Motta e Giuntoli in bilico: il problema non sono i risultati (che non ci sono), ma la mancanza di basi per la Juve dell’anno prossimo

Quando il livornese Luca Marianucci, classe 2004, ha infilato nella porta della Juventus il rigore decisivo che ha portato l’Empoli in semifinale di Coppa Italia, traguardo storico per il club toscano in questo momento terzultimo in Serie A, i telefonini della dirigenza bianconera erano già in piena attività. Le grandi riflessioni sul futuro non solo di Thiago Motta, ma anche del Managing Director Football Cristiano Giuntoli, sono in corso d’opera. In una settimana, la Juventus si è ritrovata fuori dalla Champions e dalla Coppa Italia. In Supercoppa, è andata malissimo. Il quarto posto in campionato è l’unico obiettivo rimasto, senza dimenticare, naturalmente, il mondiale per club: basterà confermarsi in Champions per salvare Motta e Giuntoli dopo un disavanzo di mercato di 87,4 mln e una stagione di grandi insuccessi?
Si può tranquillamente dire, dati alla mano, che alla Juventus Football Club le rivoluzioni, o presunte tali, non pagano mai. Ci provò Gigi Maifredi nel 1990-91, con l’esito che sappiamo: settima posizione in Serie A, quarti di finale in Coppa Italia, semifinalista in Coppa delle Coppe, umiliazione incassata dal Napoli (1-5) in Supercoppa. Nel 2019-2020, toccò a Maurizio Sarri, nella stagione travolta dal Covid: scudetto, finale di Coppa Italia, addio alla Champions agli ottavi. I gol di Cristiano Ronaldo (37 in totale) e quelli di Dybala (17 per l’argentino) furono la chiave di un’annata chiusa con l’addio dell’allenatore toscano, in nome della suggestione Pirlo, durata appena un anno: Coppa Italia e Supercoppa in bacheca, quarto posto in campionato, saluti alla Champions ancora agli ottavi. Il ritorno di Max Allegri nel triennio 2021-2024 è stato segnato dalla conquista della Coppa Italia 2023-2024, ma anche da feroci polemiche sullo stile di gioco della Juventus. Allegri, un signore da sei scudetti, cinque coppe nazionali e tre supercoppe di Lega, è stato trattato come una scarpa vecchia, da qualcuno sui social persino come lo scemo del villaggio, in nome dello spettacolo e del modernismo.
La Juve ci sta riprovando con Motta, operazione strombazzata come salto nel futuro. La sensazione, otto mesi dopo, è che fallisca anche questo tentativo: il 25 maggio, ultimo turno di campionato, sapremo. A leggere la storia italiana, c’è una connessione tra la squadra bianconera e gli eventi del nostro paese, almeno negli ultimi cento anni. L’Italia è la nazione delle rivoluzioni mancate, tramontate nella restaurazione. L’esempio è Tangentopoli: sappiamo tutti come sia finita. Nella Juventus, ovvero il club italiano più vincente all’interno dei confini nazionali, il passato pesa maledettamente sul presente e condiziona il futuro. Le rivoluzioni tecniche non sono mai sostenute da convinzione e pazienza. Non si cambia la storia in pochi mesi, e magari bisogna anche scegliere gli uomini giusti per farlo. Motta, reduce dall’exploit al Bologna, potrebbe pagare un passaggio troppo brusco tra una realtà media e quella juventina. Dove, tanto per ricordarlo, hanno vinto in modo seriale, negli ultimi 50 anni, Trapattoni, Lippi, Conte e Allegri. Personalità forti. E con il risultato come stella polare, pur seguendo percorsi diversi per raggiungerlo.
I risultati di Motta indicano una situazione di cantiere ancora aperto dopo sette mesi di via ai lavori: 17 vittorie, 16 pareggi, 6 ko. Media-punti: 1,72. I dubbi sul suo operato non sono però legati solo ai numeri, ma anche alla lettura discutibile di alcune partite, con sostituzioni incomprensibili, e alla scarsa empatia con la squadra. Dopo il ko con l’Empoli, Motta ha usato più volte la parola “vergogna” e ha accusato qualche giocatore dicendo “non si può pretendere senza dare niente”. Una presa di distanza dal gruppo che sicuramente non agevolerà la corsa in salita dell’allenatore nei prossimi mesi. Alcune dinamiche, come quella della fascia di capitano, passata per braccia diverse, indicano anche un’incertezza di fondo sulla valutazione dei calciatori. Motta ha firmato un contratto triennale. La società non pretendeva successi immediati, ma voleva che quest’anno fossero poste le basi solide di un progetto moderno. Vincere subito non era obbligatorio, ma era sottinteso che non si volesse neppure andare incontro a figuracce come quella rimediata contro l’Empoli B e in serate mediocri come quella costata l’addio alla Champions, in Olanda. Sui social, Giuntoli e la società sono considerati i primi responsabili dello scenario attuale, ma anche Motta non se la passa troppo bene. Giuntoli e Motta potrebbero essere travolti dallo stesso destino, nell’azzurro mare della primavera juventina: il rigore di Marianucci ha dato il via al conto alla rovescia.