capolavori architettonici simbolo di un entusiasmo che vede il tennis protagonista”, spiega Tosi. Mentre Bottazzi racconta la sua esperienza nel centro meneghino: “Lì incontravo Lucia Valerio, la prima grande campionessa italiana”. E infine lo sport entra anche nelle prime pubblicità: “Nel 1932 nasce la macchina portatile Olivetti. E nella locandina si inquadra una giornalista che racconta una partita di tennis”.
Il tennis di oggi
Il racconto dei due docenti si sposta in Italia, con la nascita del Foro Italico ancora oggi sede degli Internazionali di Roma, e approda in Francia, la terra di Suzanne Lenglen e René Lacoste: “Lei è stata la prima a passare al professionismo, rompendo il sistema, che reagì estromettendo il tennis dalle Olimpiadi del 1928. I professionisti sarebbero stati gli eretici dello sport fino al 1968, anno in cui diventava Open, il tennis di oggi”, afferma Bottazzi. Negli anni il gioco cambia: se prima si usavano racchette in legno e scarpe di tela, oggi si gioca su campi artificiali e con racchette tecnologiche. “Un tempo era più facile intercettare la palla, ma più difficile produrre colpi di qualità. Oggi è il contrario, per la gioia degli highlights televisivi, si può pensare”, commenta l’ex tennista.
Si arriva così ai giorni nostri, con una nota – volutamente – “steccata” dal violinista ad introdurre l’immagine di un giocatore: “Daniil Medvedev è già stato numero uno al mondo eppure viene ritenuto inguardabile, possibilmente difettoso sul piano tecnico”, prosegue Bottazzi. Di contro c’è Jannik Sinner, numero uno al mondo e d’Italia, che “ribadisce l’unicità di ogni campione, una particolarità che spero non venga solo sfruttata a livello commerciale, ma per ampliare la cultura dell’ambiente. Guardare i campioni resta una cosa attraente ma studiare il gioco conta molto di più”, conclude.
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