Federico Marcon
Curioso e instancabile argonauta
Ormai over 50, sono nato per sbaglio a Milano (città che mai ho amato e sentito mia) da un miscuglio parentale veneto-abruzzese, ma nelle mie vene scorrono sangue, grinta e passione romagnola della mia vera domus aurea, Cesenatico.
Sull’onda genitoriale ho studiato giurisprudenza, salvo poi rendermi conto che abbruttire le mie giornate facendo la coda davanti allo sportello degli ufficiali giudiziari sarebbe stato un volgare affronto alle mie aspirazioni.
Ed ho così deciso di cambiare vita e rotta: ho girato il mondo lavorando per le Nazioni Unite e la Commissione Europea in Guyana, Gabon, Timor Est e Brasile, operando in prima linea sui dossier dell’infanzia maltrattata, la promozione dell’occupazione giovanile, i diritti delle persone disabili e trattando le inevitabili scartoffie burocratiche del sistema ONU con lo stesso entusiasmo del commissario Montalbano.
Rientrato in Italia per qualche anno, ho diretto una Organizzazione Non Governativa (ONG) specializzata sul tema della disabilità, coltivando il sogno di non sentire mai più parlare di handicap, ma di abilità eterogenee, primo passo verso l’annullamento di ogni discriminazione.
Dieci anni fa con mia moglie abbiamo deciso di rimetterci in gioco, vogliosi di un nuovo approdo. Abbiamo controllato la classifica delle città più vivibili al mondo (The Economist) e comprato un biglietto solo andata per Melbourne, che ai tempi collezionava titoli allo stesso ritmo della Juventus nel campionato italiano.
Ed eccoci qui, con i nostri due figli Vanessa ed Edoardo che vivono in ciabatte vicino alla spiaggia e barattano cartella scolastica con tavola da surf quando tornano da scuola, respirando aria a pieni polmoni e godendo di una libertà ed indipendenza impensabili nelle nostre città europee (purtroppo) blindate.
Lavoro come Deputy Director Development a Monash University, la più grande Università australiana con oltre 87,000 studenti e campuses in Cina, India, Indonesia, Italia (Prato) e Malesia. Mi occupo di organizzare partenariati internazionali per lavorare sui grandi temi che costituiscono i pilastri della nostra strategia “Impact 2030”: climate change, thriving communities e geopolitical security. Spero che questo blog aiuti i lettori a guardare al futuro come un’opportunità e non una minaccia, ed allo stesso tempo raccontare il terzo settore internazionale senza quel provincialismo residual-vendicativo che ho sovente incontrato in Italia, ma come vero elemento fondante di una società equa e libera, in cui e per cui vale la pena vivere.