Su Renzi Schlein latita: novella Amleta, non si accorge che il Pd è pieno di pretoriani
Dopo le elezioni in Italia (2022), e le tre del 2024 in Francia, Europa e ora in Germania, per proprietà transitiva, la direzione dei singoli Paesi e dell’Europa è una sola: Repubblica di Weimar. Somiglianze e dissomiglianze si confrontano, condizioni economiche, sociali e internazionali si somigliano. Weimar fu il risultato della Prima guerra mondiale, aggravato dal ribollire delle condizioni sociali che presentavano il conto della povertà delle classi medio-basse. “L’uomo forte” (e maschio) parve la soluzione ai loro guai e alla loro fame, a costo di sacrificare i diritti, anche di quei pochi, di cui allora si aveva ancora coscienza. La pseudo-Rivoluzione russa che ebbe il merito di troncare lo zarismo, instaurando il comunismo-capitalista sovietico, tradì il marxismo ideale di Karl Marx (e di Antonio Gramsci). La conseguenza di queste micce convergenti sfociò naturalmente nella Seconda guerra mondiale che portò a compimento le conseguenze incompiute della prima: la spaccatura dell’Europa e la tragica, inutile guerra fredda. Il regime stalinista, vero capitalismo oligarchico di partito, fu un gigante con i piedi di argilla; infatti, crollò dopo appena una generazione (70 anni).
Per opera di uomini lungimiranti, in particolare gli sconfitti, Konrad Adenauer (Germania), Charles De Gaulle (Francia) e Alcide De Gasperi (l’Italietta), si mise mano non a una tattica provvisoria e occasionale e nazionalista, ma a una “idea” di Europa, dalle Alpi agli Uràli, quindi Russia e mondo orientale compresi, cui Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, già dal 1941, dalle celle delle prigioni fasciste di Ventotene, lanciarono non più “il grido di dolore che da tante parti d’Italia si levò verso” Vittorio Emanuele II (1859), ma “l’inno alla gioia” di una Europa non ancora nata, ma già adulta nel sogno di uomini che ragionavano col metro dei secoli e non della cronaca. “Per un’Europa libera e unita” fu il titolo originario del sogno, passato alla Storia come Manifesto di Ventotene, pubblicato da Eugenio Colorno che ne scrisse anche a prefazione. Non fu un colpo di scena, ma un una lunga gestazione che gli autori stessi chiamarono “la guerra dei 30 anni”, dal 1914 al 1945. Lì cominciò l’inizio della fine del fascismo, nonostante le apparenze.
Se non si ha una visione sconfinata, oltre la propria storiella personale, oltre la cronaca dell’ampiezza del proprio ombelico, si resta in chiodati nella melma del guado, impossibilitati non solo ad andare avanti, ma anche a tornare indietro. Oggi, in Italia, da quando Berlusconi balcanizzò l’Italia, facendo della Politica la cloaca degli interessi contrapposti, che solo la corruzione poteva tenere in piedi, non vi sono statisti, ma faccendieri nemmeno di prima scelta, ma tutti di risulta. Più ignoranti sono e più raccolgono voti perché il popolo bue chiede solo panem et circenses: oggi chi fa ridere è superiore a un premio Nobel, chi promette dentiere (per altro usate), milioni di posti di lavoro e dice bugie su bugie, ingannando il Popolo, è un benemerito e siede in Parlamento a legiferare solo “per i suoi”. Regna la giostra dei giocolieri, ingannatori di professione.
Elly Schlein, nemmeno iscritta al partito, fu scelta contro i cacicchi e caimani travestiti, suscitando una timida speranza, anche per essere donna in partito visceralmente maschilista. Oggi è prigioniera di Renzi che, andandosene dal partito (costo minore per lui), ma non dalla “politica, come aveva giurato e spergiurato”, ipotecò il Pd, lasciando a presidiarlo i suoi giannizzeri e pretoriani, come Stefano Bonaccini, Matteo Ricci, Dario Nardela, Giorgio Gori, le Simone Bonafè e Malpezzi, Pina Picierno (oddio!), Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini, tutti ‘residenti’ politicamente, ai Parioli, tutti ex-leopolda, tutti renziani nel Pd. Chi parla ancora di sinistra, è complice della destra vetero-neo-post-fascista.
