Santanchè, il processo per truffa all’Inps va avanti: la giudice non cambia. “C’è il rischio prescrizione”

L'attuale gup, Tiziana Gueli, resterà applicata al procedimento anche dopo il 1° aprile, quando si trasferirà alla nona sezione penale del Tribunale. La notizia, attesa, è stata ufficializzata da un decreto del presidente del Tribunale
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Non cambia il giudice dell’udienza preliminare del processo per truffa all’Inps a carico di Daniela Santanchè. L’attuale gup, Tiziana Gueli, resterà applicata al procedimento anche dopo il 1° aprile, quando si trasferirà alla nona sezione penale del Tribunale. La notizia, attesa, è stata ufficializzata da un decreto del presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, che autorizza la magistrata a concludere l’udienza preliminare per “garantire il principio del mantenimento dell’organo giudicante” e la “necessità di conservazione della conoscenza degli atti in un procedimento che prevede, fra l’altro, secondo l’imputazione, fatti a rischio prescrizione“.

Il reato contestato alla ministra del Turismo, infatti, risale al 2020 e si estingue in sette anni e mezzo: l’accusa è di aver incassato ventimila ore di cassa integrazione non dovute per 13 dipendenti di Visibilia, il suo gruppo editoriale, che secondo l’accusa lavoravano regolarmente pur risultando a casa per l’emergenza Covid. Il cambio di gup avrebbe obbligato a ripetere tutti gli atti svolti finora davanti a Gueli, cioè l’esame delle questioni preliminari (tra cui quella sulla competenza territoriale, decisa dalla Cassazione con il mantenimento del processo a Milano).

Oltre ad avvicinare la prescrizione (obiettivo per cui la maggioranza si sta muovendo anche in Parlamento) il cambio di giudice avrebbe allontanato anche il momento della decisione sul rinvio a giudizio, che implicherebbe le dimissioni di Santanché, come ha chiarito più volte il suo partito, Fratelli d’Italia. Per allungare i temi, alla vigilia dell’udienza prevista per il 26 marzo, la ministra ha sostituito uno dei suoi legali con l’avvocato Salvatore Pino, che ha chiesto subito un “termine a difesa”, cioè un periodo di tempo per studiare gli atti. L’udienza è stata così rinviata al 20 maggio, nonostante l’opposizione della Procura.

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“Non cantavo questa canzone da 10 anni. È stato incredibile, ho pianto”: Zaynk Malik si commuove con “Night Changes” degli One Direction

L'esibizione è avvenuta nel decimo anniversario del giorno in cui Zayn ha lasciato gli One Direction
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Zayn Malik non ha resistito al ricordo degli One Direction e dell’amico Liam Payne, morto a 31 anni il 16 ottobre 2024 dopo essere precipitato dal balcone di un hotel a Buenos Aires. Il cantante trentaduenne si stava esibendo in Messico durante il suo tour “Stairway to the Sky” e ha aperto lo spettacolo con una versione della hit degli One Direction “Night Changes”.

Nel marzo del 2015, Zayn Malik, a sorpresa, annunciava la fine della sua esperienza con gli One Direction. E lo aveva fatto con un post su Facebook. L’artista, all’epoca 22enne, spiegava così la sua decisione: “Lascio perché voglio essere un normale ragazzo di 22 anni, con un po’ di tranquillità e una vita privata lontano dai riflettori. So che ho quattro amici per la vita e so che continueranno a essere la miglior band nel mondo”. Due anni dopo Zayn è tornato con il suo primo singolo da solista, “Pillowtalk”.

Nel suo “Stairway to the Sky Tour”, Zayn Malik si è esibito al Palacio De Los Deportes, dove ha scelto di iniziare lo show con “Night Changes”, indossando un’elegante giacca rossa. La scelta dell’outfit non è una casualità: è un tributo al video originale del brano, che lo vedeva seduto in un ristorante. Visibilmente commesso, il cantante ha detto: “Non cantavo questa canzone da 10 anni. È stato incredibile, ho quasi pianto”. Al termine della sua esibizione, il cantante ha ammesso: “Grazie, è stato incredibile. A un certo punto ho quasi pianto. È pazzesco”.

