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Separazione carriere, l’incontro Meloni-Anm finisce in nulla: nessuna apertura sul testo. Il governo: “Approvare riforma in tempi rapidi”

Il presidente dell'Associazione: "Abbiamo chiesto un maggiore rispetto per i magistrati"
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Nessuno credeva davvero potesse portare a un risultato concreto. Ma l’incontro con il governo, se possibile, per l’Associazione nazionale magistrati è andato peggio del previsto: nessuna apertura – nemmeno di facciata – a modificare il ddl sulla separazione delle carriere, e anzi un approccio di sfida e rivendicazione da parte della premier Giorgia Meloni. Un dialogo tra sordi, insomma. Tanto che all’uscita da palazzo Chigi il presidente dell’Anm Cesare Parodi alza bandiera bianca: “È stato un incontro non breve in cui c’è stato un lungo scambio di opinioni che, devo dire, non ha portato a sostanziali modifiche delle nostre posizioni e tantomeno di quelle del governo. Io credo non sia stato inutile, perché abbiamo avuto modo di spiegare nel dettaglio le ragioni specifiche, tecnico giuridiche, che ci portano assolutamente a non condividere questa riforma. Lo abbiamo fatto. E abbiamo preso atto con molta chiarezza di una volontà del governo di andare avanti senza alcun tentennamento, e alcuna modifica sul punto”.

Stessa versione dall’esecutivo, che fa trapelare “la volontà di proseguire con determinazione e velocità nel percorso di attuazione della riforma costituzionale, auspicando la sua approvazione in tempi rapidi”. L’incontro dura oltre due ore: per i magistrati si presenta l’intera giunta dell’associazione, composta da dieci membri, ma parlano solo Parodi e il segretario Rocco Maruotti. Per il governo esordisce Meloni, poi è il turno del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’Anm consegna le sue otto proposte per l’efficienza della giustizia, in cui si chiedono investimenti su organico, assunzioni, processo telematico ed edilizia giudiziaria: la premier si dice pronta ad aprire un tavolo su questi temi e sulle leggi di attuazione della riforma. Una buona parte del confronto riguarda gli attacchi del governo alle toghe che hanno assunto decisioni sgradite: “Abbiamo chiesto un maggiore rispetto per i magistrati, che vengono spesso accusati di produrre dei provvedimenti non giurisdizionali ma ideologici. Io ho chiesto con forza che questo atteggiamento possa essere modificato. I magistrati sono i primi a rifiutare evidentemente questa logica”, spiega Parodi. Meloni, aggiunge, ha risposto “che la politica a sua volta sente di essere attaccata in qualche misura.Io ho ribadito che i giudici e i magistrati possono sbagliare, non c’è dubbio, che accettiamo le critiche perché possiamo sbagliare come tutti, ma che siamo profondamente avviliti e feriti quando queste critiche hanno per oggetto non i nostri provvedimenti ma la nostra posizione ideologica che avrebbe, secondo la politica, condizionato le nostre scelte”.

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