Oggi a Belgrado si terrà quella che molti già definiscono la più grande manifestazione nella storia moderna della Serbia. Sarà il culmine di quattro mesi di proteste incessanti, guidate da decine di migliaia di studenti a partire da novembre, dopo che il crollo di una tettoia in cemento alla stazione ferroviaria di Novi Sad ha causato la morte di 15 persone. La tragedia dello scorso autunno si è trasformata in un vasto caso politico. Gli studenti e molte altre categorie della società civile hanno infatti indicato nel presidente Aleksander Vucic e nei funzionari del governo i veri responsabili dell’accaduto, denunciando la corruzione e le negligenze sistemiche che secondo i manifestanti hanno portato all’incidente.
Attraverso l’azione dei comitati studenteschi, la rabbia e il dolore per le vittime di Novi Sad si sono diffuse in tutto il Paese, prendendo nel corso delle settimane e dei mesi la forma di azioni dimostrative pacifiche, tra cui, per citare una delle più recenti, il picchetto organizzato dai giovani alla sede della radio e televisione di Stato serba per ottenere una copertura mediatica più obiettiva e meno censoria delle proteste.
Di fronte alla rabbia crescente della popolazione civile, Vučić ha cercato di convincere i suoi sostenitori e coloro che ancora non si erano schierati che le proteste non sono spontanee, ma sono in realtà manovrate da non meglio specificate forze esterne volte a destabilizzare il Paese. Un’ipotesi che il presidente elabora ogni qualvolta la sua autorità stia attraversando un momento complicato. L’ultima volta che aveva parlato di potenze nemiche che pilotavano l’opinione pubblica, al centro dell’attualità serba c’erano le proteste degli ambientalisti che a Belgrado chiedevano a gran voce l’interruzione degli accordi con Rio Tinto, la multinazionale anglo-australiana che puntava ad aprire una miniera di litio nella valle di Jadar, nel sud-ovest della Serbia (l’accordo è per ora sospeso).
Un altro pesante colpo alla tenuta dell’amministrazione era stato inferto dalle manifestazioni seguite alle due sparatorie avvenute nel maggio del 2023, in due diverse località del Paese. Queste tragedie avevano scosso a tal punto la popolazione che alcuni artisti avevano composto per l’occasione una canzone, che era ben presto diventata la colonna sonora della protesta. Quelle stesse note risuonano oggi tra le strade delle principali città serbe, con migliaia di studenti che ne recitano i versi all’unisono (“non voglio più avere paura del buio/ho bisogno che tu mi faccia luce”), a dimostrazione che, nonostante a prima vista gli sconvolgimenti che hanno interessato la Serbia negli ultimi anni possano apparire come eventi isolati e indipendenti tra loro, la società civile ha invece imparato a collegarli, rintracciando nell’amministrazione di Vučić la medesima matrice di derivazione.
“Le Università in queste ore si stanno preparando per ospitare gli studenti che negli ultimi giorni hanno intrapreso una lunga marcia a piedi per raggiungere Belgrado – spiega una fonte serba in contatto con gli studenti -. In città c’è molta tensione, si temono degli scontri nonostante le proteste siano sempre state pacifiche”.
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Serbia, a Belgrado la grande manifestazione contro il governo: “In città c’è molta tensione”. Si temono scontri
Molti già la definiscono la più grande manifestazione nella storia moderna della Serbia. Sarà il culmine di quattro mesi di proteste incessanti, guidate dagli studenti
Oggi a Belgrado si terrà quella che molti già definiscono la più grande manifestazione nella storia moderna della Serbia. Sarà il culmine di quattro mesi di proteste incessanti, guidate da decine di migliaia di studenti a partire da novembre, dopo che il crollo di una tettoia in cemento alla stazione ferroviaria di Novi Sad ha causato la morte di 15 persone. La tragedia dello scorso autunno si è trasformata in un vasto caso politico. Gli studenti e molte altre categorie della società civile hanno infatti indicato nel presidente Aleksander Vucic e nei funzionari del governo i veri responsabili dell’accaduto, denunciando la corruzione e le negligenze sistemiche che secondo i manifestanti hanno portato all’incidente.
Attraverso l’azione dei comitati studenteschi, la rabbia e il dolore per le vittime di Novi Sad si sono diffuse in tutto il Paese, prendendo nel corso delle settimane e dei mesi la forma di azioni dimostrative pacifiche, tra cui, per citare una delle più recenti, il picchetto organizzato dai giovani alla sede della radio e televisione di Stato serba per ottenere una copertura mediatica più obiettiva e meno censoria delle proteste.
Di fronte alla rabbia crescente della popolazione civile, Vučić ha cercato di convincere i suoi sostenitori e coloro che ancora non si erano schierati che le proteste non sono spontanee, ma sono in realtà manovrate da non meglio specificate forze esterne volte a destabilizzare il Paese. Un’ipotesi che il presidente elabora ogni qualvolta la sua autorità stia attraversando un momento complicato. L’ultima volta che aveva parlato di potenze nemiche che pilotavano l’opinione pubblica, al centro dell’attualità serba c’erano le proteste degli ambientalisti che a Belgrado chiedevano a gran voce l’interruzione degli accordi con Rio Tinto, la multinazionale anglo-australiana che puntava ad aprire una miniera di litio nella valle di Jadar, nel sud-ovest della Serbia (l’accordo è per ora sospeso).
Un altro pesante colpo alla tenuta dell’amministrazione era stato inferto dalle manifestazioni seguite alle due sparatorie avvenute nel maggio del 2023, in due diverse località del Paese. Queste tragedie avevano scosso a tal punto la popolazione che alcuni artisti avevano composto per l’occasione una canzone, che era ben presto diventata la colonna sonora della protesta. Quelle stesse note risuonano oggi tra le strade delle principali città serbe, con migliaia di studenti che ne recitano i versi all’unisono (“non voglio più avere paura del buio/ho bisogno che tu mi faccia luce”), a dimostrazione che, nonostante a prima vista gli sconvolgimenti che hanno interessato la Serbia negli ultimi anni possano apparire come eventi isolati e indipendenti tra loro, la società civile ha invece imparato a collegarli, rintracciando nell’amministrazione di Vučić la medesima matrice di derivazione.
“Le Università in queste ore si stanno preparando per ospitare gli studenti che negli ultimi giorni hanno intrapreso una lunga marcia a piedi per raggiungere Belgrado – spiega una fonte serba in contatto con gli studenti -. In città c’è molta tensione, si temono degli scontri nonostante le proteste siano sempre state pacifiche”.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".