“Né sane, né salve”, anzi gravemente in pericolo; eppure “ancora vive e coraggiose”: e quanto coraggio ci vuole a sfidare la sharia in un Afghanistan riconsegnato ai talebani dopo 20 anni di esportazione di democrazia occidentale. Un Paese in cui alle donne viene ora impedito persino di andare al parco da sole, ma in cui alcune insegnanti stanno rischiando la vita pur di fare il proprio mestiere. Come ci racconta Michela Iaccarino, è così che sono nate a Kabul le scuole clandestine destinate alle ragazze, che la legge islamica vorrebbe relegate alla schiavitù dell’ignoranza. Una piccola rivoluzione silenziosa.
Le donne afghane, come le iraniane, non conoscono più il valore della parola libertà. Noi italiane sì, anche se spesso ce ne dimentichiamo e, anzi che farne tesoro, tendiamo a reiterare comportamenti patriarcali che ci vogliono subordinate e servizievoli nei confronti del modello maschile. È il caso, spiega la filosofa Chiara Bottici a Elisabetta Ambrosi, di Chiara Ferragni e Giorgia Meloni. Distanti, certo, eppure accomunate dal sentirsi api regine che perpetuano lo status quo. Bottici esprime il concetto di “anarca-femminismo” per ribadire come, per salvarci da tutte le forme di oppressione, sia necessaria l’intersezionalità.
Con Federica Crovella parliamo, invece, di insicurezza. O meglio, della sensazione che le donne hanno quando camminano per strada. Dopo aver a lungo cercato, Crovella ha scoperto che in Italia non esistono dati ufficiali aggiornati sulla percezione della sicurezza. Sono, così, le associazioni presenti sui territori a sopperire a questa carenza. Eppure, afferma la studiosa Donata Columbro, gli stessi sindaci potrebbero trarre vantaggio da studi di questo genere, per esempio sulle periferie. E quando parliamo di senso di insicurezza, ricorda Columbro, dobbiamo analizzarlo dal punto di vista di ogni minoranza.
Per la pagina culturale, celebriamo i 30 anni del Teatro delle Donne di Firenze, e lo facciamo pubblicando la prefazione di Dacia Maraini al volume che ne ricorda le imprese. Giuseppe Cesaro, infine, ci porta nella tenera e spietata Napoli, dove cresce e (soprav)vive Carmine, detto Uvaspina. Un esordio letterario degno di attenzione.
Buona lettura.
A cura di Silvia D’Onghia
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