Ius scholae, ius soli, ius culturae: quanti sarebbero i nuovi italiani
Durante l’estate si è tornati a parlare di un possibile cambiamento della legge sulla cittadinanza, per concederla a chi è nato in Italia da genitori stranieri o a chi vi ha frequentato un ciclo scolastico. Al centro del meccanismo sarebbe la scuola.
Se chiedessimo a un bambino “chi sono gli italiani?”, la risposta più ovvia sarebbe: “quelli che abitano in Italia”. In realtà, ovviamente, non tutte le persone che abitano in Italia hanno cittadinanza italiana: su 59 milioni di residenti, circa 5 milioni sono stranieri. La distinzione tra “cittadini” e “stranieri” è stabilita dalla legge, e varia da paese a paese.
Negli ultimi dieci anni il dibattito sulla cittadinanza è emerso più volte, quasi carsicamente, senza arrivare mai a una modifica sostanziale della normativa vigente (legge 91/1992). La questione è complessa e coinvolge diverse dimensioni (giuridica, sociale, culturale), ma è innanzitutto identitaria: definendo chi è “italiano”, si delimita la comunità, generando differenze fra “cittadini” e “stranieri”.
Nel delicato equilibrio traius solie ius sanguinis, la normativa italiana è fortemente sbilanciata verso il secondo: la regola generale è, infatti, che si considera “italiano” chi nasce da genitori italiani, indipendentemente da dove nasca. L’approccio è frutto di un dibattito che risale ai primi anni Novanta, periodo in cui l’Italia era ancora più un Paese di emigrazione che di immigrazione. Privilegiando il principio di sangue, si intendeva mantenere un legame con gli italiani emigrati in Argentina, Brasile, Stati Uniti o Australia, e con i loro discendenti. In quel periodo, l’esperienza italiana di immigrazione era invece ancora embrionale, per cui il tema dei figli degli immigrati non era ancora sorto.
I promotori della riforma ritengono quindi anacronistico continuare a considerare “italiani” i discendenti di chi ha lasciato l’Italia un secolo fa e “stranieri” i figli degli immigrati, che sono nati in Italia e hanno frequentato le scuole nel nostro paese. Con il paradosso che i primi, formalmente “italiani”, potrebbero non aver mai messo piede in Italia, mentre i secondi, considerati “stranieri”, spesso non hanno mai visitato il Paese d’origine dei genitori.
Oggi lo ius soli in Italia esiste già, ma è molto marginale: chi è nato in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno di etàe a determinate condizioni. Si tratta quindi di un meccanismo non automatico e sottoposto a rigide condizioni.
La riforma fallita del 2015
Già nella legislatura 2008-2013, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente della Camera Gianfranco Fini avevano auspicato una riforma della cittadinanza, con una più ampia applicazione dello ius soli.
Nel 2013 il tema fu riproposto dalla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge e si arrivò, nel settembre 2015, all’approvazione alla Camera di una riforma che introduceva unoius soli temperato (pur non automatico) e lo ius culturae, ovvero la possibilità di ottenere la cittadinanza dopo un ciclo scolastico. La riforma, tuttavia, non fu mai ratificata dal Senato e, quindi, non divenne legge.
La normativa italiana è una delle poche in Europa (e nel mondo) quasi esclusivamente sbilanciate verso lo ius sanguinis. Lo ius soli “puro” vige, ad esempio, negli Stati Uniti, dove chi nasce in territorio Usa è automaticamente cittadino americano. In Europa, in diversi paesi vige uno ius soli “temperato”. In Germania, ad esempio, la condizione è rappresentata dagli anni di residenza legale nel Paese da parte dei genitori, recentemente ridotti da otto a cinque. Situazione simile in Belgio, dove la condizione per la concessione (automatica) della cittadinanza è che almeno uno dei due genitori sia nato in Belgio o abbia vissuto lì almeno 5 degli ultimi 10 anni. In Francia, in cui la storia coloniale ha portato a un modello di cittadinanza complesso ma sostanzialmente inclusivo, la cittadinanza per ius soli è automatica al compimento del diciottesimo anno se i genitori avevano regolare permesso di soggiorno al momento della nascita.
In Spagna, infine, basta un anno di residenza per poter chiedere la cittadinanza per ius soli.
Quanti sarebbero i nuovi italiani?
A questo punto, è naturale chiedersi cosa succederebbe se in Italia venisse approvata una riforma della cittadinanza.
