“Dopo 16 anni in Germania torno in Italia e ‘richiamo’ i talenti dall’estero. Voglio costruire qualcosa di importante”

“All’estero, in tanti anni di carriera, ho imparato che la differenza sta in tre cose in realtà semplici: efficienza, velocità ed eccellenza”. Dopo 16 anni passati all’estero, di cui undici in Germania, lavorando anche in due multinazionali, Edoardo Novelli, 35 anni, ha deciso di rientrare in Italia, nella sua terra di origine, a Caserta, per far parte di un’azienda che, tra le altre cose, vuole combattere la fuga dei cervelli. “Sì, era da un po’ che ci pensavo”, racconta.
Dopo gli studi in Olanda, Edoardo si è trasferito nel 2014 in Germania. Ha vissuto a Francoforte, Stoccarda e Berlino, lavorando prima in alcune startup e poi in gruppi come Axel Springer e Lufthansa, ed entrando in contatto con uffici e clienti da tutto il mondo. “La Germania mi ha accolto benissimo – ricorda lui rispondendo al fatto.it –. È un Paese che ha capito tempo fa il valore di ricevere stranieri e fin dal dopoguerra il flusso di talenti è stato visto come incentivo”. In generale, secondo Edoardo, i tedeschi ammirano gli italiani per la capacità di prendere le cose alla leggera, per essere creativi e resilienti, trasformando anche le situazioni difficili in un gioco.
Mentre la tassazione per l’impiegato è quasi la stessa, il costo della vita in Germania, spiega Edoardo, è sicuramente più alto, ma i salari per livelli manageriali nell’industria tech sono “decisamente più vantaggiosi”. La sfida più grande è stata imparare il tedesco a livelli eccellenti (“fino a quando non conoscevo la lingua alla perfezione i miei colleghi tedeschi hanno mantenuto un vantaggio”). In Germania, poi, Edoardo ha capito che doveva iniziare a svegliarsi alle 5 per essere in ufficio alle 7. “Non rispettare una deadline o arrivare in ritardo anche di un solo minuto è ritenuto molto grave – aggiunge –. Dalle aziende americane in cui ho lavorato ho imparato a spingermi verso un grado di eccellenza sempre più alto: non ci si può mai accontentare, questa è la dura legge del sistema capitalistico. Bisogna essere sempre più veloci, più efficaci, più competitivi”.
Dopo l’incontro con Salvatore Sinigaglia, suo attuale manager e CEO, Edoardo decide di accettare la proposta per tornare in Italia. “La grinta e l’ambizione che ho percepito hanno rappresentato quello che mi mancava in Paesi strutturati come la Germania”, spiega. “Ho riattaccato e ho mandato le dimissioni a Lufthansa”. Nel 2023, tornando in Italia per Natale, Edoardo percepisce un fermento e un miglioramento a livello sociale, (ad esempio “nell’approcciare la comunità queer, alla quale appartengo”, aggiunge). Il discorso riguarda anche l’economia: “L’Italia potrebbe essere all’inizio di un picco verso l’alto”, continua spinto da una vena di ottimismo.
Bhblasted, la società in cui ha accettato di tornare Edoardo, opera nel digitale, tra performance marketing, fashion e ricerca e sviluppo di business. Oggi ha 80 dipendenti, con un fatturato di oltre 50 milioni di euro, puntando a raggiungere 150 dipendenti entro fine anno. “Per me rientrare in Italia è stimolante”, racconta. “Di sogni ne ho avuti tanti, e a dire la verità li ho raggiunti tutti. Questa è la mia terza carriera: sono riuscito a diventare un danzatore professionista, un coach e adesso un manager”. Oltre alla valorizzazione dei talenti del territorio, la società per cui Edoardo lavora è attiva con specifici programmi per attrarre gli italiani attualmente all’estero, fornendo supporto tramite consulenti ed esperti e offrendo opportunità di ricollocazione.
Dopo il rientro, d’altronde, anche in Italia Edoardo ha mantenuto le vecchie abitudini: sveglia alle 5, in ufficio alle 8, in genere fino alle 18. Lavorando nel settore delle risorse umane è sconvolgente per lui vedere quanto siano tassati gli stipendi italiani. “Colgo l’occasione per lanciare un messaggio, se posso: con questo livello di tassazione aziendale diventa complesso per un’azienda medio-piccola raggiungere obiettivi competitivi a livello internazionale. In un sistema capitalistico globale e feroce, da cui non ci si può liberare, la politica dovrebbe aiutare le aziende a costruire un’economia più forte”.
Se non avesse lasciato l’Italia, la sua vita non sarebbe stata la stessa. Sicuramente non così “di successo”, riflette. “Quando sono partito le possibilità di fare carriera così velocemente in Italia non c’erano”, aggiunge. A proposito, i ragazzi dovrebbero studiare, certo, ma “non come si fa in Italia, notte e giorno, nei weekend, a Natale e Pasqua. Siamo indietro rispetto al livello internazionale di preparazione in materia di ingegneria, ricerca, prodotti digitali”. E, soprattutto, prima di ogni cosa, il consiglio di Edoardo è uno: studiare l’inglese. “Non esiste business senza l’inglese. Nel mio team ormai non assumiamo nessuno che non parli inglese alla perfezione”.
Edoardo sarà sempre grato alla Germania, Paese che lo ha formato a livello personale e lavorativo. Però era tempo di “tornare e di costruire qui qualcosa di importante”. Ma perché al Sud, proprio a Caserta, dopo tanti anni trascorsi nel cuore dell’Europa? “Caserta è una città che non mi dispiace, per adesso va bene. Al Sud, poi, sono tornato perché ci sono il sole, il mare, e – conclude – la mozzarella di bufala”.
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