La Elly ufficiale, che non si è accorta di essere nel Pd, ancora riserva dei renziani, non solo non ha cacciato via tutti, pretendendo un autodafé personale e davanti a Notaio, ma fidando nel suo parlare in cerchio verticale e trapezoidale che le permette di macinar parole, senza dire niente, resta immobile, novella Amleta, ma senza teschio, a ricordarle la morte, perde il tempo nostro e suo, mentre, intanto, sopisce, tronca, tentenna, si auto-silenzia, sorride al rospo che ingoia. Elly làtita, trafitta dall’altalena bipolare della gelosia di decidere, ma di non decidere, di volere essere, ma di non poterlo, di voler volare verso una maggioranza alternativa al melonismo sconclusionato e raffazzonato, ma “sua disianza, vuol volar sanz’ali” (Dante, Par. XXXIII,18). Mi auguro che l’adesione di Conte e 5Stelle sia fondata su solidissimi accordi di programma, firmati e controfirmati perché il rischio che “accà a schifìo finisce” è logico e intrinseco alle alleanze di vertice senza il popolo che li deve votare.
In Liguria, il Pd, Ensemble senza arte, colpevole di falso ideologico, continua a chiamarsi di sinistra e propone il “nuovo”, cioè il cacicco, professionista della politica di palazzo, Andrea Orlando, tra i più caciucchi del partito, stagionato come un cacio. La sua storia passata è garanzia di assenza di futuro. È stato ministro del Lavoro, senza mai abolire il Jobs Act di Renzi: ha fatto la proposta di salario minimo a € 5 lordi (sì, ho detto 5 lordi!), netti meno di € 3 che sono uguali a meno di € 600,00 puliti al mese. Un lusso esorbitante per questo signore, ex comunista, e oggi liberista sfrenato e compulsivo, nelle riserve delle ZTL. A Genova, dopo la pubblicazione di alcune registrazioni di Giovanni Toti e di suoi pupari, il Pd e 5Stelle, con i cascami residuali dei dintorni (escluso Renzi, l’arabico bin Salman di Rignano e Kalendula), avrebbero avuto la Liguria su un vassoio di portata nuziale. Invece, a due mesi dalle elezioni, hanno ufficializzato la candidatura dell’Orlando pacioso, che fa concorrenza al motore immobile di Aristotele, maestro di Alessandro Magno. Coraggio, largo agli ex-giovani comunistelli da acquasantiera, proseguire le gesta del non-ligure, Toti Giovanni.
Nessuno dice una parola sulla nuova grande diga foranea, che alcuni scienziati definiscono “mortale” per Genova, non una parola sulla sanità, ormai privatizzata al 70%, non un rantolo sulla scuola, smarrita tra le ortiche, non un sospiro sul gassificatore in pieno mare di fronte a spiagge da Eden biblico, non una parola sui minori non accompagnati, affidati a Cooperative nate come funghi da chi grida contro gli immigrati e intanto intasca 60 euro al mese cadauno minore, dando da mangiare cibo scaduto e mettendo a libro paga chi non ha mai messo piede dentro un centro di minori. Comune e Regione non controllano nulla, ma sono ubriachi delle “grandi opere” contro cui sbatteranno il muso e dove saranno seppelliti senza rimpianto. Non si sono ancora accorti che il tempo delle mele cotogne è finito per sempre e gli slogan vanno bene per sorelle e amanti della destra allegra e giuliva. Quando tornerà la Politica, quella Grande, la sola che meriti rispetto, chi vota senza conoscenza, colpevole di dissesto nazionale, si sveglierà di botto dal sonno della ragione
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Il Jobs Act è una legge che ha creato oltre un milione di posti di lavoro, più della metà a tempo indeterminato, e che ha introdotto tutele fondamentali come l’eliminazione delle dimissioni in bianco. La decisione della Corte Costituzionale che dà il via al referendum relativo al Jobs Act ci trova quindi pronti: spiegheremo ai cittadini quanto sarebbe sbagliato cancellare queste conquiste che creano posti di lavoro, sviluppo e tutele". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
"Quanto al referendum sull’autonomia, accettiamo il verdetto della Consulta che dopo la precedente pronuncia sulla legge Calderoli appariva pressoché scontata. Ogni modifica sull’autonomia differenziata passerà dal Parlamento, e lì ci faremo trovare pronti e determinati".