Innanzitutto, partiamo dalla platea potenziale, ovvero i minori stranieri. Oggi, secondo i dati Istat, i minori stranieri sono poco più di 1 milione, un quinto degli stranieri regolarmente presenti in Italia.
Con l’introduzione di uno ius soli puro e automatico, sul modello degli Stati Uniti, otterrebbero la cittadinanza italiana tutti i nati in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. In sintesi, in questo scenario, “chi nasce in Italia è considerato automaticamente italiano”. Negli ultimi 18 anni (2006-2023) nel nostro paese sono nati 1,2 milioni di bambini stranieri, con una media di 67 mila nascite l’anno. Negli ultimi anni la natalità si è ridotta anche tra gli stranieri, arrivando a circa 50 mila nascite all’anno.
Il fatto che i nati stranieri negli ultimi dieci anni siano più dei minori stranieri presenti oggi in Italia può dipendere da due fattori. Innanzitutto, le emigrazioni: è possibile che parte dei nati stranieri abbia lasciato l’Italia assieme alla famiglia. Inoltre, è possibile che alcuni di questi siano già diventati italiani, nel caso in cui i genitori abbiano acquisito la cittadinanza per residenza (dieci anni). Dunque, in questo scenario (estremo), otterrebbero la cittadinanza italiana tutti i minori stranieri nati in Italia (1,2 milioni), più i futuri nuovi nati (50 mila all’anno).
Tuttavia, nessun disegno di legge presentato in Parlamento ha mai previsto l’introduzione dello ius soli “puro”. Ad esempio, la proposta di riforma approvata alla Camera, ma non dal Senato, nel 2015 prevedeva due casi: ius soli (temperato) e ius culturae.
Con lo ius soli temperato si riconosce (il diritto a richiedere) la cittadinanza italiana a chi è “nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue)”. Si tratta di un meccanismo molto simile a quello inglese, ad esempio. In questo caso, potrebbero richiedere la cittadinanza italiana i figli di immigrati nati in Italia dal 2006 al 2023 (oggi ancora minorenni) i cui genitori sono in possesso del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue). Da fonti Istat possiamo stimare che circa il 67 per cento dei nati stranieri soddisfi questo requisito.
Quindi, su 1,2 milioni nati stranieri, si può stimare in 817mila la quota con genitori residenti da almeno 5 anni. A questa platea di beneficiari immediati, andrebbe aggiunta poi una quota annua rispetto ai nuovi nati: su 50mila nati all’anno, quelli con genitori residenti da almeno cinque anni possono essere tra i 35mila e i 40mila.
La proposta di riforma del 2015 prevedeva, oltre allo ius soli temperato, anche loius culturae, ovvero il diritto a chiedere la cittadinanza italiana per “il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, qualora abbia frequentato regolarmente (ai sensi della normativa vigente) un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale”.
Successivamente, nel 2022 fu tentato nuovamente di proporre la misura, con piccole variazioni nei requisiti, con il nome di ius scholae. Lo ius culturae o ius scholae non esiste in quasi nessun paese europeo, anche se può essere considerato una variante dello ius soli temperato, dato che la frequenza scolastica rappresenta una condizione che si aggiunge al luogo di nascita. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione e del merito relativi all’anno scolastico 2022/2023, gli alunni stranieri in Italia sono oltre 900 mila, pari all’11,2% del totale. Di questi, oltre il 65 per cento è nato in Italia. A partire da questi dati possiamo stimare in 135mila gli alunni nati all’estero che hanno già completato cinque anni di scuola in Italia, a cui se ne aggiungerebbero altri 6-7mila ogni anno.
Naturalmente queste stime riguardano la platea di possibili beneficiari, ma è difficile stabilire quanti sarebbero realmente interessati. Ad esempio, per alcune nazionalità (per esempio, la Cina) acquisire la cittadinanza italiana significa perdere quella del paese d’origine, e questo può rappresentare certamente un disincentivo.
Infine, i recenti giochi olimpici hanno riportato l’attenzione sul cosiddetto ius soli sportivo. In questo caso, il termine è piuttosto ambiguo, lasciando intendere una possibilità di naturalizzazione per meriti sportivi. In realtà, dal 2016 esiste già una legge che prevede la possibilità per i minori stranieri regolarmente residenti in Italia “almeno dal compimento del decimo anno di età” di essere tesserati presso le federazioni sportive “con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”.
