L’ex suora: “Mi baciò sul seno dicendo che così baciava l’altare dell’eucarestia”. Il “sistema” di padre Rupnik in un libro

“Mi baciò sulla bocca e sul seno dicendo che così baciava l’altare dove celebrava l’eucarestia”. “Ero completamente confusa, lui era il mio direttore spirituale, mi sentivo in trappola non potendo parlarne con nessuno”. Solo solo alcune delle incredibili testimonianze che raccontano una storia di abusi, manipolazioni, blasfemie portati avanti, secondo le suore che lo hanno accusato, da Marko Rupnik. L’ex padre gesuita, cacciato dalla Compagnia nel 2023 dopo che già erano partite le prime accuse, è in attesa di un procedimento nel Foro canonico. Procedimento che fa fatica a partire perché, ha rivelato il cardinale Prefetto Victor Manuel Fernandez a margine di un evento, il dicastero per la Dottrina della Fede “sta cercando i giudici che devono avere certe caratteristiche essendo un caso così mediatico”. Fernandez ha lasciato intendere che alcuni profili sono stati individuati ma che ancora devono confermare la loro disponibilità. “Poi i tempi dipenderanno da loro”, i giudici.
In attesa del processo, a raccogliere le storie delle vittime di Rupnik, in larga parte suore che venivano controllate sotto ogni aspetto della vita, dall’abbigliamento, al cibo al lavoro, ci ha pensato Laura Sgrò. L’avvocata sta conducendo per conto delle vittime una battaglia legale durissima che intreccia non solo abusi sessuali ma anche lavorativi, con le vittime costrette a diventare anche schiave delle produzioni di mosaici negli atelier artistici di Rupnik. Da qui la necessità di mettere nero su bianco, nel volume “Stupri sacri. Le storie di Gloria, Mirjam, Samuelle e di tante altre suore che si sono ribellate agli abusi dentro la Chiesa” (Rizzoli), questo “sistema perverso” di cui, accusa Sgrò, la chiesa si è accorta troppo tardi.
Sfogliandolo emergono vere e proprie sovrapposizioni blasfeme tra atti sessuali e liturgie, come quella raccontata da Gloria, ex consacrata, che parla di baci non richiesti giustificati con la similitudine con il bacio all’altare dove si celebra l’eucarestia. Una vera e propria “essenza del trasbordo ideologico – scrive Sgrò -, dove il sacro viene utilizzato per legittimare la violenza. Dio usato per abusare“. Una manipolazione spinta ai massimi livelli, fino a distorcere il concetto stesso di Trinità: Rupnik diceva a Gloria che il loro rapporto “non era esclusivo ma a immagine della Trinità, quindi senza possesso”, utilizzando uno dei più profondi misteri della fede cristiana per giustificare i rapporti sessuali di gruppo.
Lo scandalo Rupnik, secondo Sgrò, è uno di quelli che “la Chiesa con più forza vuole nascondere sotto il tappeto”. Sono molte le donne consacrate appartenenti alla Comunità Loyola, da lui fondata con la suora Ivanka Hosta negli anni ’80 in Slovenia, che nel tempo hanno accusato l’artista sloveno di abusi sessuali psicologici e spirituali.
Le accuse iniziarono a emergere nel 2021, quando Gloria per prima denunciò i comportamenti gravemente abusanti dell’ex padre, inclusa la manipolazione spirituale e l’uso della confessione come mezzo per giustificare atti sessuali. Ne emerge, denuncia Sgrò, un sistema “fondato sulla capacità di trasformare la libera scelta vocazionale delle suore in una forma di sottomissione totale – si legge nel libro inchiesta -, attraverso un meccanismo che ribalta il senso stesso della Regola di Benedetto. Infatti, se la Regola benedettina parla di obbedienza come strumento di crescita spirituale all’interno di una comunità che protegge e sostiene, nel ‘sistema Rupnik’ l’obbedienza diventa uno strumento di totale annientamento”.
Il contatto con le vittime avviene fin dai primi passi delle donne nella comunità, come racconta Klara, un’altra vittima, che ha ricordato come Rupnik quando lei aveva solo sedici anni “cercava di stabilire un contatto con me confidandomi di essere un artista”. Nella comunità c’era poi una “gerarchia interna“, come racconta Mirjam che parla di due gruppi, un primo “composto dalle sorelle più forti che potevano decidere sulla vita delle altre sorelle; le seconde, considerate meno forti, meno brave, meno spirituali”.
Rupnik non sfruttava le vittime solo dal punto di vista sessuale, ma anche lavorativo. Con la presenza oscura anche di una società, la Marossoroblu, costituita nel 2021. “Le opere avevano costi impressionanti – svela Sgrò – Il lavoro al santuario di Padre Pio è costato ai frati minori cappuccini più di sei milioni di euro (il cantiere è stato aperto dal 2009 al 2013), secondo quanto riferisce una fonte interna al santuario”.
Oltre al libro, ora si attende il processo. “La mediaticità avrebbe potuto tranquillamente evitarsi se ci fosse stato, a tempo debito, un adeguato ascolto delle vittime; cosa che avrebbe anche evitato che altre vittime subissero abusi”, commenta Sgrò rispondendo alle indiscrezioni di Fernandez. “Non è più tempo di indugiare – conclude l’avvocata – non solo per le vittime ma anche per la Chiesa”.