Conti in rosso, soci vicino alle ‘ndrine, la fondazione Corrado Alvaro sciolta dalla prefettura

“Iniziative episodiche e circoscritte, insufficienti al raggiungimento degli scopi statutari”. “Perdite di esercizio” e “un processo di erosione del patrimonio” tale da “prefigurare, anche se non nel breve periodo, un indice di probabilità di default”. “Amministratori che non offrono quelle garanzie di onorabilità ed indipendenza necessarie ad assicurare che il patrimonio sia correttamente destinato allo scopo”. In altre parole, scarse attività, conti in rosso e parentele scomode di alcuni amministratori che in un territorio come San Luca, nella Locride, vuole dire solo una cosa: ‘ndrangheta. Sono le tre motivazioni per le quali, nei giorni scorsi, il prefetto di Reggio Calabria, Clara Vaccaro (nella foto), ha sciolto la “fondazione Corrado Alvaro” e l’ha affidata al commissario straordinario Luciano Gerardis, l’ex presidente della Corte d’appello oggi in pensione.
Le motivazioni della prefettura – Iscritta nel 2004 nel registro delle persone giuridiche istituito presso la prefettura, la fondazione aveva il compito di valorizzare la figura del letterato calabrese Corrado Alvaro, “attraverso anche la pubblicazione delle sue opere, la costituzione di un centro studi e di una rete istituzionale, allo scopo di promuovere la cultura meridionale di autori contemporanei, dando impulso alla crescita di nuove generazioni letterarie, attraverso, tra l’altro, l’organizzazione di corsi, di rassegne anche internazionali, di pubblicazioni periodiche e l’istituzione di un premio letterario giornalistico intitolato all’autore”. Il procedimento che ha portato allo scioglimento è durato 40 giorni durante i quali gli amministrati hanno affermato che, “nel periodo 2022-2024 sarebbero state svolte 40 iniziative, ma nulla – precisa la prefettura – viene documentato. L’ente non è riuscito ad avviare iniziative progettuali di rilievo limitandosi a circoscritte e occasionali attività”.
Gli anni precedenti, “tra il 2019 ed il 2022”, sono andati anche peggio: “Caratterizzati da un sostanziale totale assenza di attività concretamente volte al perseguimento degli scopi della Fondazione. Le annualità relative al 2023 ed al 2024 hanno visto un apparente crescendo di iniziative istituzionali, le quali tuttavia rimangono ben lontane da quanto necessario al raggiungimento degli scopi dell’ente, riducendosi, ad occasionali aperture della casa natale di Corrado Alvaro a scolaresche ed associazioni, ed a generiche, imprecise e non documentate partecipazioni e collaborazioni a convegni, incontri e presentazioni di libri, eventi un cui non si comprende quale sia stato il ruolo svolto dalla Fondazione”.
A proposito di libri, la memoria presentata da Aldo Maria Morace, professore e legale rappresentante della Fondazione, quest’ultima “ha il merito di aver pubblicato ben 35 volumi, di cui allega l’elenco, ma le opere sono quasi tutte riferibili ad un periodo precedente l’anno 2019. Di tale elenco solamente due volumi sarebbero stati pubblicati dall’ente negli ultimi otto anni, ma senza che alcuna iniziativa sia stata in grado di produrre un’entrata a favore della Fondazione, utile a finanziarne il prosieguo dell’attività istituzionale”.
I bilanci –Nelle nove pagine, vergate dal prefetto e che hanno portato allo scioglimento dell’ente, c’è spazio anche per il “prestigioso premio Alvaro il cui ultimo svolgimento risale al 2017”. Per la fondazione lo stop al premio è legato alle “ristrettezze economiche”, una motivazione che, secondo la prefettura, contraddice le “stesse affermazioni” degli amministratori “sull’adeguatezza del patrimonio”. Dal 2019 al 2023 i bilanci sono sempre in rosso e la perdita più elevata (9mila e 900 euro) è stata registrata nel 2020. L’ultimo bilancio deve essere ancora presentato (“ma si potrebbe presumere sia in perdita”) e il futuro economico non promette bene: “È assente qualsiasi forma di correttivi nella gestione finanziaria dell’ente, che, al contrario, appare sostanzialmente paralizzata e priva di prospettive”.