Più che una deroga alla legge sulla cittadinanza, sembra quindi una procedura più snella per una categoria specifica di atleti (e per le loro federazioni).
La misura, peraltro, sottintende una visione utilitaristica dell’identità nazionale, favorendo chi pratica sport e quindi, potenzialmente, può portare vittorie e medaglie. E allora perché non creare meccanismi simili anche per chi ha talenti in altri campi, come la musica, la danza o la matematica? E, a quel punto, non sarebbe comunque ingiusto escludere chi non ha questi talenti (o magari non li ha ancora scoperti o non li ha potuti coltivare)?
Ecco, quindi, che torniamo al punto di partenza: “chi sono gli italiani?”. Nel 1861 Massimo D’Azeglio diceva “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, alludendo alla necessità di creare un senso di appartenenza condiviso. In quel periodo giocò un ruolo fondamentale la scuola, attraverso l’alfabetizzazione e l’insegnamento della lingua. Anche oggi, dopo 160 anni, la scuola è al centro del dibattito sulla cittadinanza. Lo ius scholae non sarebbe una rivoluzione, nel senso che la cittadinanza ai figli di immigrati rimarrebbe “concessa” su richiesta, e non acquisita automaticamente. Ma sarebbe un passo avanti nella presa d’atto che la cittadinanza non è un concetto immutabile.
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La Redazione
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Perchè il capo della polizia giudiziaria libica Almasri arrestato sabato a Torino, per la Corte Penale Internazionale colpevole di crimini di guerra e contro la dignità umana, è stato scarcerato e rimandato in Libia? È una pagina inquietante, il governo deve spiegazioni". Così su X Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli? Oggi invece ha liberato il trafficante e torturatore libico Almasri Habish e lo ha rimandato in Libia, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Che vergogna Giorgia Meloni". Lo dichiara il coportavoce nazionale di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Rimaniamo in attesa della conferma ufficiale e della motivazione che ha portato alla scarcerazione del trafficante di esseri umani libico arrestato nei giorni scorsi a Torino". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Naturalmente se questo personaggio potrà lasciare tranquillamente l’Italia invece di essere consegnato alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato sarà chiaro a tutti - alla CPI, all’Interpol, alla comunità internazionale e ai cittadini del nostro Paese - che l’attuale governo italiano, Meloni, Nordio, Piantedosi proteggono i trafficanti di esseri umani e i torturatori libici".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "È gravissimo che il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, arrestato domenica scorsa a Torino, sia stato rilasciato e rinviato in Libia, nonostante ci sia un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Presentiamo una interrogazione urgente al ministro Nordio affinché venga a riferire in aula già nelle prossime ore”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "La vicenda della scarcerazione del generale Almasri è gravissima. Domani mattina chiederemo conto al Ministro Nordio in aula di questa scelta che a noi sembra assurda. Cosa c’è sotto?". Così Matteo Renzi sui social.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - “Per il ministro Salvini, dal primo di gennaio i ritardi ferroviari sono tutta colpa dell'eversione e del sabotaggio. Peccato che i dati dell’ultimo trimestre, senza catene sulla linea, senza sabotaggi, senza esposti, dicano che il 72 % dei treni ad alta velocità è arrivato in ritardo, che il Frecciargento Bari - Roma non è mai arrivato in orario e che il Frecciarossa Reggio Calabria - Milano ha avuto un ritardo medio di 46 minuti, con picchi di 468 minuti". Lo ha dichiarato Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, rispondendo all’informativa del ministro Salvini sul trasporto ferroviario.
"I rimborsi complessivi dovuti a Trenitalia per ritardi dei treni sono superiori a 100 milioni di euro l'anno: circa 8 milioni e mezzo di euro al mese. Davanti a questa situazione emergenziale, ancora una volta il Ministro evita di discutere in aula la sua strategia dei trasporti. Avremmo voluto sapere dal Ministro se conferma la scelta di aumentare l’offerta dell’alta velocità, atteso il fatto che questo aumento contrae la possibilità di manutenzione ordinaria e quindi la prevenzione dei guasti".
