È ora di produrre più farmaci in Italia per gli italiani, prima che Big Pharma sbricioli il nostro Ssn

L’entrata del Presidente Usa Trump violenta e a gamba tesa, anche nel mondo dei farmaci italiani, ci sta facendo scoprire all’improvviso quanto siamo fragili in questo settore essenziale per lo Stato italiano.
L’impoverimento come effetto collaterale della malattia oncologica, la cosiddetta “tossicità finanziaria”, colpisce il 26% dei connazionali con neoplasia. Le terapie innovative sono in gran parte riservate ai pazienti con tumori in stadio avanzato o metastatici, che non hanno tratto i benefici sperati dalle cure standard. L’Italia è mediamente un Paese fortunato perché la maggior parte dei farmaci approvati sono poi disponibili (gratis, grazie al nostro prezioso Ssn) per i pazienti. Va detto immediatamente che il costo imposto dai titolari del brevetto di farmaci innovativi non viene determinato dal reale costo di ricerca e sviluppo, produzione e quindi margine di profitto, ma dalla stima del risparmio indotto da quel farmaco innovativo a vantaggio del Ssn in relazione al numero dei casi incidenti trattati con terapie convenzionali.
Di conseguenza in Campania, dove hanno spalmato a migliaia di tonnellate i Pcb Caffaro – specie ad Acerra – e dove quindi si rileva un eccesso di incidenza di cancro correlato (linfomi, fegato epatiti negativi, melanoma, ecc) il prezzo dei farmaci innovativi aumenta ulteriormente proprio per la maggiore incidenza da inquinamento e quindi i maggiori costi che il Ssn deve sostenere per curarli con farmaci convenzionali.
Per Big Pharma, specie Usa che produce in Italia, non esiste alcun interesse a energiche azioni di Prevenzione Primaria in grado di ridurre l’incidenza del cancro rispetto ad azioni di Prevenzione Secondaria, in grado invece di cogliere quanti più casi incidenti per potere alzare al massimo il prezzo dei propri farmaci sotto brevetto.
Lucia Aleotti è imprenditrice del Gruppo farmaceutico Menarini. Più che delle politiche dell’amministrazione Usa, preferisce parlare di quelle europee. “Penso al mio settore, la farmaceutica. In questi anni in Europa si è pensato che si potessero avere i farmaci ma non l’industria farmaceutica. Sono state fatte politiche scellerate. Penso ad esempio alle norme per il disinquinamento in cui solo le aziende di farmaceutica e di cosmetica sono obbligate a pagare 12 miliardi di euro l’anno per disinquinare i fiumi. Oppure al nuovo regolamento sui farmaci critici in cui vengono previsti stoccaggi di farmaci ma nulla per stimolare la produzione: allora forse poi vale davvero la pena andare a produrre altrove”.
I lavori del nostro Ricercatore Isde Dr Luigi Montano certificano da tempo che le zone che risultano più inquinate e con danno maggiore in termini di infertilità sono concentrate al massimo nella Valle del Sacco del Frusinate, dove insiste una altissima concentrazione di aziende farmaceutiche altamente inquinanti e che (forse?) non rispettano al meglio le procedure di controllo degli smaltimenti industriali, oltre a detenere certamente il più basso costo del lavoro per personale di altissima specializzazione come quello indispensabile per le aziende farmaceutiche. Per questi motivi la stragrande maggioranza dei capitali e delle aziende Usa di produzione di farmaci hanno scelto l’Italia per produrre e quindi esportare farmaci al 97% in tutto il mondo, a cominciare dagli Usa, lasciando scoperte come mai prima tutte la farmacie italiane!
La Menarini è una delle pochissime aziende farmaceutiche a capitale e proprietà italiana che lavora e produce (anche) in Italia! “Negli ultimi 10 anni – continua Aleotti – l’Europa ha fatto politiche che sembravano studiate per far fuggire le aziende più che per attrarle, producendo norme e regole che si sono tradotte in costi sempre più elevati per le imprese. La vera domanda da farsi oggi è: Trump parla di portare la produzione negli Usa, ma non è che l’Europa si sta perdendo qualcosa?”. Tradotto, vuol dire che sino ad oggi in Italia o si producono e si esportano al 97% farmaci sotto brevetto con profitto per gli Usa e non per l’Italia, con unico guadagno di posti di lavoro molto meno onerosi in Italia che in Usa e con controlli anti inquinamento pressoché a zero, o si impacchettano semplicemente farmaci essenziali e fuori brevetto come ad esempio antibiotici i cui principi attivi sono prodotti in India, Cina e Pakistan e poi impacchettati in qualità e venduti prima ancora che nelle farmacie italiane in quelle Usa a costi accettabili, inferiori a quelli della produzione Usa.
Anche la Menarini, quindi, afferma che è giunta l’ora di pensare innanzitutto a produrre più farmaci in Italia e per gli italiani, sotto brevetto ma soprattutto fuori brevetto ed essenziali per i nostri ammalati e le nostre farmacie.
Non ridurre i casi di cancro incidenti significa solo fare un favore alle ditte farmaceutiche Usa che così, tramite ricerca di eccellenza e propri scienziati “opinion leaders” locali (e la Campania annovera i migliori ricercatori mondiali per la cura del cancro con farmaci sotto brevetto) imporranno prezzi folli ai propri farmaci, sbriciolando il Ssn italiano pubblico, solidale e universale. Riusciremo a trovare un Presidente della Regione Campania che lo capisca?
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