Sono un professore universitario di Storia contemporanea dell’Università di Bologna, divenuto quasi casualmente, vincendo primarie “impossibili”, candidato del Pd e poi sindaco di Forlì. Era il 2009. Da allora la mia vita è completamente cambiata, e non direi in meglio: la vischiosità dell’amministrazione – locale, regionale e nazionale -, la crisi economica, il declino delle istituzioni hanno segnato e continuano a segnare il mio quotidiano. Sono attratto dalla politica come riforma sociale e dall’idea che l’impegno pubblico debba essere a tempo: mi sono dato non più di dieci anni di “servizio alla comunità”. Poi tornerò a fare il mio mestiere. Quasi tutti i miei interlocutori, però, non la pensano così. Per loro, la carica elettiva è un pezzo importante di una carriera. Ragion per cui, le decisioni sono funzionali a un qualcosa che raramente coincide con il bene collettivo. In questi anni ho capito molto bene la geografia del potere della mia Regione, l’Emilia-Romagna: l’articolazione degli interessi economici, la commistione con la politica, la scarsa significatività – sotto questo profilo – dell’asse destra-sinistra. Ho anche capito che la stragrande maggioranza delle persone ha pulsioni e desideri che vanno in tutt’altra direzione: le tematiche ambientali sono più trasversali di un tempo; la faglia fra tutelati e precari, spesso sovrapposta a quella generazionale, è dirompente; l’idea di uno sviluppo equilibrato, non legato al consumo selvaggio di risorse primarie, assai diffusa. Poi però bisogna far combaciare questi splendidi concetti generali con le politiche incidenti sulla vita collettiva. E allora cominciano i dolori: perché i privilegiati reagiscono, la burocrazia scatta sulla difensiva, ecc. Ecco, io mi occuperò di questo tipo di problemi: come tradurre idee buone in prassi plausibili. E lo farò analizzando casi concreti, vittorie e sconfitte quotidiane, progetti frustrati e successi imprevedibili o imprevisti. Cercherò di farlo tentando analisi razionali dei contesti. E rischiando, per questo, di apparire terribilmente “impolitico”.
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