"Soprattutto perché, se su quella stessa rete si pensa di mettere un terzo operatore, l'usura sarà ulteriormente esasperata. È su questo che avevamo chiesto un'informativa del Ministro: sui ritardi, sui guasti, sui disagi, sulle strategie per le politiche del trasporto pubblico in Italia, non sugli esposti sacrosanti. Ancora un’occasione perduta”.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Giorgia Meloni voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia. Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare". Così la segretaria del Pd Elly Schlein
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Lavoce.info
Watchdog della politica economica italiana
Diritti - 7 Settembre 2024
Ius scholae, ius soli, ius culturae: quanti sarebbero i nuovi italiani
Durante l’estate si è tornati a parlare di un possibile cambiamento della legge sulla cittadinanza, per concederla a chi è nato in Italia da genitori stranieri o a chi vi ha frequentato un ciclo scolastico. Al centro del meccanismo sarebbe la scuola.
di Enrico Di Pasquale (Fonte: lavoce.info)
La normativa italiana fondata sullo ius sanguinis
Se chiedessimo a un bambino “chi sono gli italiani?”, la risposta più ovvia sarebbe: “quelli che abitano in Italia”. In realtà, ovviamente, non tutte le persone che abitano in Italia hanno cittadinanza italiana: su 59 milioni di residenti, circa 5 milioni sono stranieri. La distinzione tra “cittadini” e “stranieri” è stabilita dalla legge, e varia da paese a paese.
Negli ultimi dieci anni il dibattito sulla cittadinanza è emerso più volte, quasi carsicamente, senza arrivare mai a una modifica sostanziale della normativa vigente (legge 91/1992). La questione è complessa e coinvolge diverse dimensioni (giuridica, sociale, culturale), ma è innanzitutto identitaria: definendo chi è “italiano”, si delimita la comunità, generando differenze fra “cittadini” e “stranieri”.
Nel delicato equilibrio tra ius soli e ius sanguinis, la normativa italiana è fortemente sbilanciata verso il secondo: la regola generale è, infatti, che si considera “italiano” chi nasce da genitori italiani, indipendentemente da dove nasca. L’approccio è frutto di un dibattito che risale ai primi anni Novanta, periodo in cui l’Italia era ancora più un Paese di emigrazione che di immigrazione. Privilegiando il principio di sangue, si intendeva mantenere un legame con gli italiani emigrati in Argentina, Brasile, Stati Uniti o Australia, e con i loro discendenti. In quel periodo, l’esperienza italiana di immigrazione era invece ancora embrionale, per cui il tema dei figli degli immigrati non era ancora sorto.
I promotori della riforma ritengono quindi anacronistico continuare a considerare “italiani” i discendenti di chi ha lasciato l’Italia un secolo fa e “stranieri” i figli degli immigrati, che sono nati in Italia e hanno frequentato le scuole nel nostro paese. Con il paradosso che i primi, formalmente “italiani”, potrebbero non aver mai messo piede in Italia, mentre i secondi, considerati “stranieri”, spesso non hanno mai visitato il Paese d’origine dei genitori.
Oggi lo ius soli in Italia esiste già, ma è molto marginale: chi è nato in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno di età e a determinate condizioni. Si tratta quindi di un meccanismo non automatico e sottoposto a rigide condizioni.
La riforma fallita del 2015
Già nella legislatura 2008-2013, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente della Camera Gianfranco Fini avevano auspicato una riforma della cittadinanza, con una più ampia applicazione dello ius soli.
Nel 2013 il tema fu riproposto dalla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge e si arrivò, nel settembre 2015, all’approvazione alla Camera di una riforma che introduceva uno ius soli temperato (pur non automatico) e lo ius culturae, ovvero la possibilità di ottenere la cittadinanza dopo un ciclo scolastico. La riforma, tuttavia, non fu mai ratificata dal Senato e, quindi, non divenne legge.
La normativa italiana è una delle poche in Europa (e nel mondo) quasi esclusivamente sbilanciate verso lo ius sanguinis. Lo ius soli “puro” vige, ad esempio, negli Stati Uniti, dove chi nasce in territorio Usa è automaticamente cittadino americano. In Europa, in diversi paesi vige uno ius soli “temperato”. In Germania, ad esempio, la condizione è rappresentata dagli anni di residenza legale nel Paese da parte dei genitori, recentemente ridotti da otto a cinque. Situazione simile in Belgio, dove la condizione per la concessione (automatica) della cittadinanza è che almeno uno dei due genitori sia nato in Belgio o abbia vissuto lì almeno 5 degli ultimi 10 anni. In Francia, in cui la storia coloniale ha portato a un modello di cittadinanza complesso ma sostanzialmente inclusivo, la cittadinanza per ius soli è automatica al compimento del diciottesimo anno se i genitori avevano regolare permesso di soggiorno al momento della nascita.
