Chi è Zaynab Dosso, medaglia d’argento ai Mondiali indoor di Nanchino: “Da piccola battevo i maschi e sognavo le Olimpiadi”

“La cosa più bella è che tutto dipende da te. La cosa più brutta è che talvolta, anche nello sport che dovrebbe essere più meritocratico, con i tempi e le misure non c’è meritocrazia“. Per Zaynab Dosso questi sono i pregi e i difetti dell’atletica. Chissà sa avrà fatto gli stessi pensieri a Nanchino, durante i Mondiali indoor, al termine della finale dei 60 metri che l’hanno vista conquistare la medaglia d’argento con il tempo di 7″06, sfiorando l’oro strappatole dalla svizzera Mujinga Kambundji che ha fatto meglio di lei con 7″04. Due soli centesimi che hanno fatto la differenza. “Mi aspettavo molto da me stessa, ma nei 60 metri la partenza non perdona. Ho sbagliato e ho pagato, però allo stesso tempo sono molto orgogliosa del mio percorso: se penso a tre anni fa, non mi sarei mai aspettata di vincere una medaglia e oggi sono quasi delusa per l’argento, mi fa strano. Volevo quest’oro, per me e per l’Italia. Continuerò a lavorare”. Sì, la sprinter azzurra ha pagato a caro prezzo il tempo di reazione in partenza, ma nonostante quell’imprecisione ha disputato comunque una grande finale. Con questo argento, la 25enne colleziona la sua seconda medaglia ai Mondiali indoor, dopo il bronzo a Glasgow nel 2024. Considerando poi che in soli 13 giorni è diventata campionessa europea dei 60 metri piani ad Apeldoorn e adesso vice campionessa mondiale, Dosso si renderà presto conto di aver scritto comunque una pagina di storia dello sport italiano.
Il suo lungo viaggio, sportivo e di vita, cominciò nel 2009 quando la piccola Zaynab Dosso arrivò in Italia da Man, Costa d’Avorio, per riabbracciare i propri genitori che qualche anno prima si erano spostati a Rubiera, un paese in provincia di Reggio Emilia, per motivi di lavoro. Una realtà completamente diversa per la classe 1999 che del suo primo impatto con l’Italia ricorda una cosa in particolare, semplice all’apparenza ma non per questo banale: “La prima cosa che mi colpì fu il gelato. Era una cosa che non avevo mai mangiato. La cosa più bella dell’Italia è il cibo, mentre ho riscoperto la genuinità delle persone quando sono tornata negli ultimi anni in Costa d’Avorio”. Ma è proprio in Emilia Romagna che nacque la sua passione per l’atletica, scoperta durante le lezioni di educazione fisica a scuola. Se per gli amici lei è semplicemente “Za“, il suo nome in arabo significa “saggezza”. Una qualità che Dosso sente propria: “Il mio nome mi rispecchia. Negli ultimi sono diventata riflessiva quando devo prendere decisioni importanti”. Scegliere il mestiere che si vuole fare da grandi rientra in questo campo di scelte. E l’azzurra prese la sua decisione anni fa, quando si accorse che agli altri lasciava solo la polvere: “Battevo i maschi e vincevo sempre nei campionati di categoria. Negli assoluti facevo quarta o quinta e questi risultati mi hanno salvata dal fare baldoria e saltare gli allenamenti attorno ai 16-17 anni. Ho capito che poteva diventare il mio lavoro, che considero un privilegio. Vedo invece mia madre che si sveglia tutti i giorni alle 5 del mattino per fare il suo lavoro, un lavoro vero, ma non la sua passione”.
Coraggio, determinazione e testardaggine sono i 3 elementi che hanno portato la 25enne a diventare l’italiana più veloce di sempre con il clamoroso tempo di 11″01 ottenuto a Roma in semifinale sui 100 metri piani lo scorso giugno e l’incredibile 7″01 di Apeldoorn. Se invece alle Olimpiadi di Parigi è dovuta arrendersi in semifinale, il motivo è uno soltanto: la condizione fisica. Non perché non si sia allenata abbastanza, anzi tutt’altro. L’aver spinto oltre ogni suo limite le ha prosciugato tutte le energie necessarie per giocarsi una medaglia. Se il sogno olimpico resta nei suoi pensieri, il titolo di campionessa europea indoor e vicecampionessa mondiale invece no. Quelli oggi sono già realtà.