Gli inventori della globalizzazione ora la affossano perché hanno perso il controllo: seguirli è un suicidio

di Dante Nicola Faraoni
Sulla crisi dei dazi aperta da D. Trump, nessuno si è chiesto perché gli inventori della globalizzazione economica hanno deciso di affossarla. Semplicemente perché ne hanno perso il controllo. Cina, Russia, i Brics hanno occupato fette di mercato sempre più grandi. Sempre più velocemente i mercati internazionali si stanno liberando del monstre debito pubblico Usa. Si scambia sempre meno in dollari. La fiducia su cui si basa Wall Street è calata e gli esperti finanziari sanno che la crescita non è perpetua come qualcuno vuol far credere agli investitori, neanche la creazione di conflitti basta più per contenere i concorrenti imperialisti; inoltre le guerre sono costose. Trump non è un pazzo, è senz’altro un pessimo attore, ma la strategia dei dazi fa parte di un piano descritto nel Manuale per una ristrutturazione del sistema globale del commercio scritto da Stephen Miran.
Come spiega Chiara Brusini nell’articolo Il grande disegno di Trump: dopo i dazi l’accordo di Mar-a-Lago per costruire un nuovo ordine commerciale e finanziario globale, per comprendere cosa sta succedendo nel mondo consiglio di leggere, dal Millenium di ottobre 2024, l’articolo di Luca Martinelli dove viene spiegato come in Italia le grandi finanziarie Usa hanno tessuto una rete di partecipazioni all’interno di aziende strategiche dell’economia nazionale. Hanno fatto così con tutti gli stati europei e non solo. Trump ha detto alla Ue e al mondo: se falliamo vi trasciniamo dentro tutti, quindi trattiamo. Non è facile avere una relazione commerciale con una nazione che ti ricatta e ti minaccia. Certo che se la risposta al nuovo colonialismo trumpista è ReArm Europe siamo veramente nelle mani di nessuno!
L’Unione Europea è il mercato più ricco al mondo, dove tutte le potenze globali ambiscono ad avere una fetta di mercato. Siamo così ambiti che ci hanno creato due guerre ai confini che minacciano pesantemente la stabilità economica e istituzionale europea. Non è ragionevole chiudere i mercati globali ma se vai a trattare è necessario pretendere dai propri partner internazionali garanzie su un reciproco futuro basato su: 1. Diritti e garanzie economiche per i lavoratori e l’intera popolazione. 2. Rispetto degli standard Ue su ambiente e cambiamenti climatici.
L’Europa è stata una delle culle della democrazia, oggi è necessario stabilire i principi della democrazia economica. Il diritto all’autosufficienza economica nel territorio in cui si vive è necessario per svincolarsi da accordi ricattatori di potenze interne ed esterne all’Unione Europea. Sarebbe un errore mortale per la nostra economia se i vertici Ue andassero a trattare per difendere gli interessi delle proprie multinazionali dimenticandosi delle necessità collettive. Viceversa andare a trattare singolarmente come auspicano Meloni e Orban è come mettersi il cappio al collo!
E’ invece giunto il momento di pensare al mercato interno. Aumentare la produzione e il potere d’acquisto per massimizzare l’occupazione ci permetterà di essere autosufficienti. Ogni Paese Ue deve diventare Unità Socio Economica Autosufficiente per affrontare insieme l’acuirsi della crisi globale. Tutti i 27 membri devono acquisire: autosufficienza energetica, sovranità alimentare e autosufficienza anche nella produzione di materie prime. Gli stati devono dividere gli interessi pubblici da quelli privati. Le fonti energetiche devono essere considerate bene comune e la nazionalizzazione è un passaggio obbligato da realizzare in tempi brevi; l’economia del continente non potrà resistere ad un’altra impennata inflazionistica. Cambiare paradigma: cooperazione tra gli Stati, solidarietà invece che competizione.
Gli Usa hanno già scritto il loro futuro. La difesa dei capitali dei super ricchi ha creato milioni di poveri; la conseguente disgregazione sociale e il debito faranno implodere il sistema. Seguirli è un suicidio.
Resta in contatto con la community de Il Fatto Quotidiano