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I social hanno demolito il pensiero critico: così oggi la guerra si sposta in rete

"Siamo nell’Era di un Neofuturismo lanciato ancora più in là; spersonalizzato e implacabilmente anonimo"
I social hanno demolito il pensiero critico: così oggi la guerra si sposta in rete
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di Francesca Carone

Una sorta di guerra sotterranea in realtà è già iniziata. E’ già in atto. E’ la guerra social: volatile, trasparente, inodore e insapore. E’ una guerra subdola, metamorfica: assume aspetti ora inquietanti ora eterei, ora unilaterali ora universali.

E’ una “guerra” che si mescola ad una natura umana inconsapevole e in essa agisce come deterrente alla razionalità. E’ la Neoavanguardia celebrativa del nulla. Ammesso che il nulla esista.

Siamo nell’Era di un Neofuturismo lanciato ancora più in là; spersonalizzato e implacabilmente anonimo. Privo di azione. Fermo, statico, con lo sguardo rivolto al niente. Marinetti nel suo Manifesto belligerante agiva, urlava, correva, scalpitava pur di comunicare qualcosa. Un’idea, una volontà. Delle certezze, anche figlie di idee snaturate e pericolosamente belliciste. Ma le idee c’erano. Esistevano e convogliavano uomini di cultura e di pensiero. C’erano dei riferimenti culturali e pensieri critici che, nonostante tutto, avevano una dimensione storica e culturale.

I social oggi hanno demolito l’essenza del pensiero critico e annientato il desiderio da parte dell’uomo di autoappagarsi attraverso il moto sublime del pensiero libero e della parola, intrappolati nell’omologazione e nella standardizzazione mediocre e oscena dei social.

Se Marinetti sbagliando interpretava la “guerra come sola igiene del mondo”, oggi probabilmente qualcuno non conosce neppure il significato di guerra. O perlomeno tenta di immaginarlo attraverso una mente imbavagliata dai ridondanti e vuoti slogan social. Manca l’attitudine al pensiero, alla curiosità, alla scoperta. La verità è che i social hanno depauperato l’essere umano omologandolo ad un essere social-dipendente, privo di pensiero critico, ma abile consumatore di social-spazzatura. Il problema dei social-spazzatura è che investono tutti i settori della società: dalla politica alla cultura, dall’istruzione all’arte e via dicendo.

Gli esempi sono innumerevoli. Partiamo dagli slogan del Ministro Lollobrigida, dalle sue perle sdoganate nei social e intronizzate nella mente volatile dell’Homo social: 1. I poveri mangiano meglio dei ricchi; 2. L’abuso di acqua può portare danni; 3 Le ostriche non sono beni di lusso. Se è vero che queste perle il consumatore social dopo un po’ le rende volatili, è anche vero che possono imbrigliare e confondere anche i pochi Sapiens con un proprio retroterra culturale e pensiero critico.

Passiamo ad un’altra perla… comunitaria: lo zaino salvavita delle 72 ore! E qui fortunatamente fior di intellettuali sono venuti in soccorso, se non altro per aiutare i poveri Sapiens a mantenere la calma e a scongiurare gesti inconsueti. Una delle voci più autorevoli che ha tolto il “velo”, mostrando il vero volto dello slogan dello zaino salvavita è stata la signora Spinelli, figlia del grande Altiero Spinelli, che a Otto e Mezzo ha rivelato una verità sconcertante e triste, che il messaggio subliminale del famoso zaino è che, dopo una catastrofe ambientale o nucleare, l’uomo potrà vivere per 72 ore. Sempre che lo zaino non si polverizzi o venga trascinato via da uno tsunami.

E come non ricordare le famose citazioni decontestualizzate dal Manifesto di Ventotene, in Parlamento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri! Lì i Sapiens sì che si sono arrabbiati. Qualcuno ha anche pianto. Ma la cosa bella e saggia l’ha detta ancora una volta la signora Spinelli (il cui padre fu ideatore di tale Manifesto): l’intervento del Presidente del Consiglio sul Manifesto di Ventotene ha prodotto una grande pubblicità al punto che molti hanno acquistato il famoso libro.

La speranza è che lo abbiano acquistato anche i Social-dipendenti: e il Manifesto di Ventotene è sicuramente il migliore degli antidoti al torpore “da social”.

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