Usa-Russia, nuovi colloqui a Istanbul e scambio di prigionieri ad Abu Dhabi

Un passo dopo l’altro prosegue la normalizzazione dei rapporti tra Washington e Mosca iniziata con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Una delegazione degli Stati Uniti ha avuto un colloquio di 5 ore al consolato generale russo di Istanbul con i rappresentanti di Mosca sul ripristino degli staff nelle rispettive sedi diplomatiche, dopo le riduzioni avvenute con le sanzioni introdotte in seguito all’attacco russo all’Ucraina. I negoziatori russi sono guidati dall’ambasciatore russo a Washington, Alexander Darchiev, quelli americani da Sonata Coulter, vice assistente segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici. Una prima tornata di colloqui sul ripristino delle attività delle ambasciate e dei servizi consolari si era tenuta sempre a Istanbul il 27 febbraio.
Gli Stati Uniti, si legge in una comunicato del Dipartimento di stato, “hanno ribadito le proprie preoccupazioni in merito alla politica della Federazione Russa che vieta l’assunzione di personale locale, che rappresenta il principale ostacolo al mantenimento di livelli di personale stabili e sostenibili presso l’Ambasciata statunitense a Mosca. Il vicesegretario aggiunto Coulter e l’ambasciatore Darchiyev hanno discusso della possibilità di tenere a breve termine, se necessario, un incontro di follow-up su queste questioni; la data, il luogo e la rappresentanza dovranno ancora essere definiti”.
Un ulteriore segno di distensione dei rapporti è lo scambio di prigionieri avvenuto questa mattina ad Abu Dhabi. La Russia, riporta il Wall Street Journal, ha rilasciato Ksenia Karelina, donna con doppia cittadinanza russa e statunitense, condannata l’anno scorso a 12 anni di carcere dopo essere stata riconosciuta colpevole in Russia di tradimento per aver donato 52 dollari a un ente benefico ucraino con sede negli Stati Uniti. In cambio, gli Stati Uniti hanno liberato Arthur Petrov, cittadino russo e tedesco, arrestato nel 2023 a Cipro su richiesta degli Stati Uniti per presunta esportazione di dispositivi microelettronici sensibili.
Karelina, l’ex ballerina che donò 51 dollari a una ong pro-Ucraina. Karelina è un’ex ballerina di 33 anni, cittadina russo-americana, che a metà agosto il Tribunale di Sverdlovsk, nella regione degli Urali a 1.500 chilometri da Mosca, ha condannato a 12 anni di carcere. Al termine di un’udienza a porte chiuse, i giudici l’hanno sentenziato che ha versato nei primi giorni del conflitto, la cifra di 51,80 dollari alla Ong Razom, un’organizzazione che fornisce assistenza materiale all’Ucraina. La Corte ha stabilito che questi fondi sono stati “utilizzati per l’acquisto di attrezzature mediche, armi e munizioni da parte delle forze armate di Kiev. Durante il processo, l’imputata ha confessato pienamente la sua colpevolezza”, hanno precisato i giudici. Karelina è originaria di Ekaterinburg, località della regione degli Urali, ma vive in California, dove è emigrata più di dieci anni fa e dove ha ottenuto la cittadinanza americana dopo aver sposato uno statunitense. È stata arrestata nel febbraio 2024 in Russia, mentre era andata a trovare i suoi nonni. Secondo i media russi, le agenzie delle forze di sicurezza russe hanno scoperto la donazione, risalente a due anni prima, esaminando il suo cellulare. “Ksenia ha ammesso di aver mandato questi soldi – disse all’epoca il suo avvocato, ma non pensava che sarebbero stati utilizzati per azioni anti-russe”.
Petrov, il fornitore di microelettronica “usata per armare la Russia”. Petrov è un cittadino russo-tedesco che ha risieduto in Russia e a Cipro e lavorava per la LLC Electrocom VPK, un fornitore russo di componenti elettronici critici per i produttori di armi e altre attrezzature per l’esercito russo. Era stato arrestato il 26 agosto 2023 a Cipro su richiesta degli Stati Uniti. Washington lo accusava di “violazioni del controllo delle esportazioni, contrabbando, frode telematica e riciclaggio di denaro”. “Si presume che Arthur Petrov abbia partecipato a una rete internazionale di approvvigionamento illecito con sede in Russia – aveva spiegato l’ex procuratore di New York Damian Williams -, utilizzando società fittizie per contrabbandare spedizioni di microelettronica con applicazioni militari da distributori statunitensi attraverso paesi intermediari, al fine di nascondere la destinazione finale di questi materiali sensibili: la Russia. Come affermato, Petrov sapeva che le transazioni e le spedizioni violavano i controlli statunitensi sulle esportazioni verso la Russia”. “Crediamo che Petrov abbia partecipato a un piano globale per utilizzare società fittizie provenienti da tutto il mondo per creare una rete di approvvigionamento clandestina – aveva aggiunto il vicedirettore responsabile dell’FBI, James Smith – e fornire al complesso militare-industriale russo tecnologie statunitensi critiche, inclusi tipi di microelettronica recuperati in equipaggiamento militare russo sul campo di battaglia in Ucraina”.
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