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“Condotta indecente”: indagati Mbappé, Vinícius e altri due calciatori del Real Madrid. Squalifica in Champions?

Nella gara di ritorno degli ottavi si sono resi protagonisti di alcuni gesti che potrebbero aver violato il Codice Disciplinare Uefa. Ecco cosa rischiano
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Quattro giocatori del Real Madrid, tra cui Kylian Mbappé e Vinícius Júnior, sono indagati per presunta ‘condotta indecente‘ durante la partita di Champions League contro l’Atletico Madrid del Wanda Metropolitano. Lo ha reso noto la Uefa, spiegando di aver nominato un ispettore disciplinare per esaminare le accuse non specificate durante la partita degli ottavi di finale del 12 marzo. Il caso coinvolge, oltre al fuoriclasse francese e la superstar brasiliana, anche Antonio Rüdiger e Dani Ceballos.

Forse Clarence Seedorf aveva visto bene. Nel post partita della sfida di Champions League, l’ex calciatore disse ai microfoni di Prime Video: “Ho visto gesti che non mi sono piaciuti, cose che qui non posso raccontare”. La squadra di Carlo Ancelotti è passata ai quarti di finale soltanto ai calci di rigore dopo che l’Atletico ha vinto il match di ritorno per 1-0, pareggiando il punteggio complessivo sul 2-2. Dopo che Antonio Rüdiger ha segnato il gol della vittoria per i Blancos, la maggior parte dei giocatori è andata a festeggiare sotto il settore ospiti ma, secondo il parere di Seedorf, non hanno rispettato i tifosi dell’Atletico presenti nelle vicinanze. Tra i gesti fatti, quello più grave pare essere stato fatto proprio dallo stesso Rüdiger che ha mimato un “taglio alla gola” nei confronti dei supporter della squadra allenata dal Cholo Simeone. E questa indagine della Uefa potrebbe rafforzare la tesi dell’olandese. Ma cosa rischiano quindi i calciatori dei Blancos?

Cosa rischiano Mbappé, Vinicius, Rüdiger e Ceballos

L’articolo 15 del Codice Disciplinare Uefa stabilisce che per “condotta antisportiva” e “provocazione degli spettatori” calciatori o allenatori possono essere sanzionati per una partita. Quindi tutti e 4 i calciatori del Real Madrid rischiano di saltare la partita contro l’Arsenal in programma il prossimo 8 aprile, ossia la gara d’andata dei quarti di finale di Champions League. Ma non è l’unica possibilità. L’altro scenario possibile è una multa. Nel 2019, infatti, la Uefa aveva sanzionato Cristiano Ronaldo con un’ammenda di 20.000 euro per i suoi gesti alla fine della partita degli ottavi di finale di Champions League proprio contro l’Atletico Madrid, quando era un giocatore della Juventus. Il portoghese, autore di una tripletta con cui la sua squadra ha eliminato i Colchoneros, aveva compiuto alcuni gesti ritenuti “osceni” per festeggiare il suo terzo gol. Un gesto che era stato una risposta a quelli compiuti da Simeone nella gara di andata al Metropolitano e per il quale lo stesso allenatore era stato sanzionato con la medesima cifra del portoghese.

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In Myanmar terremoto 300 volte più forte di Amatrice. “Le scosse proseguiranno per molto tempo”