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Le mie più sentite congratulazioni al presidente Trump per l’inizio del suo secondo mandato. Il popolo americano ha fatto una scelta chiara, che riflette l’impegno per la crescita economica, la sicurezza e la sovranità nazionale”. Lo scrive su X il Co-Presidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini dí Fratelli d’Italia.
“Noi dell'Ecr condividiamo molte delle priorità delineate dal presidente Trump: contrastare l'immigrazione clandestina, garantire comunità più sicure, tagliare le tasse e la burocrazia e ripristinare la competitività economica. Queste non sono solo priorità americane, ma anche europee”.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro. Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano”. Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - “Sul referendum sulla cittadinanza daremo battaglia nel nome dell’estensione dei diritti e per superare una legislazione particolarmente arretrata. Si tratta di un referendum promosso da un vasto arco di soggetti, tra cui numerose associazioni dei nuovi cittadini, persone a cui per troppo tempo è stata tolta la voce. Lotteremo al loro fianco”. Così in una nota Pierfrancesco Majorino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Immigrazione.
Washington, 20 gen (Adnkronos) - Non è stato un blitz come quello di Mar a lago, rivelatosi determinante per la liberazione di Cecilia Sala, ma una intera giornata quella che Giorgia Meloni ha dedicato, per la seconda volta in un mese, a Donald Trump. La premier non è voluta mancare all'inauguration day del presidente americano, sottolineando quanto sia importante "dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare" la relazione Italia-Usa.
E questa "testimonianza" la premier l'ha data plasticamente già di primo mattino, quando insieme alla famiglia Trump, a quella del vice presidente Vance e pochi altri, ha preso parte alla messa di 'benedizione' del neo commander in chief alla chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca. Poi il trasferimento alla Rotonda del Campidoglio, a Capitol hill, per il giuramento spostato al chiuso a causa dell'ondata di gelo che ha stretto Washington. Con lei, oltre ai diplomatici, la fida Patrizia Scurti in delegazione.
Meloni siede sotto lo sguardo della statua di Abramo Lincoln, nei posti riservati ai capi di Stato e di governo invitati da Trump. Una sparuta elite che comprende la presidente del Consiglio (unica leader Ue) e, tra i pochi altri, il presidente argentino Javier Milei, con cui Meloni chiacchiera a lungo inquadrati più volte dalle telecamere di Fox news, che non ha perso una battuta della giornata-evento.
(Adnkronos) - A pochi passi, i 'big tech Ceo' che Trump ha voluto come ospiti vip della cerimonia e che l'hanno sostenuto nel suo cammino di ritorno alla sala ovale: Tim Cook, Jeff Bezos, Sandor Picahi, Sam Altman, Mark Zuckenberg e ovviamente Elon Musk. Sui social, è il capo delegazione di FdI-Ecr all'Europarlamento Carlo Fidanza, a Washington con un piccola pattuglia di parlamentari italiani ospiti dei Repubblicani Usa, a dare il senso politico della 'foto di Capitol hill' della Meloni: "La nostra presidente è ormai riconosciuta da tutti come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa".
Nella sua valutazione del Trump day, Meloni al mattino è più ecumenica: "Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti dare una testimonianza della volontà di continuare e se mai rafforzare quella relazione in un tempo nel quale le sfide sono globali e interconnesse", spiega prima di lasciare l'albergo.
