Un modulo definito senza equivoci. I giocatori messi tutti al loro posto. Poche idee, semplici ma non necessariamente banali. Lo spirito giusto. In una parola sola, finalmente una squadra: tutto ciò che l’Italia non è stata agli Europei ed è tornata ad essere contro la Francia.

La vittoria di Parigi, per certi versi quasi storica (non capita tutti i giorni di battere i transalpini: l’ultima volta risaliva al 2008), può rappresentare un nuovo inizio per la nazionale ma è soprattutto un grande rimpianto per Luciano Spalletti. Ribadisce le responsabilità di ciò che è stato (le dimissioni erano doverose), ma almeno restituisce un minimo di fiducia per il futuro. No, non siamo diventati all’improvviso dei fenomeni, anzi, a dirla tutta continuiamo ad essere dei mezzi brocchi, con talento limitatissimo e uno dei reparti offensivi peggiori del continente. E un successo in Nations League, competizione che non interessa davvero a nessuno e vale poco più di un’amichevole, lascia il tempo che trova, a maggior ragione contro una Francia ormai lontana parente della corazzata che potrebbe essere, arrivata ampiamente a fine ciclo Deschamps.

Fatte le dovute premesse, con tutte le cautele del caso e in attesa di conferme contro Israele (questa nazionale può perdere contro chiunque), il match di Parigi ha detto qualcosa di importante per gli azzurri: è stata la dimostrazione che la figuraccia ad Euro 2024 non era poi così ineluttabile come è stata fatta passare. Che si poteva fare qualcosa di diverso. Cosa è presto detto. Sono bastati dei piccoli accorgimenti a Spalletti per riprendere in mano il filo completamente perso in Germania quest’estate. A partire dal modulo: accantonando le oscillazioni che tanta incertezza e confusione tattica avevano creato, l’Italia si è schierata convintamente con la difesa a tre, che non sarà la preferita dal mister ma pare di sicuro la più adatta ai nostri giocatori, non foss’altro per il fatto che molti di loro la praticano con successo nell’Inter. Il blocco nerazzurro è tornato a funzionare grazie anche alla scelta di riavvicinare Bastoni a Dimarco sulla corsia laterale, con Calafiori confermato braccetto di sinistra che però si alzava quasi in posizione di mediano in fase di costruzione, la mossa più complessa e brillante di Spalletti a Parigi. Così come la presenza di un regista vero (Ricci) e non improvvisato (Fagioli), e aver battezzato come centravanti titolare Retegui (che a Bergamo con Gasperini potrà fare il salto di qualità) hanno restituito punti fondamentali di riferimento alla nazionale.

Così si è vista un’Italia diversa, che ha rinunciato alle velleità di calcio relazionale per preoccuparsi innanzitutto di coprire il campo. Una nazionale meno presuntuosa, più “italiana”, che però non vuol dire necessariamente difensivista (il punteggio parla chiaro), solo consapevole dei propri limiti e anche dei propri mezzi. Non sarebbe stato sufficiente per vincere gli Europei, ma per non fare una figuraccia negli ottavi contro la Svizzera sì. Magari basterà almeno per qualificarsi ai Mondiali.

X: @lVendemiale

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