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Delitto di Garlasco, Alberto Stasi: “Ci sarà un motivo se il Dna di Sempio è stato trovato sulle unghie di Chiara”

Il 42enne, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio, ai cronisti ha detto: "È un aspetto che dovrà essere approfondito"
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“Ci sarà un motivo se il Dna di Sempio è stato trovato sulle unghie di Chiara, è un aspetto che dovrà essere approfondito”. Sono queste le parole di Alberto Stasi intercettato oggi, mentre usciva dal carcere per recarsi al lavoro, dalle telecamere di Mattino Cinque News. Il 42enne, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi, è stato ammesso al lavoro esterno ormai da due anni, avendo già scontato oltre la metà della condanna. Le nuove indagini che vedono Andrea Sempio, indagato in concorso con lui o con altri, sono condotte dalla procura di Pavia e sono state già caratterizzate da uno scontro tra periti e consulenti. Intanto Sempio, amico di Marco Poggi fratello della vittima, nega anche contatti fisici con la vittima.

Sempio: “Io non c’entro assolutamente nulla” – “Non c’è mai stata né una relazione con Chiara, non c’è mai stato nessun contatto personale non solo fisico, ma non c’è mai stata una chiamata sul cellulare, un contatto, un’uscita con amici. Con Chiara Poggi non c’è e non ci può essere – ha detto in un’intervista a ‘Quarto Grado – Io non c’entro assolutamente nulla con il fatto. In questa vicenda non ho nessun peso sulla coscienza, non ho nulla da tenere nascosto, non ho segreti. Sono contento che le autorità vadano a indagare, a scavare il più possibile. Non c’è nulla, guardino tutto, va benissimo. Facciano tutto quello che devono fare, così da chiarire una volta per tutte la mia posizione. Frequentavo la casa, quindi – ha spiegato Sempio – dovessero trovare delle mie tracce, Dna, impronte… frequentavo la casa, cioè ero lì nei giorni precedenti, andavo lì con Marco. Quindi se ci fossero mie tracce, non sarei stupito. Quello che mi dà da pensare è che, adesso, dicano Dna probabilmente da contatto. Però, dico: se fosse Dna da contatto, allora non dovrebbe esserci una parte minima e infinitesimale. Mi aspetterei una quantità sostanziosa, ben evidente. In questa vicenda, non ho pesi sulla coscienza – ha aggiunto Sempio – Sono innocente, non ho fatto nulla, non c’entro nulla. Sono arrabbiato e spaventato, sia per me stesso sia per gli altri. Sono spaventato, ma non dal punto di vista legale, ma dal punto di vista di tutto ciò che la situazione comporta: da mia madre che continua a piangere, al doversi nascondere”. Con Marco, “ci sentiamo. Tra me e lui non c’è mai stato un attimo di sfiducia, di dubbio”.

Le indagini – Le indagini proseguono. Ci sono oggetti che vennero trovati in casa quella mattina del 13 agosto 2007 o nella pattumiera, come un barattolo di tè freddo vuoto, un vasetto di yogurt e una confezione di cereali da colazione, nella lista stilata dalla Procura di Pavia, che ha chiesto un maxi incidente probatorio con analisi genetiche a tappeto anche su campioni biologici e reperti mai esaminati o che diedero esiti incerti. Si va a caccia, dunque, del Dna dell’amico di sempre del fratello della studentessa, dopo che l’aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano, nella nuova inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, hanno avuto dal consulente Carlo Previderè un match tra il profilo biologico del 37enne e i risultati sul materiale che fu trovato su unghie e dita della 26enne, stimolati da una consulenza depositata dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio de Rensis, legali di Stasi.

Per questo hanno chiesto alla gip Daniela Garlaschelli di nominare un perito terzo per una serie di analisi, oltre a quella comparazione del Dna prelevato a Sempio coi “margini ungueali”, su tutto ciò che hanno trovato all’Unità di medicina legale dell’Università di Pavia, come quella confezione di tè, il vasetto di yogurt e la scatola di cereali. Poi, come già emerso, sui tamponi effettuati su Chiara, probabilmente su tracciati del materiale sul tappetino del bagno e su altri prelievi eseguiti all’epoca. Inoltre, si cercano tracce genetiche su tutti i “para-adesivi delle impronte rinvenute sulla scena del crimine e sugli oggetti“. Tra questi, le fascette delle impronte sul dispenser del sapone, sulla porta dell’abitazione e della cantina. Tra l’altro, negli atti i pm segnalano che alcune comparazioni andrebbero effettuate, oltre che col Dna di Sempio, coi profili genetici dei soggetti maschili della famiglia Poggi e con frequentatori maschi della casa.

La parti – “Parteciperemo all’incidente probatorio davanti ad un giudice terzo. Peccato che questi accertamenti non siano stati svolti allora nel 2011, quando li chiedevamo noi. La difesa Stasi si oppose davanti alla Corte d’Assise d’Appello” ha dichiarato nei giorni scorsi l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale dei genitori di Chiara. “Assenza di evidenze significative ai fini delle indagini”, scrissero i giudici di secondo grado nel 2011, respingendo la richiesta della parte civile di esaminare una serie di reperti, tra cui “pantaloncini” e “maglietta” di Chiara, braccialetti, “un orologio”, il martello sequestrato a casa di Alberto, “stracci variopinti” e altri ancora.

La Corte fece presente che gran parte degli accertamenti erano già stati fatti con consulenze dei pm nel 2007. Ora la Procura di Pavia ha acquisito tutti gli elaborati, le perizie di indagini e processi, compresa la consulenza di Pasquale Linarello, esperto che fu nominato dai legali di Alberto Stasi che fecero prelevare il Dna di Sempio da investigatori privati. Intanto, i legali del 37enne, gli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia, hanno depositato opposizione alla richiesta dei pm: è “generica” e non si indica nello specifico perché gli esami siano irripetibili e da fare in questa modalità. In subordine, per la difesa le analisi semmai vanno allargate a comparazioni con altri Dna. I legali di parte civile, al contempo, si chiedono perché quei reperti della medicina legale di Pavia, come pare, siano saltati fuori ora e non siano mai stati sottoposti ad esami. Il gip deciderà nei prossimi giorni e il via libera tecnico sembra scontato, anche perché i pm scrivono che gli accertamenti “verosimilmente porterebbero alla distruzione” delle cose da analizzare. Da qui la necessità della “cristallizzazione” della prova da parte di un perito, alla presenza dei consulenti delle parti.

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