Sudan, la speranza è un calcio al pallone: la nazionale ‘vede’ i mondiali. “Quando giochiamo, la guerra si ferma”

Anche tra le macerie di un Sudan in fiamme, dilaniato da una sanguinosa guerra civile, può spuntare un fiore di speranza. Mentre nel Paese imperversa un devastante conflitto tra l’esercito regolare e le milizie della Rapid Support Forces – iniziato ad aprile 2023 – la nazionale di calcio veleggia al primo posto nel gruppo B delle qualificazioni africane per la prossima Coppa del Mondo, mettendosi dietro un colosso del continente come il Senegal. “La guerra spinge la squadra ad andare avanti”, ha raccontato il difensore Abdelrahman Kuku, che vanta 10 presenze con la maglia della nazionale, in un’emozionante intervista al Guardian. “È una grande spinta per noi, sapere che siamo praticamente l’unica ragione per cui le persone sono felici in Sudan. Quando giochiamo, la guerra si ferma per 90 minuti. Tutti ci guardano e non ci sono combattimenti”.
L’impresa dei Falchi di Jediane, il soprannome con cui sono popolarmente conosciuti i giocatori della nazionale, è definita anche dal contesto a dir poco problematico. La guerra civile, cominciata nel 2023, ha prodotto finora migliaia di morti e costretto 11 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, mentre 25 milioni, invece, sarebbero le persone bisognose di ricevere assistenza umanitaria, stando alle dichiarazioni di Antonio Guterres, il Segretario Generale delle Nazioni Unite. “La mia famiglia è dovuta emigrare in Egitto perché se camminavi per strada, sentivi degli spari, e c’era un alto rischio di essere colpiti da proiettili vaganti”, ha spiegato l’attaccante Abobaker Mamoun Eisa ai microfoni della BBC.
Gli ostacoli da fronteggiare, come è facilmente immaginabile, sono parecchi. Allo scoppio della guerra, naturalmente, il campionato locale è stato sospeso, ma questo non ha comunque fermato l’Al-Hilal e l’Al-Merrikh di Omdurman, le squadre più blasonate del Paese, protagoniste del leggendario e incandescente Derby del Nilo. Onda Blu e Diavoli Rossi, così come sono state ribattezzate in Sudan, hanno chiesto e ricevuto ospitalità alla lega mauritana – anche se l’Al-Hilal dalla prossima stagione dovrebbe trasferirsi nel campionato della Tanzania – trovando una dimora alternativa a quasi 4500 km da quella originaria. Anche se dovessero arrivare primi, però, non diventerebbero campioni, ma poco importa. L’obiettivo, infatti, è quello di proseguire in qualche modo l’attività agonistica, offrendo al contempo un piccolo momento di svago ai propri tifosi. “Era l’unica soluzione per dare ai giocatori il modo di sfuggire alla guerra e continuare a giocare”, dice ancora Kuku.
La nazionale sudanese, composta interamente da giocatori che militano all’estero, ha dovuto quindi adattarsi a queste circostanze. Così come accaduto ai due club più importanti, ospitati dalla Mauritania, anche la nazionale ha trovato alloggio all’estero, venendo accolta dalla Libia. Lo Stadio dei Martiri di Bengasi è diventato la nuova casa dei Falchi di Jediane, attualmente adagiati sul gradino numero 113 del ranking FIFA. La lontananza da casa, unita all’amore per il proprio Paese in difficoltà, ha forgiato anche il senso di appartenenza dei calciatori. Quando si radunano, durante le finestre internazionali, è inevitabile che il discorso tra di loro ruoti intorno alla ingarbugliata situazione bellico-politica del Paese. La nostalgia la fa da padrone, con la comprensibile speranza di tornare presto a giocare davanti al pubblico sudanese: “Tutti parlano di come fosse bello il Sudan prima della guerra e del desiderio di tornare a giocare in casa“, confessa sempre Kuku.
Nonostante le difficoltà logistiche, e l’assenza del supporto diretto dei propri connazionali, la nazionale sudanese ha dimostrato, però, un notevole spirito di resilienza. Guidati in panchina dal ghanese James Kwesi Appiah, i Falchi di Jediane hanno già ottenuto la qualificazione alla prossima Coppa d’Africa in Marocco, ma vogliono continuare a sognare e punta a centrare la prima, storica partecipazione alla fase finale di un Mondiale. L’avere già in tasca il pass per la Coppa d’Africa, eliminando un gigante continentale come il Ghana, in questo senso, ha sicuramente rafforzato la fiducia della squadra nella possibilità di raggiungere anche la qualificazione iridata. Il percorso verso il Nord America, però, rimane chiaramente molto impegnativo, nonostante il primo posto momentaneo nel gruppo B a quota 10 punti – 2 più del Senegal (vincitore della Coppa d’Africa 2021) e 3 più della Repubblica Democratica del Congo (due volte campione d’Africa) – frutto di 3 vittorie e 1 pareggio. Al traguardo mancano ancora 6 partite, tra cui il doppio confronto con il Senegal, ma la determinazione della nazionale sudanese, alimentata dalla consapevolezza di rappresentare una fonte di speranza e unità per un paese lacerato dal conflitto, può continuare a regalare sorprese. E, chissà, mettere il Sudan su un aereo per il prossimo Mondiale.