Ucraina, l’inviato Usa Witkoff vede Putin per quattro ore. L’idea: “Cedere il Donbass per arrivare a una tregua”

L’inviato Usa Steve Witkoff ha incontrato per oltre quattro ore Vladimir Putin venerdì a San Pietroburgo, nel palazzo della biblioteca presidenziale. Al centro del dialogo, comunica il Cremlino, “l’esame degli aspetti della risoluzione della crisi ucraina”. Si tratta del terzo faccia a faccia tra l’inviato di Donald Trump e il presidente russo: prima, l’imprenditore statunitense aveva incontrato a San Pietroburgo Kirill Dmitriev, capo del Fondo russo per gli investimenti diretti e rappresentante speciale di Putin per gli investimenti e la cooperazione economica, che aveva ricevuto a Washington la scorsa settimana nell’evidente tentativo di Trump di accelerare le trattative. “La Russia deve muoversi“, ha scritto oggi il capo della Casa Bianca sul suo social Truth. “Troppe persone stanno morendo, migliaia a settimana in una guerra terribile e senza senso. Una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere e non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente”. Il tycoon, che in campagna elettorale aveva promesso di mettere fine al conflitto in breve tempo, è frustrato dagli scarsi progressi nelle ultime settimane e punta a ottenere un qualsiasi risultato prima del 20 aprile, data in cui scadranno i primi 100 giorni del suo secondo mandato. A confermarlo è la sua portavoce Karoline Leavitt: “Trump è frustrato con Putin e Zelensky”, ha detto. “Il colloquio tra Witkoff e Putin è un passo avanti, la guerra deve finire”.
Peskov: “Non c’è motivo di aspettarsi una svolta” – Il faccia a faccia tra Putin e Witkoff, anticipato da Axios, era stato confermato in giornata dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: “Il lavoro scrupoloso continua. Naturalmente, Witkoff, in qualità di rappresentante speciale del presidente Donald Trump, riporterà qualcosa del suo presidente a Putin. Putin lo ascolterà. Il dialogo sui vari aspetti della soluzione ucraina continuerà”, aveva dichiarato. L’incontro, ha aggiunto, servirà “per trasmettere a Witkoff, di fatto, gli elementi principali della posizione della Russia, le principali preoccupazioni della Russia, che saranno poi rese note al presidente Trump”. In ogni caso, ha affermato Peskov, “non c’è motivo di aspettarsi alcuna svolta: è in corso un processo di normalizzazione delle relazioni e di ricerca delle basi per intraprendere la traiettoria di un accordo sulla questione ucraina”. Secondo quanto riferisce l’agenzia internazionale Reuters, Witkoff ha riferito a Trump che “il modo più rapido” per arrivare a un cessate il fuoco sarebbe concedere alla Russia quattro regioni orientali ucraine che Mosca ha tentato di annettere nel 2022. Secondo le fonti citate dall’agenzia, Witkoff ne ha parlato con Trump a cena giorni fa, prima del suo viaggio a Mosca, ma l’incontro tra i due “si è concluso senza che il presidente prendesse una decisione per cambiare la strategia statunitense”. Nello stesso incontro, prosegue la Reuters, l’inviato Keith Kellogg ha replicato a Witkoff che l’Ucraina, sebbene disposta a negoziare alcuni termini relativi ai territori contesi, non accetterebbe mai di cedere unilateralmente la proprietà totale di quei territori alla Russia.
Lavrov: “Non lasciarsi trasportare dalle aspettative” – Nel frattempo le diplomazie di Washington e Mosca lavorano alla normalizzazione dei rapporti iniziata con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca. La Russia, ha detto il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, ha chiesto “oltre un mese fa” agli Stati Uniti di revocare le sanzioni sulla compagnia di bandiera Aeroflot per consentire la ripresa dei voli diretti tra i due Paesi, ma finora non ha avuto risposta. “Credo che non ci sia motivo di lasciarsi trasportare dalle aspettative riguardo ai contatti tra Russia e Stati Uniti. Tuttavia, è ragionevole ed essenziale lavorare per una normalizzazione basata sul reciproco riconoscimento e rispetto degli interessi nazionali di ciascun Paese”, ha detto ancora Lavrov. Poi, parlando dell’aggressione militare delle truppe russe contro l’Ucraina, ha affermato che “gli Stati Uniti sono disposti ad arrivare al nocciolo del problema, a differenza dell’Europa, inclusa la Gran Bretagna, che ignora completamente le cause profonde della situazione attuale”. Il capo della diplomazia di Mosca ha infine dichiarato che gli scambi di detenuti come quello avvenuto ieri tra Russia e Usa possono “creare la fiducia di cui c’è tanto bisogno”.
Il vertice Nato a Bruxelles – “Ogni giorno vediamo nuovi impegni, passi concreti, anche da parte degli Stati Uniti. È importante mandare un segnale chiaro: siamo al fianco dell’Ucraina, ed è proprio questo il senso dell’incontro di oggi”, ha detto l’Alta rappresentante per gli affari esteri Ue, Kaja Kallas, entrando alla riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, formato (anche noto come gruppo Ramstein) che riunisce la cinquantina di Paesi che supportano materialmente Kiev, al quartier generale della Nato a Bruxelles. Il segretario alla Difesa Usa Pete Hegseth è intervenuto in collegamento da remoto. La riunione si è svolta in un contesto di preoccupazione per l’apertura unilaterale di Trump alla Russia, il paventato ritiro delle forze statunitensi dall’Europa e la conseguente necessità europea di irrobustire il proprio apporto alla sicurezza continentale, sia rinforzando la prioria difesa, sia armando l’Ucraina. Nel 2024 l’Ue ha sostenuto Kiev con 20 miliardi di euro, nel 2025 sono già stati impegnati oltre 23 milardi, ha ricordato Kallas, prendendo nota con soddisfazione dell’aumento ma sottolineando l’esigenza di fare di più.
Il ministro estone: “Forse un accordo entro il 9 maggio” – Il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur ha esortato i partner a “intensificare” gli aiuti militari e finanziari all’Ucraina e ha suggerito che la Russia potrebbe cercare di “assicurarsi” un accordo più completo con gli Stati Uniti in vista della Giornata della vittoria nella Seconda Guerra mondiale il prossimo 9 maggio. “Proprio per questo motivo dobbiamo accelerare le consegne il più rapidamente possibile”, ha detto. “Putin è sempre stato fissato sulle date. Prendiamo il 24 febbraio, ovvero l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Il 23 febbraio è il giorno dell’esercito russo. Ecco perché credo che anche il 9 maggio, che per noi è il giorno dell’Europa, per la Russia è il giorno della fine della Seconda guerra mondiale, probabilmente si adopereranno per raggiungere un qualche tipo di accordo. Se accadrà, non lo so, dipende dagli ucraini e poi, naturalmente, dagli Stati Uniti che al momento sono dall’altra parte del tavolo”.
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