Nei dieci Paesi al mondo più colpiti dall’alternarsi di inondazioni e siccità, il numero di sfollati climatici è più che raddoppiato nell’ultimo decennio. Solo nel 2023, centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire otto milioni di volte dalle proprie case per mettersi in salvo. Gli Stati più colpiti sono Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Kenya, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia, con una crescita esponenziale del numero di persone costrette a fuggire anche più volte a causa di disastri climatici: dai 3,5 milioni nel 2013 ai 7,9 milioni nel 2023, ossia il 120% in più (secondo i dati del Global Internal Displacement Database). È l’allarme lanciato da Oxfam, con una nuova analisi diffusa in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Numeri e storie che raccontano l’emergenza in corso. Come quella di Hassan Mohamed, che oggi è costretto a vivere da sfollato a Baidoa, città a nord-ovest di Mogadiscio, la capitale della Somalia: “Tutti i miei animali sono morti a causa della siccità. Così sono stato costretto a viaggiare per tre giorni assieme ai miei figli, senza acqua e cibo. Alcuni di loro si sono ammalati per questo”, ricorda.

Chi paga il prezzo – Nei dieci Paesi che stanno pagando il prezzo più caro dei cambiamenti climatici si assiste alla crescita delle aree colpite da siccità e inondazioni sempre più frequenti, passate da appena 24 nel 2013 a 656 lo scorso anno: la sola Somalia, ad esempio, è stata colpita da 223 diversi eventi meteorologici estremi l’anno scorso, mentre dieci anni fa erano stati solo due, le Filippine 74 volte (erano state tre), il Brasile 79 contro quattro, la Malesia 127 contro appena un evento registrato dieci anni prima. Oxfam ha calcolato inoltre che in cinque di questi Paesi, meno preparati ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici – ossia Bangladesh, Etiopia, Kenya, Pakistan e Somalia – il numero di persone colpite da malnutrizione acuta è quasi triplicato, passando da 14 milioni nel 2013 a oltre 55 milioni nel 2023. “Come ci dicono i dati Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ndr) nel 2023 abbiamo toccato la cifra record di 120 milioni di rifugiati nel mondo, dovuti prevalentemente ai cambiamenti climatici, che spesso si sommano a guerre e povertà” spiega Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia.

Somalia, Pakistan, Bangladesh: le vittime dell’ingiustizia climatica – A subire le conseguenze più tragiche dei cambiamenti climatici sono purtroppo quelle stesse comunità che non ne hanno responsabilità: dalle decine di morti a causa dal caldo torrido in Bangladesh, alle migliaia di persone costrette a fuggire dalle inondazioni in Pakistan. In Somalia, ad esempio, il costante aumento delle temperature ha portato negli ultimi anni a siccità sempre più frequenti e prolungate, spesso seguite da inondazioni improvvise e cicloni. Nonostante il Paese sia responsabile di meno dello 0,03% delle emissioni globali di Co2, ha subito danni per miliardi di dollari a causa dei disastri climatici. Solo le inondazioni di dicembre 2023, dopo cinque anni di siccità ininterrotta, hanno causato perdite stimate in 230 milioni di dollari, oltre a 1,2 milioni di sfollati e 118 vittime. Una catastrofe che è andata a sommarsi alla guerra e ha moltiplicato gli effetti della crisi economica: il risultato è che oggi metà della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere.

In Bangladesh, invece, cicloni imprevedibili e altri eventi estremi hanno costretto l’anno scorso oltre 1,8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, provocando gravi danni a infrastrutture essenziali come scuole e mercati. “Abbiamo perso la casa quattro volte a causa dei cicloni e oggi siamo indebitati perché abbiamo dovuto fare un mutuo per ricomprarla. Nostro figlio è l’unico a guadagnare, ma fatica a trovare un lavoro nella zona” raccontano Asgor Kha e Moriom, che vivono nel villaggio di Lebubunia, nella regione di Satkhira. Senza raccolto né reddito, tante famiglie bangladesi si sono dovute trasferire, anche più di una volta. Chi non lo ha fatto vive nella costante paura del futuro per i ripetuti disastri subiti. Il Paese, settimo al mondo per vulnerabilità rispetto agli impatti del cambiamento climatico, contribuisce appena allo 0,56% delle emissioni globali di anidride carbonica. “I paesi ricchi e più inquinanti devono ridurre le emissioni e onorare gli impegni di finanziamento nei confronti dei paesi più colpiti dalla crisi climatica, risarcendo i danni che hanno contribuito a causare”, conclude Petrelli.

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