Salvatore Stramondo, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, commenta la scossa che ha devastato il Paese asiatico
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“Non c’è rischio di tsunami poiché il sisma è avvenuto a circa 300 chilometri dalla costa ma quando ci sono scosse di questa intensità in aree montuose c’è la possibilità che vengano attivate frane e che si verifichi la liquefazione del terreno, con possibile impatto sulle infrastrutture”. Salvatore Stramondo, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, commenta la scossa che ha devastato il Myanmar, provocando migliaia di vittime, e il cui impatto è arrivato fino a Bangkok, a oltre mille chilometri di distanza dall’epicentro. Il terremoto ha avuto una magnitudo 300 volte superiore a quella del sisma di Amatrice del 2016 e 8 volte superiore alla più alta mai registrata in Italia, che è quella di 7.1 dell’evento del 1908 a Messina. “La liquefazione – continua l’esperto – è un fenomeno fisico naturale che può verificarsi in seguito a un terremoto: il terreno perde coesione e inizia a comportarsi come un fluido, in maniera simile alle sabbie mobili. Si tratta, quindi, di un fenomeno distruttivo che mette a rischio la stabilità delle strutture in superficie e che può alterare notevolmente il paesaggio“. La liquefazione è stata uno degli effetti che hanno accompagnato anche gli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2012.

La prima scossa, avvenuta alle ore 07.20 italiane, è poi stata seguita subito dopo, alle 07.32, da un’altra di 6.4, secondo quanto rilevato dall’Istituto geosismico statunitense, lo Usgs. “Quando c’è un terremoto di questa magnitudo – sottolinea Stramondo – ci aspettiamo che venga seguito da molte scosse successive: ce ne saranno centinaia di magnitudo man mano decrescente che probabilmente andranno avanti per molto tempo”. L’epicentro del sisma della Birmania si trova a poche decine di chilometri da Mandalay, una città con circa un milione di abitanti. È una zona caratterizzata da sismicità molto elevata, lungo la catena montuosa dell’Himalaya: tra il 1930 e il 1956, si sono infatti verificati 6 terremoti di magnitudo superiore a 7.0. “È un’area di scontro tra due grandi placche tettoniche, quella indiana e quella asiatica, che si muovono di circa 5 centimetri l’anno”, afferma il ricercatore dell’Ingv. “Inoltre, abbiamo misurato in quest’area una deformazione superficiale del terreno di oltre 1 metro, una deformazione importante”.

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“Ho fatto seguire mio figlio per vedere se si drogava. Non gliel’ho mai detto, se mi sente sono rovinata”: la confessione di Paola Perego

Ospite del podcast di Diletta Leotta, "Mamma Dilettante", Paola Perego racconta questo aneddoto sul figlio Riccardo, oggi 28enne
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Non ci ha pensato due volte Paola Perego, che alla richiesta di Diletta Leotta di “raccontare qualcosa che non aveva mai detto a nessuno”, ha confessato: “Ho fatto seguire mio figlio”. Ospite nel podcast “Mamma Dilettante”, la conduttrice ha parlato apertamente del rapporto con i suoi figli, Giulia e Riccardo, avuti dal primo matrimonio con Andrea Carnevale.

Durante la conversazione con Diletta Leotta, Paola ha rivelato un episodio che riguarda proprio Riccardo, oggi 28enne. “Lui iniziava a uscire il sabato sera. All’epoca lavoravo a Mediaset e c’era un addetto alla sicurezza”. La conduttrice, preoccupata per le sue abitudini, ha deciso di proteggerlo a modo suo: “Mandai due ragazzi perché cominciava a uscire il sabato sera e l’ho fatto seguire per vedere se si drogava e se si faceva le canne. Non gliel’ho mai detto e non se n’è mai accorto”, ha raccontato. Ma cosa ha scoperto Paola Perego? “Poi l’hanno seguito in discoteca, mi hanno detto che ha solo bevuto una birra e fumato una sigaretta“, ha svelato.

Riccardo scoprirà tutto solo dopo questa chiacchierata con Diletta Leotta. E Paola ha scherzato: “Se lo sente sono rovinata. Anche se ormai è caduta in prescrizione”. Nonostante questo episodio, la conduttrice ha sempre avuto un approccio alla maternità che definisce “easy ma controllando tutto”. Riflettendo sul suo ruolo di madre, ha ammesso ha provato a incarnare il modello della “Wonder Woman”: “Non ci sono problemi, siamo sempre allegri, stiamo sempre bene”. Un incontro con un neuropsichiatra però, ha cambiato la sua prospettiva. L’esperto, che aveva lavorato nelle favelas in Brasile, le ha infatti spiegato: “Si ricordi che se lei si mostra sempre così, i suoi figli non si potranno mai permettere di mostrare la tristezza perché non la conoscono”. Una riflessione che ha fatto emergere la fragilità di Paola, legata agli attacchi di panico, che ha affrontato nel suo libro “Dietro le quinte delle mie paure”.