Più tardi su X augura buon lavoro a Trump e assicura: "Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa", per poi sottolineare: "L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
(Adnkronos) - Per il ministro dell'Ue Tommaso Foti, la missione di Meloni a Washington "conferma il ruolo cruciale che, nel prossimo futuro, la nostra Nazione intende giocare nelle relazioni transatlantiche, ponendosi come ponte strategico tra Europa e America".
In questo contesto, e anche per il rigido protocollo che governa l'insediamento del presidente americano, si stempera anche l'attesa per un faccia a faccia Meloni-Trump, prima auspicato e poi annunciato alla vigilia anche da Fidanza. "Non era previsto, non era il contesto e non ci sarà problema a farlo in futuro", è il senso del ragionamento dell'entourage della premier. Così, direttamente lasciando ad un certo punto le lunghe celebrazioni, Meloni può salutare e tornare subito in Italia.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Consulta che ha sancito l’ inammissibilità del referendum abrogativo sull’autonomia conferma che la riforma scritta dal ministro Calderoli è, come sapevamo, coerente e corretta nel rispetto delle previsioni costituzionali. Per cui avanti con l’iter della riforma e con i negoziati con le regioni che hanno già richiesto le prime materie ‘non Lep’, come la Lombardia. Avanti tutta con l’autonomia!”. Lo dichiara il segretario regionale della Lega Lombarda Salvini Premier e presidente dei senatori della Lega Salvini Premier, senatore Massimiliano Romeo.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile il referendum sull’autonomia, perché ‘l’oggetto e la finalità del quesito sono poco chiari’, ha bocciato l’opposizione. D’altra parte, cosa ci si può aspettare da una sinistra incapace anche di scrivere i quesiti da sottoporre ai cittadini per una consultazione popolare? Per quanto ci riguarda, noi andiamo avanti con il percorso riformatore, nell’interesse dell’Italia”. Così la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.
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Paolo Farinella
Prete
Politica - 9 Settembre 2024
Su Renzi Schlein latita: novella Amleta, non si accorge che il Pd è pieno di pretoriani
Dopo le elezioni in Italia (2022), e le tre del 2024 in Francia, Europa e ora in Germania, per proprietà transitiva, la direzione dei singoli Paesi e dell’Europa è una sola: Repubblica di Weimar. Somiglianze e dissomiglianze si confrontano, condizioni economiche, sociali e internazionali si somigliano. Weimar fu il risultato della Prima guerra mondiale, aggravato dal ribollire delle condizioni sociali che presentavano il conto della povertà delle classi medio-basse. “L’uomo forte” (e maschio) parve la soluzione ai loro guai e alla loro fame, a costo di sacrificare i diritti, anche di quei pochi, di cui allora si aveva ancora coscienza. La pseudo-Rivoluzione russa che ebbe il merito di troncare lo zarismo, instaurando il comunismo-capitalista sovietico, tradì il marxismo ideale di Karl Marx (e di Antonio Gramsci). La conseguenza di queste micce convergenti sfociò naturalmente nella Seconda guerra mondiale che portò a compimento le conseguenze incompiute della prima: la spaccatura dell’Europa e la tragica, inutile guerra fredda. Il regime stalinista, vero capitalismo oligarchico di partito, fu un gigante con i piedi di argilla; infatti, crollò dopo appena una generazione (70 anni).
Per opera di uomini lungimiranti, in particolare gli sconfitti, Konrad Adenauer (Germania), Charles De Gaulle (Francia) e Alcide De Gasperi (l’Italietta), si mise mano non a una tattica provvisoria e occasionale e nazionalista, ma a una “idea” di Europa, dalle Alpi agli Uràli, quindi Russia e mondo orientale compresi, cui Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, già dal 1941, dalle celle delle prigioni fasciste di Ventotene, lanciarono non più “il grido di dolore che da tante parti d’Italia si levò verso” Vittorio Emanuele II (1859), ma “l’inno alla gioia” di una Europa non ancora nata, ma già adulta nel sogno di uomini che ragionavano col metro dei secoli e non della cronaca. “Per un’Europa libera e unita” fu il titolo originario del sogno, passato alla Storia come Manifesto di Ventotene, pubblicato da Eugenio Colorno che ne scrisse anche a prefazione. Non fu un colpo di scena, ma un una lunga gestazione che gli autori stessi chiamarono “la guerra dei 30 anni”, dal 1914 al 1945. Lì cominciò l’inizio della fine del fascismo, nonostante le apparenze.