Le affinità con le ‘ndrine – Se questo era già sufficiente per il commissariamento, le “affinità” di alcuni amministratori con soggetti legati alla ‘ndrangheta di San Luca hanno dato solidità al provvedimento del prefetto che, in particolare, punta il dito sul ruolo svolto, all’interno della Fondazione, dall’associazione “Il nostro tempo e la speranza”. Quest’ultima – si legge nel provvedimento – “vede tra i propri componenti numerosi soci che presentano legami di parentela e affinità con persone ritenute contigue alle ‘ndrine afferenti al contesto territoriale di San Luca”. L’associazione “Il nostro tempo e la speranza, in qualità di ente promotore, nomina alcuni consiglieri di amministrazione per cui è “capace di esercitare un peso preponderante nelle decisioni della Fondazione” visto che “è stata storicamente sempre in possesso di una potenziale maggioranza assoluta nel cda”.
Basta pensare che il presidente dell’associazione e consigliere di amministrazione della fondazione Alvaro è Giuseppe Strangio, fratello di “Francesco Strangio alias ‘Ciccio Boutique”, condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso, ritenuto al vertice della ‘ndrina Strangio alias ‘Janchi’. Ciccio Boutique non è un quisque de populo, ma uno dei protagonisti della faida di San Luca che, nel 2007, sfociò nella strage Duisburg. Nel consiglio di amministrazione c’è pure l’avvocatessa Francesca Giampaolo che è “legata per vincoli di affinità – scrive la prefettura – alla famiglia di ‘ndrangheta Pelle alias ‘Gambazza’ in quanto figlia di Francesco Giampaolo, cognato di Antonio Pelle alias ‘Ntoni Gambazza’”. Capocrimine fino al 2009, quando morì, Antonio Pelle è stato un elemento di spicco della ‘ndrangheta che da latitante è riuscito a ricoverarsi in ospedale per sottoporsi a un intervento chirurgico.
Il prete condannato in primo grado – Durante gli accertamenti della Prefettura, infine, nel cda dell’ente sciolto è stato nominato Domenico Vottari in sostituzione di Antonio Strangio, fratello dell’ex rettore del Santuario della Madonna di Polsi, don Pino Strangio che in passato è stato anche vicepresidente della Fondazione Alvaro. È lo stesso don Pino Strangio condannato, in primo grado, nel processo “Gotha” per concorso esterno in associazione mafiosa. In quel procedimento penale “il prelato è stato ritenuto dal Tribunale di Reggio Calabria, ‘paciere nei contrasti’ nella prospettiva del funzionamento e rafforzamento dell’organizzazione criminale”. Ai vertici della fondazione, per i quali quella sentenza “non è definitiva”, replica la prefettura secondo cui “una condanna penale, seppur non definitiva, è indubbiamente un indice sintomatico dell’appartenenza a un contesto di criminalità mafiosa costituendo uno dei profili di pericolosità sociale specifica dettati dalla legislazione antimafia”.
Anche il fatto che, dopo la condanna, don Pino Strangio si sia dimesso dal ruolo di vicepresidente della fondazione non convince il prefetto Vaccaro per la quale “sussiste il rischio che le dimissioni siano state solamente un atto formale di opportunità, considerato che egli ha sempre operato all’interno dell’ente quale rappresentante dell’associazione ‘Il nostro tempo e la speranza’. Non si può escludere che “l’autorevolezza del chierico – si legge – abbia continuato ad influenzare il consiglio d’amministrazione”.
Dove “per speciali meriti in ragione del contributo dato alla vita della Fondazione” c’era pure l’ex sindaco di San Luca Bruno Bartolo che, l’anno scorso, si è dimesso poche settimane prima che il Comune fosse commissariato per infiltrazioni mafiose. Un commissariamento che, adesso, rischia di portare all’ennesimo scioglimento.