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“La prima cosa da fare non è il riarmo, la pace in Ucraina o a Gaza. Se vogliamo cambiare la società dobbiamo ritrovare gli altri”: così i Negrita

La band dopo sette anni pubblica il nuovo disco “Canzoni per anni spietati”
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I Negrita rompono il silenzio a sette anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio con “Canzoni per anni spietati”. Un progetto che è “resistenza poetica” lungo 9 brani, anticipati dai singoli “Non Esistono Innocenti Amico Mio”, “Noi Siamo Gli Altri” e “Nel Blu (Lettera ai Padroni della Terra)”. Ci sono anche due omaggi “Song to Dylan”, brano ispirato a Bob Dylan, e una reinterpretazione di “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori perché “ci serviva nel racconto globale, ci serviva una canzone che rappresentasse gli aspetti positivi e negativi di questa terra. Serviva lo schiaffo e la carezza, e ‘Viva l’Italia’ è il pezzo giusto”, spiega Pau, frontman della band aretina, durate la presentazione alla stampa milanese. I Negrita dall’8 aprile torneranno live con “Canzoni per anni spietati Tour 2025” che toccherà i principali club italiani.

“Siamo usciti divisi dalla pandemia” – È un disco nato in un periodo non positivo per noi e in generale per l’umanità, con la pandemia e altri problemi che sono intercorsi non riuscivamo più a fare il nostro lavoro, non riuscivamo più a scrivere e trovare delle canzoni senza testo, eravamo immobilizzati. A livello globale poteva essere un momento di crescita umana, ma ne siamo usciti divisi, e ogni verità proposta dalle reti di informazione è bifronte: ogni faccia opposta è sostenuta da fazioni che difendono in maniera radicale la propria, odiando quella altrui. Si è sbloccato tutto con un po’ di forza di volontà, ma anche con una scoperta piacevole: approfittando dello studio più approfondito della musica folk americana, siamo riusciti a mettere in fila le cose, i pezzi sono nati uno dietro l’altro e i testi sgorgavano come se fossero stati scritti da un’altra entità, pensavamo di essere posseduti, è successa la magia”.

“No al riarmo, sì alla pace in Ucraina e Israele” – La nostra filosofia è l’esatto contrario del ‘dividi et impera’: quando saliamo su un palco noi vogliamo unire un popolo, li mettiamo insieme in un contenitore e insieme a loro creiamo una magia che va e viene. È una bella prova di umanità che anche i nostri politici e amministratori dovrebbero studiare, sono prove generali di aggregazione. Quando la musica è l’obbiettivo comune le persone si comportano meglio, la società e la vita reale è l’esatto contrario. Se vogliamo cambiare la società, la prima cosa da fare non è il riarmo, la pace in Ucraina, o il governo Israeliano, ma ritrovare gli altri. Se non ritroviamo il prossimo abbiamo fallito la nostra missione umana”

“È giusta questa rivoluzione che stiamo facendo?” – La nostra generazione ha ereditato un grande mondo, regalatoci dei nostri genitori nati negli anni 40, noi non siamo stati capaci di trarre una lezione, né tantomeno di percorrere la giusta strada indicata i nostri genitori. Abbiamo dato il via alla rivoluzione digitale, un processo enorme, stiamo vivendo un rivoluzione, abbiamo contribuito a produrre questa, ma era la cosa giusta da fare? L’abbiamo fatta nel migliore dei metodi? Non mi sembra e la risposta è il titolo della canzone”

“I social portano all’autodistruzione” – La canzone ‘Ama o lascia stare’ viene dalla scritta su muro che vidi, ‘Ama o lascia perdere e mi ha fatto pensare molto. Nel brano diciamo che se l’alternativa ad amare è odiare non ce n’è bisogno. Ho letto un’indagine secondo la quale il 57% dei commenti sui social è di odio. I social dovevano unirci, ma i commenti negativi ci portano verso l’autodistruzione e un periodo buio, e questo ci preoccupa.