Se non si ha una visione sconfinata, oltre la propria storiella personale, oltre la cronaca dell’ampiezza del proprio ombelico, si resta in chiodati nella melma del guado, impossibilitati non solo ad andare avanti, ma anche a tornare indietro. Oggi, in Italia, da quando Berlusconi balcanizzò l’Italia, facendo della Politica la cloaca degli interessi contrapposti, che solo la corruzione poteva tenere in piedi, non vi sono statisti, ma faccendieri nemmeno di prima scelta, ma tutti di risulta. Più ignoranti sono e più raccolgono voti perché il popolo bue chiede solo panem et circenses: oggi chi fa ridere è superiore a un premio Nobel, chi promette dentiere (per altro usate), milioni di posti di lavoro e dice bugie su bugie, ingannando il Popolo, è un benemerito e siede in Parlamento a legiferare solo “per i suoi”. Regna la giostra dei giocolieri, ingannatori di professione.
Elly Schlein, nemmeno iscritta al partito, fu scelta contro i cacicchi e caimani travestiti, suscitando una timida speranza, anche per essere donna in partito visceralmente maschilista. Oggi è prigioniera di Renzi che, andandosene dal partito (costo minore per lui), ma non dalla “politica, come aveva giurato e spergiurato”, ipotecò il Pd, lasciando a presidiarlo i suoi giannizzeri e pretoriani, come Stefano Bonaccini, Matteo Ricci, Dario Nardela, Giorgio Gori, le Simone Bonafè e Malpezzi, Pina Picierno (oddio!), Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini, tutti ‘residenti’ politicamente, ai Parioli, tutti ex-leopolda, tutti renziani nel Pd. Chi parla ancora di sinistra, è complice della destra vetero-neo-post-fascista.
La Elly ufficiale, che non si è accorta di essere nel Pd, ancora riserva dei renziani, non solo non ha cacciato via tutti, pretendendo un autodafé personale e davanti a Notaio, ma fidando nel suo parlare in cerchio verticale e trapezoidale che le permette di macinar parole, senza dire niente, resta immobile, novella Amleta, ma senza teschio, a ricordarle la morte, perde il tempo nostro e suo, mentre, intanto, sopisce, tronca, tentenna, si auto-silenzia, sorride al rospo che ingoia. Elly làtita, trafitta dall’altalena bipolare della gelosia di decidere, ma di non decidere, di volere essere, ma di non poterlo, di voler volare verso una maggioranza alternativa al melonismo sconclusionato e raffazzonato, ma “sua disianza, vuol volar sanz’ali” (Dante, Par. XXXIII,18). Mi auguro che l’adesione di Conte e 5Stelle sia fondata su solidissimi accordi di programma, firmati e controfirmati perché il rischio che “accà a schifìo finisce” è logico e intrinseco alle alleanze di vertice senza il popolo che li deve votare.
In Liguria, il Pd, Ensemble senza arte, colpevole di falso ideologico, continua a chiamarsi di sinistra e propone il “nuovo”, cioè il cacicco, professionista della politica di palazzo, Andrea Orlando, tra i più caciucchi del partito, stagionato come un cacio. La sua storia passata è garanzia di assenza di futuro. È stato ministro del Lavoro, senza mai abolire il Jobs Act di Renzi: ha fatto la proposta di salario minimo a € 5 lordi (sì, ho detto 5 lordi!), netti meno di € 3 che sono uguali a meno di € 600,00 puliti al mese. Un lusso esorbitante per questo signore, ex comunista, e oggi liberista sfrenato e compulsivo, nelle riserve delle ZTL. A Genova, dopo la pubblicazione di alcune registrazioni di Giovanni Toti e di suoi pupari, il Pd e 5Stelle, con i cascami residuali dei dintorni (escluso Renzi, l’arabico bin Salman di Rignano e Kalendula), avrebbero avuto la Liguria su un vassoio di portata nuziale. Invece, a due mesi dalle elezioni, hanno ufficializzato la candidatura dell’Orlando pacioso, che fa concorrenza al motore immobile di Aristotele, maestro di Alessandro Magno. Coraggio, largo agli ex-giovani comunistelli da acquasantiera, proseguire le gesta del non-ligure, Toti Giovanni.
