Si è parlato tanto di maternità negli ultimi giorni, dopo le parole incredibili della stilista Elisabetta Franchi sul lavoro da dare alle donne che hanno passato il “giro di boa”. Noi che il giro di boa lo abbiamo passato da qualche anno, ma che prima di allora avevamo avuto la fortuna di incontrare datori di lavoro diversi da lei, abbiamo pensato di dedicare molti articoli di questo numero proprio alla maternità. Non nel senso in cui la intende Franchi, però, né nel senso in cui la intendono Pillon e i Pro Vita. Perché non esiste una sola e univoca definizione di maternità: può essere il paradiso, certo, ma anche l’inferno. Come ci ricorda la scrittrice Romana Petri, che esce domani con un libro dedicato proprio alla “Mostruosa maternità”, in cui mette in fila le storie delle donne che hanno preferito il dolore alla gioia. Le abbiamo chiesto di spiegarci qual è la strada che conduce al pozzo nero, quello che la maggior parte delle donne lambisce dopo il parto.
E quante di noi si sono sentite, o si sentono, inadeguate. La società ci cuce addosso un modello irraggiungibile: quello della madre perfetta, che sorridendo prepara il ciambellone per gli amichetti dei figli dopo dieci ore di lavoro appresso a una carriera brillante. Rappresentazioni pubblicitarie che non esistono, lo sappiamo, ma che ci procurano i peggiori sensi di colpa. Ci sentiamo quasi tutte, almeno una volta nella vita, una “Mammadimerda”, per dirla con un famoso blog ironico curato da Francesca Fiore e Sarah Malnerich e oggi divenuto un libro. Elisabetta Ambrosi, che lo ha letto per noi, ci racconta come l’unica soluzione per sopravvivere è “accogliere la nostra inadeguatezza e inalberarla come un vessillo”.
Gli uomini, del resto, non si sentono quasi mai inadeguati nel loro ruolo di padri (o difficilmente lo danno a vedere). Eppure anche da loro può cambiare l’approccio a quel giro di boa di cui parlava Franchi. Maddalena Ronchi, ricercatrice della Bocconi, ha condotto uno studio sui ruoli apicali e decisionali nelle aziende e parla di “Effetto figlia”: “I papà di bimbe femmine sono più consapevoli dei divari esistenti e più sensibili alle barriere che le donne devono affrontare. Questo incide anche sulla parità salariale”. Federica Crovella l’ha intervistata per noi.
Restiamo in qualche modo in tema di bambini anche con Angelo Molica Franco, che ci parla oggi di una mostra e di un volume dedicati alla fotografa Viviane Maier, che nella Chicago degli anni Cinquanta e Sessanta faceva la tata pur di potersi mantenere libera (anche dal mondo editoriale americano). E pure con Giuseppe Cesaro, che attraverso una particolare biografia, ci fa scoprire la vita di Maria Sybilla Merian, la scienziata che – dopo una gravidanza finita malissimo – decide di lasciare il marito per dedicarsi anima e corpo alla sua passione per gli insetti.
Torna, poi, il nostro appuntamento con l’ironia pungente (usando un eufemismo) della nostra Amalia Caratozzolo, che nella sua catalogazione degli uomini questa volta è alle prese con il “tromba-amico” per eccellenza, Giove, re degli dei diventato famoso per le sue scappatelle.
Chiudiamo, invece, con una pubblicazione importante: il collettivo di fumettiste Moleste ha dato alle stampe “Fai rumore”, nove storie contro la violenza e il sessismo. Ce ne parla Maria Cristina Fraddosio.
Buona lettura
A cura di Silvia D’Onghia
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