Quanti di noi si trovano a dover accudire un fratello o un figlio disabile? O quanti di noi hanno un’amica che è stata costretta a lasciare il lavoro per prendersi cura dell’anziana madre durante i suoi ultimi anni? Li chiamiamo caregiver, e si tratta di una categoria ben definita per legge (non basta essere genitore per essere caregiver, per esempio). Non a caso abbiamo usato il femminile di amico: secondo un’indagine condotta da Alessandra Corradi e Giovanni Barin, nell’80% dei casi sono proprio le donne a sacrificare la carriera, e quindi lo stipendio, per diventare caregiver. In un saggio che Elisabetta Ambrosi ha letto per noi, si evidenzia con grande forza quanto quello che all’estero è considerato a tutti gli effetti un lavoro, in Italia rimane volontariato e, anzi, si ammanta dei soliti cliché del “fare del bene” e pure del genere femminile più predisposto, per natura, alla cura degli altri.
E, a proposito di cura, leggendo il contributo che la scrittrice Simona Moraci ci ha donato questa settimana, quella parola torna in mente. Sì, perché Moraci è anche una insegnante di Lettere nei quartieri degradati di due città del Sud. Ed è da lì che racconta la sua esperienza con i ragazzi affamati, di biscotti e di riscatto. Tra lanci di bottigliette (piene) e fiducia ritrovata, il quadro che ne emerge è quello di una scuola affidata quasi esclusivamente alla passione dei singoli docenti.
Amore per gli altri, passione per l’insegnamento, dedizione. Sono sentimenti nobili. Che portano a Dio, aggiungerebbe Dante. Anzi, il Dante di Shakespeare. No, non avete letto male. Rita Monaldi e Francesco Sorti hanno ideato una trilogia (sono al secondo volume, appena uscito in libreria) nella quale immaginano il ritrovamento di un dramma del Bardo sulla vita del Sommo. Un intreccio affascinante di memoria e poesia. Abbiamo chiesto loro di raccontarci, dunque, cos’è l’amore secondo l’italiano (visto dall’inglese).
Rimanendo in tema letterario, ma non troppo, Giuseppe Cesaro si occupa questa settimana di un romanzo-specchio della condizione femminile, laddove per di più insiste una disabilità. Rosa, Laura e Francesca sono tre generazioni di donne, tutte sorde. Ma non sempre, ci insegna lo scrittore Tommaso Avati, le persone sono come noi ce le aspettiamo. Infine l’ultimo romanzo della francese di origine romena Lola Lafon, letto per noi da Angelo Molica Franco: anche in questo caso, il corpo è al centro di scelte che mettono i buoni nei panni dei cattivi.
Buona lettura.
A cura di Silvia D’Onghia
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