“Lucio Corsi è il vincitore morale di Sanremo” – Secondo noi Lucio Corsi è il vincitore morale del Festival di Sanremo. Su Instagram la faccia più visibile sembra sia la sua e questo fa molto piacere, perché è ‘analogico’ e poetico, con un’umiltà che ci risveglia tutti e una dolcezza e pacatezza. Si fa fotografare con 7/8 chitarre addosso, bravo Lucio”.

“Abbiamo iniziato con Mani Pulite” – Il nostro primo album è uscito nel 1994, subito dopo Mani pulite, che è stata una rivoluzione culturale oltre che politica e poi il manifestarsi dello strapotere berlusconiano, abbastanza opinabile rispetto allo spirito iniziale dei giudici che volevano mettere i corrotti in galera. Il nostro primo singolo diceva ‘Cambio di mentalità’, e sembrava che dopo la Prima Repubblica potesse esserci una rivoluzione. Poi siamo passati a una Seconda Repubblica che nessuno si aspettava, perché nessuno si attendeva la discesa di campo di uno come Berlusconi.

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Paolo Del Debbio sbotta in trasmissione: “Non se ne fot** nulla nessuno di Luca Bottura. Massimo Giannini parla come fosse Letterman, il ‘retequattrismo’ non so cosa sia. Andate a fare in ****”

Il giornalista si è rivolto alla telecamera del suo programma Dritto e Rovescio per replicare a Luca Bottura e Massimo Giannini che sui social avevano messo nel mirino i programmi informativi del Biscione
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Continua a tenere banco nei talk di Rete 4 il caso Prodi-Orefici, a margine di un evento pubblico l’ex premier ha tirato i capelli alla giornalista di “Quarta Repubblica. Paolo Del Debbio ha affrontato il tema nella puntata di “Dritto e rovescio” del 27 marzo rivolgendosi alla telecamera per replicare a Luca Bottura e Massimo Giannini che sui social avevano messo nel mirino i programmi informativi del Biscione difendendo apertamente Prodi.

“Volevo dire a Luca Bottura che ha scritto ‘il retequattrismo’, lo dica a sua sorella. Non esiste il ‘retequattrismo’. Se vuol dire che è qualcosa che non va bene, se lo tenga per sé, perché non se ne fotte nulla nessuno di Luca Bottura. Proprio zero, zero”, il commento durissimo di Del Debbio. L’autore qualche giorno fa su X si era così espresso: “Prodi ha fatto benissimo. Era ora che qualcuno desse al retequattrismo la risposta che merita. Peccato solo sia toccato a chi esegue ordini e non alla ghenga che ha trasformato una gran parte del giornalismo italiano nella cinghia di trasmissione della produzione di odio”. Per poi aggiungere che il “retequattrismo è violenza verbale e falsità deliberate”.

In serata Bottura, che è anche autore del competitor di Rai3 “Splendida Cornice“, ha replicato alle parole di Del Debbio via social: “Anni fa per Gene Gnocchi inventai un personaggio, Eugenio Del Dubbio, che faceva solo sondaggi farlocchi, montaggi falsati, e dava notizie totalmente inventate. Mi dicono che stasera un suo imitatore mi abbia citato. Nulla contro i comici, anzi. Ma le battute si pagano”.

Il conduttore di “Dritto e rovescio” ha messo nel suo mirino anche Massimo Giannini, il vicedirettore di Repubblica aveva parlato di “sicari del giornalismo di regime”: “Quell’altro piccolo genio di Massimo Giannini che dice: ‘è ora di rispondere a questo giornalismo’, come se lui fosse Letterman in Italia. Ma andate a fare in c*lo”. “Il ‘retequattrismo’ non so cosa sia. Io faccio il mio. Non ho mai avuto la tessera di un partito, non faccio parte di associazioni, di intruppamenti. Lo Sturmtruppen non mi piace”, aveva spiegato qualche tempo fa il giornalista toscano in un’intervista a Fanpage.