In Spagna, infine, basta un anno di residenza per poter chiedere la cittadinanza per ius soli.
Quanti sarebbero i nuovi italiani?
A questo punto, è naturale chiedersi cosa succederebbe se in Italia venisse approvata una riforma della cittadinanza.
Innanzitutto, partiamo dalla platea potenziale, ovvero i minori stranieri. Oggi, secondo i dati Istat, i minori stranieri sono poco più di 1 milione, un quinto degli stranieri regolarmente presenti in Italia.
Con l’introduzione di uno ius soli puro e automatico, sul modello degli Stati Uniti, otterrebbero la cittadinanza italiana tutti i nati in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. In sintesi, in questo scenario, “chi nasce in Italia è considerato automaticamente italiano”. Negli ultimi 18 anni (2006-2023) nel nostro paese sono nati 1,2 milioni di bambini stranieri, con una media di 67 mila nascite l’anno. Negli ultimi anni la natalità si è ridotta anche tra gli stranieri, arrivando a circa 50 mila nascite all’anno.
Il fatto che i nati stranieri negli ultimi dieci anni siano più dei minori stranieri presenti oggi in Italia può dipendere da due fattori. Innanzitutto, le emigrazioni: è possibile che parte dei nati stranieri abbia lasciato l’Italia assieme alla famiglia. Inoltre, è possibile che alcuni di questi siano già diventati italiani, nel caso in cui i genitori abbiano acquisito la cittadinanza per residenza (dieci anni). Dunque, in questo scenario (estremo), otterrebbero la cittadinanza italiana tutti i minori stranieri nati in Italia (1,2 milioni), più i futuri nuovi nati (50 mila all’anno).
Tuttavia, nessun disegno di legge presentato in Parlamento ha mai previsto l’introduzione dello ius soli “puro”. Ad esempio, la proposta di riforma approvata alla Camera, ma non dal Senato, nel 2015 prevedeva due casi: ius soli (temperato) e ius culturae.
Con lo ius soli temperato si riconosce (il diritto a richiedere) la cittadinanza italiana a chi è “nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue)”. Si tratta di un meccanismo molto simile a quello inglese, ad esempio. In questo caso, potrebbero richiedere la cittadinanza italiana i figli di immigrati nati in Italia dal 2006 al 2023 (oggi ancora minorenni) i cui genitori sono in possesso del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue). Da fonti Istat possiamo stimare che circa il 67 per cento dei nati stranieri soddisfi questo requisito.
Quindi, su 1,2 milioni nati stranieri, si può stimare in 817mila la quota con genitori residenti da almeno 5 anni. A questa platea di beneficiari immediati, andrebbe aggiunta poi una quota annua rispetto ai nuovi nati: su 50mila nati all’anno, quelli con genitori residenti da almeno cinque anni possono essere tra i 35mila e i 40mila.
La proposta di riforma del 2015 prevedeva, oltre allo ius soli temperato, anche lo ius culturae, ovvero il diritto a chiedere la cittadinanza italiana per “il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, qualora abbia frequentato regolarmente (ai sensi della normativa vigente) un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale”.
Successivamente, nel 2022 fu tentato nuovamente di proporre la misura, con piccole variazioni nei requisiti, con il nome di ius scholae. Lo ius culturae o ius scholae non esiste in quasi nessun paese europeo, anche se può essere considerato una variante dello ius soli temperato, dato che la frequenza scolastica rappresenta una condizione che si aggiunge al luogo di nascita. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione e del merito relativi all’anno scolastico 2022/2023, gli alunni stranieri in Italia sono oltre 900 mila, pari all’11,2% del totale. Di questi, oltre il 65 per cento è nato in Italia. A partire da questi dati possiamo stimare in 135mila gli alunni nati all’estero che hanno già completato cinque anni di scuola in Italia, a cui se ne aggiungerebbero altri 6-7mila ogni anno.
Naturalmente queste stime riguardano la platea di possibili beneficiari, ma è difficile stabilire quanti sarebbero realmente interessati. Ad esempio, per alcune nazionalità (per esempio, la Cina) acquisire la cittadinanza italiana significa perdere quella del paese d’origine, e questo può rappresentare certamente un disincentivo.
Infine, i recenti giochi olimpici hanno riportato l’attenzione sul cosiddetto ius soli sportivo. In questo caso, il termine è piuttosto ambiguo, lasciando intendere una possibilità di naturalizzazione per meriti sportivi. In realtà, dal 2016 esiste già una legge che prevede la possibilità per i minori stranieri regolarmente residenti in Italia “almeno dal compimento del decimo anno di età” di essere tesserati presso le federazioni sportive “con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”.