Nessuno dice una parola sulla nuova grande diga foranea, che alcuni scienziati definiscono “mortale” per Genova, non una parola sulla sanità, ormai privatizzata al 70%, non un rantolo sulla scuola, smarrita tra le ortiche, non un sospiro sul gassificatore in pieno mare di fronte a spiagge da Eden biblico, non una parola sui minori non accompagnati, affidati a Cooperative nate come funghi da chi grida contro gli immigrati e intanto intasca 60 euro al mese cadauno minore, dando da mangiare cibo scaduto e mettendo a libro paga chi non ha mai messo piede dentro un centro di minori. Comune e Regione non controllano nulla, ma sono ubriachi delle “grandi opere” contro cui sbatteranno il muso e dove saranno seppelliti senza rimpianto. Non si sono ancora accorti che il tempo delle mele cotogne è finito per sempre e gli slogan vanno bene per sorelle e amanti della destra allegra e giuliva. Quando tornerà la Politica, quella Grande, la sola che meriti rispetto, chi vota senza conoscenza, colpevole di dissesto nazionale, si sveglierà di botto dal sonno della ragione
Lady Etruria
di Davide Vecchi 11.4€ Acquista su AmazonGentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
Meloni a Washington, ma niente bilaterale col presidente Usa. Solo un breve saluto (e paura dei dazi)
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Il Jobs Act è una legge che ha creato oltre un milione di posti di lavoro, più della metà a tempo indeterminato, e che ha introdotto tutele fondamentali come l’eliminazione delle dimissioni in bianco. La decisione della Corte Costituzionale che dà il via al referendum relativo al Jobs Act ci trova quindi pronti: spiegheremo ai cittadini quanto sarebbe sbagliato cancellare queste conquiste che creano posti di lavoro, sviluppo e tutele". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
"Quanto al referendum sull’autonomia, accettiamo il verdetto della Consulta che dopo la precedente pronuncia sulla legge Calderoli appariva pressoché scontata. Ogni modifica sull’autonomia differenziata passerà dal Parlamento, e lì ci faremo trovare pronti e determinati".
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Le mie più sentite congratulazioni al presidente Trump per l’inizio del suo secondo mandato. Il popolo americano ha fatto una scelta chiara, che riflette l’impegno per la crescita economica, la sicurezza e la sovranità nazionale”. Lo scrive su X il Co-Presidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini dí Fratelli d’Italia.
“Noi dell'Ecr condividiamo molte delle priorità delineate dal presidente Trump: contrastare l'immigrazione clandestina, garantire comunità più sicure, tagliare le tasse e la burocrazia e ripristinare la competitività economica. Queste non sono solo priorità americane, ma anche europee”.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro. Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano”. Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - “Sul referendum sulla cittadinanza daremo battaglia nel nome dell’estensione dei diritti e per superare una legislazione particolarmente arretrata. Si tratta di un referendum promosso da un vasto arco di soggetti, tra cui numerose associazioni dei nuovi cittadini, persone a cui per troppo tempo è stata tolta la voce. Lotteremo al loro fianco”. Così in una nota Pierfrancesco Majorino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Immigrazione.