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Inter, nel Bayern Monaco scoppia il caso Thomas Müller: saltate le trattative per il rinnovo

La notizia fa scalpore in Germania: la bandiera del club dovrà dare l'addio in estate. Un'altra grana per Kompany prima dei quarti di Champions contro i nerazzurri
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Venerdì mattina la notizia è apparsa perfino in cima al sito della Bild, il più letto quotidiano tedesco: “Nessun nuovo contratto per Müller!”. Tradotto: il Bayern Monaco sta dando il ben servito alla sua bandiera Thomas Müller, l’attaccante che ha giocato 741 partite con la maglia dei bavaresi. Uno scossone non da poco, come testimonia l’eco che la notizia sta avendo in Germania. Una grana in più per il tecnico Vincent Kompany in vista del finale di stagione, che vede il Bayern in testa alla Bundesliga (+6 sul Bayer Leverkusen) e impegnato tra poco più di una settimana nei quarti di finale di Champions League contro l’Inter. I tedeschi puntano ad arrivare in fondo, visto che la finale si giocherà in casa loro, a Monaco.

È vero, Müller ha ormai 35 anni e non è più un titolare. Quest’anno ha giocato dall’inizio una partita su tre. Conta comunque 10 presenze su 12 partite stagionali di Champions, ma è bene non farsi ingannare: tra play-off e ottavi, ad esempio, è entrato in campo tre volte ma ha giocato complessivamente appena 10 minuti. Un trattamento non proprio rispettoso per un giocatore che con il Bayern Monaco e con la Nazionale tedesca ha vinto tutto. Infatti, già nelle scorse settimane si era parlato di un suo possibile trasferimento in MLS a fine stagione. Ora la Bild pare certa di questo scenario: la sua carriera con il Bayern giungerà al termine questa estate, si legge sul tabloid tedesco, che parla anche di “due trattative segrete” già andate a vuote.

Per l’ambiente Bayern, come detto, è un evento non da poco. I bavaresi sono già alle prese con una grave emergenza difensiva: al momento sono fermi ai box il portiere Manuel Neuer, il centrale Upamecano e il terzino Alphonso Davies. Per quanto riguarda Neuer, c’è il concreto rischio che salti almeno l’andata contro l’Inter prevista a Monaco di Baviera l’8 aprile per via del problema al polpaccio. Davies invece ha finito la stagione (rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro) e Upamecano potrebbe rientrare tra più di un mese. Quindi anche il difensore francese salterà il doppio confronto con l’Inter: il ritorno a San Siro è in programma il 16 aprile. Al tecnico Kompany poi mancheranno anche il centrocampista Pavlovic e l’esterno Coman. In attacco però punterà sul trio Olise, Musiala, Sané dietro a Kane. E avrà la carta Müller da giocare a partita in corsa, se le tensioni si saranno risolte.

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“Spazio extra per le gambe e posti a sedere prioritari, abbiamo aggiunto qualche costo”: la ‘vendetta’ del ristorante nel conto del Ceo di Ryanair Michael O’Leary

"Spero non le dispiaccia se abbiamo aggiunto qualche costo extra", scrive ironicamente il locale Luvida dopo aver presentato al milionario Michael O'Leary un conto con sovrapprezzi in stile Ryanair. La "vendetta" social diventa virale, proprio mentre la compagnia introduce nuove penali
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C’è chi semina vento e raccoglie tempesta, e chi semina sovrapprezzi… e si ritrova un contogonfiato” al ristorante. È la singolare esperienza vissuta da Michael O’Leary, il milionario Ceo di Ryanair, noto per le politiche tariffarie aggressive della sua compagnia aerea low cost. Durante una cena al ristorante Luvida di Navan, in Irlanda, il magnate si è visto recapitare un conto decisamente “originale”. I proprietari del locale, evidentemente ispirati dalle pratiche commerciali della compagnia aerea, hanno deciso di applicare al conto di O’Leary una serie di costi aggiuntivi del tutto simili a quelli che i passeggeri Ryanair conoscono fin troppo bene:

€7,95 (£6,25) per “spazio extra per le gambe”
€9,95 (£8,32) per “posti a sedere prioritari”
€19,95 (£16,69) per “prenotazione in zona tranquilla”

Una “vendetta” servita fredda (o calda, come il branzino ordinato da O’Leary), che ha portato il conto totale a 142,30 euro (£119,04), comprensivo, oltre agli “extra”, di una bottiglia di Pinot Grigio, gamberi in pastella, funghi su pane tostato e, appunto, il branzino. Il ristorante non ha perso tempo e ha condiviso l’impresa (con tanto di scontrino) sui propri canali social, scrivendo ironicamente: “Grazie a Michael O’Leary per aver scelto di cenare con noi stasera. È stato un piacere ospitarvi. Spero che non vi dispiaccia se abbiamo aggiunto qualche costo extra al vostro conto per lo spazio extra per le gambe, i posti a sedere prioritari e la prenotazione in area tranquilla”.

Il post è diventato immediatamente virale, scatenando l’ilarità e l’approvazione di migliaia di utenti, evidentemente soddisfatti della “lezione” impartita al re dei voli low cost. “Mi piace tantissimo… Sono sicuro che Michael ne ha colto il lato divertente“, si legge in un commento. E un altro aggiunge: “Spero che gli abbiano dato un posto vicino al finestrino”.

L’ironia della sorte ha voluto che questa giocosa “vendetta” arrivasse proprio in concomitanza con l’introduzione da parte di Ryanair di nuove regole per i bagagli a mano e una salatissima penale. Da marz, infatti, i passeggeri che effettuano il check-in in aeroporto in ritardo (ovvero meno di 40 minuti prima della partenza) sono soggetti a una multa di 100 euro/sterline, denominata ufficialmente “penale per mancata partenza”. Una regola, specifica la compagnia, che si applicherà anche “ai clienti che si presenteranno alla biglietteria fino a un’ora dopo la partenza del volo per prendere il volo successivo disponibile”.

Insomma, mentre Ryanair continua a trovare nuovi modi per aggiungere costi extra ai suoi biglietti, un piccolo ristorante irlandese ha dimostrato che, a volte, la miglior risposta è una buona dose di ironia (e un conto leggermente “personalizzato”). Chissà se Michael O’Leary, la prossima volta, controllerà con più attenzione le voci sullo scontrino…

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Elon Musk si lamenta dei dazi, ma Tesla è la meno esposta. Problemi invece per Hyundai, Vw e GM

Il marchio di EV ha fabbriche su suolo domestico, e fino al 75% dei componenti usati sono made in Usa. Costi più alti per i marchi stranieri
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Mentre i car makers sono rintronati dai dazi al 25% sulle vetture importate negli USA, promulgati in pompa magna da Donald Trump, c’è chi sostiene che le misure economiche decise dalla Casa Bianca avvantaggeranno la Tesla di Elon Musk, fra i fedelissimi del presidente Usa. Le nuove tariffe del 25% (oltre a qualsiasi dazio già in vigore) si applicheranno a tutti i veicoli passeggeri e ai camion leggeri importati negli USA, nonché a parti essenziali come motori, trasmissioni e componenti elettrici.

In effetti, Tesla ha fabbriche in California e Texas, che producono tutte le auto che la marca vende negli Stati Uniti. Tesla è quindi la meno esposta ai nuovi dazi, sostiene l’analista di CFRA Research Garrett Nelson. Mentre i principali rivali, come Hyundai, Volkswagen e la (statunitense) General Motors dovranno presto affrontare costi assai più elevati.