Più che una deroga alla legge sulla cittadinanza, sembra quindi una procedura più snella per una categoria specifica di atleti (e per le loro federazioni).
La misura, peraltro, sottintende una visione utilitaristica dell’identità nazionale, favorendo chi pratica sport e quindi, potenzialmente, può portare vittorie e medaglie. E allora perché non creare meccanismi simili anche per chi ha talenti in altri campi, come la musica, la danza o la matematica? E, a quel punto, non sarebbe comunque ingiusto escludere chi non ha questi talenti (o magari non li ha ancora scoperti o non li ha potuti coltivare)?
Ecco, quindi, che torniamo al punto di partenza: “chi sono gli italiani?”. Nel 1861 Massimo D’Azeglio diceva “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, alludendo alla necessità di creare un senso di appartenenza condiviso. In quel periodo giocò un ruolo fondamentale la scuola, attraverso l’alfabetizzazione e l’insegnamento della lingua. Anche oggi, dopo 160 anni, la scuola è al centro del dibattito sulla cittadinanza. Lo ius scholae non sarebbe una rivoluzione, nel senso che la cittadinanza ai figli di immigrati rimarrebbe “concessa” su richiesta, e non acquisita automaticamente. Ma sarebbe un passo avanti nella presa d’atto che la cittadinanza non è un concetto immutabile.
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Giustizia & Impunità
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Politica
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Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli? Oggi invece ha liberato il trafficante e torturatore libico Almasri Habish e lo ha rimandato in Libia, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Che vergogna Giorgia Meloni". Lo dichiara il coportavoce nazionale di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Rimaniamo in attesa della conferma ufficiale e della motivazione che ha portato alla scarcerazione del trafficante di esseri umani libico arrestato nei giorni scorsi a Torino". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Naturalmente se questo personaggio potrà lasciare tranquillamente l’Italia invece di essere consegnato alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato sarà chiaro a tutti - alla CPI, all’Interpol, alla comunità internazionale e ai cittadini del nostro Paese - che l’attuale governo italiano, Meloni, Nordio, Piantedosi proteggono i trafficanti di esseri umani e i torturatori libici".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "È gravissimo che il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, arrestato domenica scorsa a Torino, sia stato rilasciato e rinviato in Libia, nonostante ci sia un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Presentiamo una interrogazione urgente al ministro Nordio affinché venga a riferire in aula già nelle prossime ore”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "La vicenda della scarcerazione del generale Almasri è gravissima. Domani mattina chiederemo conto al Ministro Nordio in aula di questa scelta che a noi sembra assurda. Cosa c’è sotto?". Così Matteo Renzi sui social.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - “Per il ministro Salvini, dal primo di gennaio i ritardi ferroviari sono tutta colpa dell'eversione e del sabotaggio. Peccato che i dati dell’ultimo trimestre, senza catene sulla linea, senza sabotaggi, senza esposti, dicano che il 72 % dei treni ad alta velocità è arrivato in ritardo, che il Frecciargento Bari - Roma non è mai arrivato in orario e che il Frecciarossa Reggio Calabria - Milano ha avuto un ritardo medio di 46 minuti, con picchi di 468 minuti". Lo ha dichiarato Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, rispondendo all’informativa del ministro Salvini sul trasporto ferroviario.
"I rimborsi complessivi dovuti a Trenitalia per ritardi dei treni sono superiori a 100 milioni di euro l'anno: circa 8 milioni e mezzo di euro al mese. Davanti a questa situazione emergenziale, ancora una volta il Ministro evita di discutere in aula la sua strategia dei trasporti. Avremmo voluto sapere dal Ministro se conferma la scelta di aumentare l’offerta dell’alta velocità, atteso il fatto che questo aumento contrae la possibilità di manutenzione ordinaria e quindi la prevenzione dei guasti".
"Soprattutto perché, se su quella stessa rete si pensa di mettere un terzo operatore, l'usura sarà ulteriormente esasperata. È su questo che avevamo chiesto un'informativa del Ministro: sui ritardi, sui guasti, sui disagi, sulle strategie per le politiche del trasporto pubblico in Italia, non sugli esposti sacrosanti. Ancora un’occasione perduta”.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Giorgia Meloni voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia. Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare". Così la segretaria del Pd Elly Schlein