Washington, 20 gen (Adnkronos) - Non è stato un blitz come quello di Mar a lago, rivelatosi determinante per la liberazione di Cecilia Sala, ma una intera giornata quella che Giorgia Meloni ha dedicato, per la seconda volta in un mese, a Donald Trump. La premier non è voluta mancare all'inauguration day del presidente americano, sottolineando quanto sia importante "dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare" la relazione Italia-Usa.
E questa "testimonianza" la premier l'ha data plasticamente già di primo mattino, quando insieme alla famiglia Trump, a quella del vice presidente Vance e pochi altri, ha preso parte alla messa di 'benedizione' del neo commander in chief alla chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca. Poi il trasferimento alla Rotonda del Campidoglio, a Capitol hill, per il giuramento spostato al chiuso a causa dell'ondata di gelo che ha stretto Washington. Con lei, oltre ai diplomatici, la fida Patrizia Scurti in delegazione.
Meloni siede sotto lo sguardo della statua di Abramo Lincoln, nei posti riservati ai capi di Stato e di governo invitati da Trump. Una sparuta elite che comprende la presidente del Consiglio (unica leader Ue) e, tra i pochi altri, il presidente argentino Javier Milei, con cui Meloni chiacchiera a lungo inquadrati più volte dalle telecamere di Fox news, che non ha perso una battuta della giornata-evento.
(Adnkronos) - A pochi passi, i 'big tech Ceo' che Trump ha voluto come ospiti vip della cerimonia e che l'hanno sostenuto nel suo cammino di ritorno alla sala ovale: Tim Cook, Jeff Bezos, Sandor Picahi, Sam Altman, Mark Zuckenberg e ovviamente Elon Musk. Sui social, è il capo delegazione di FdI-Ecr all'Europarlamento Carlo Fidanza, a Washington con un piccola pattuglia di parlamentari italiani ospiti dei Repubblicani Usa, a dare il senso politico della 'foto di Capitol hill' della Meloni: "La nostra presidente è ormai riconosciuta da tutti come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa".
Nella sua valutazione del Trump day, Meloni al mattino è più ecumenica: "Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti dare una testimonianza della volontà di continuare e se mai rafforzare quella relazione in un tempo nel quale le sfide sono globali e interconnesse", spiega prima di lasciare l'albergo.
Più tardi su X augura buon lavoro a Trump e assicura: "Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa", per poi sottolineare: "L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
(Adnkronos) - Per il ministro dell'Ue Tommaso Foti, la missione di Meloni a Washington "conferma il ruolo cruciale che, nel prossimo futuro, la nostra Nazione intende giocare nelle relazioni transatlantiche, ponendosi come ponte strategico tra Europa e America".
In questo contesto, e anche per il rigido protocollo che governa l'insediamento del presidente americano, si stempera anche l'attesa per un faccia a faccia Meloni-Trump, prima auspicato e poi annunciato alla vigilia anche da Fidanza. "Non era previsto, non era il contesto e non ci sarà problema a farlo in futuro", è il senso del ragionamento dell'entourage della premier. Così, direttamente lasciando ad un certo punto le lunghe celebrazioni, Meloni può salutare e tornare subito in Italia.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Consulta che ha sancito l’ inammissibilità del referendum abrogativo sull’autonomia conferma che la riforma scritta dal ministro Calderoli è, come sapevamo, coerente e corretta nel rispetto delle previsioni costituzionali. Per cui avanti con l’iter della riforma e con i negoziati con le regioni che hanno già richiesto le prime materie ‘non Lep’, come la Lombardia. Avanti tutta con l’autonomia!”. Lo dichiara il segretario regionale della Lega Lombarda Salvini Premier e presidente dei senatori della Lega Salvini Premier, senatore Massimiliano Romeo.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile il referendum sull’autonomia, perché ‘l’oggetto e la finalità del quesito sono poco chiari’, ha bocciato l’opposizione. D’altra parte, cosa ci si può aspettare da una sinistra incapace anche di scrivere i quesiti da sottoporre ai cittadini per una consultazione popolare? Per quanto ci riguarda, noi andiamo avanti con il percorso riformatore, nell’interesse dell’Italia”. Così la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.