Musk comunque la butta sul “chiagni e fotti”, affermando che Tesla non uscirà completamente indenne dalle manovre di Trump: in alcuni recentissimi post su X, il “divino” Elon ha spiegato che i dazi avranno impatto “significativo” sull’azienda e un effetto “non banale” sui prezzi dei pezzi di ricambio per auto importati negli USA e utilizzati da Tesla.

Tuttavia, tra il 60 e il 75% dei componenti utilizzati da Tesla sono fabbricati negli Stati Uniti e il resto arriva prevalentemente dal Messico. Ma poiché il valore dei pezzi importati non è chiaro, l’impatto finanziario dei dazi su Tesla rimane ad oggi sconosciuto. E poco conta che Trump abbia insistito sul fatto che non vi sia alcun conflitto di interessi fra le sue decisioni e gli affari di Musk, numero uno di Tesla ma anche capo del dipartimento che dovrà efficientare la pubblica amministrazione americana e a cui Trump ha dato in mano le chiavi di Marte.

“Ci sono pochissimi vincitori” con i dazi, afferma Sam Fiorani, vicepresidente delle previsioni globali sui veicoli per AutoForecast Solutions, in un’intervista rilasciata a Bloomberg: “I consumatori saranno i perdenti perché avranno una scelta ridotta e prezzi più alti”. Anche l’americana Ford potrebbe affrontare un impatto meno grave rispetto ad alcuni rivali: circa l’80% delle auto che vende negli Stati Uniti sono “Made in USA”. Il suo piccolo pick-up entry-level Maverick arriva dal Messico, però, così come il Suv compatto Bronco Sport e la Mustang Mach-E.

Chiaro che i marchi stranieri che dipendono fortemente dai veicoli importati negli USA saranno quelli che subiranno la pressione maggiore. La sopracitata Hyundai rischia di essere tra i più colpiti: sebbene il colosso coreano abbia stabilimenti in Alabama e Georgia e impieghi 570mila persone negli Stati Uniti (e abbia annunciato questa settimana un piano di espansione americano da 21 miliardi di dollari), nel 2024 ha importato più di un milione di veicoli negli States. Tradotto, significa che Hyundai (e la sua controllata Kia) potrebbero dover pagare fino a 7 miliardi di dollari all’anno per i dazi di Trump. Secondo Hyuk Jin Yoon, analista di SK Securities con sede a Seoul, ciò rappresenta quasi il 40% dell’utile operativo totale conseguito nel 2024.

Molto esposta anche Toyota: nonostante abbia quattro stabilimenti di assemblaggio distribuiti tra Kentucky, Indiana, Mississippi e Texas, oltre a stabilimenti di motori in West Virginia e Alabama, la più grande casa automobilistica al mondo importa circa la metà di ciò che vende negli Stati Uniti. Sicché i dazi potrebbero ridurre del 6% l’utile operativo stimato di Toyota per l’anno fiscale 2026, secondo gli analisti di Goldman Sachs Japan.

La Nissan, già in difficoltà finanziarie, sarà probabilmente la più colpita tra le principali case automobilistiche giapponesi, col suo utile operativo stimato che probabilmente si ridurrà del 56%. Per le medesime ragioni, Subaru potrebbe vedere il suo utile operativo del 2026 scendere del 23%, sempre secondo Goldman Sachs.

Nemmeno le case automobilistiche di Detroit sono state risparmiate dalle politiche economiche trumpiane: GM importa alcuni pick-up, come lo Chevrolet Silverado, dagli stabilimenti in Messico e Canada. Mentre il Suv compatto Chevy Trax arriva dalla Corea del Sud e il crossover SUV Chevrolet Equinox dal Messico. E nel 2024 GM ha venduto più di 200 mila pezzi fra Equinox e Trax. Stellantis, invece, produce i Suv Jeep Compass e Wagoneer S in Messico e importa i suoi minivan Chrysler Pacifica dal Canada e le compatte Dodge Hornet e Fiat 500 dall’Italia. Centinaia di migliaia di vetture per le quali andrà pagato un nuovo obolo, lo stesso che, perlomeno in parte, sarà scucito dalle tasche dei clienti.

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